Maxime Hauchard (a destra), il ragazzo francese riconosciuto nell'ultimo video dell'Isis.
A Champigny sur Marne c'é un castello dove ha vissuto per un pò la leggendaria attrice Sarah Bernhardt, ci sono scorci immortalati per sempre nei quadri impressionisti di Pissarro e di Monet, c'é addirittura, nel museo locale, il tavolo da caffè dove cadde esanime il corpo di Jean Jaurès, assassinato in quanto "scomodo". Il politico che amava la gente e avrebbe evitato volentieri il bagno di sangue della Prima guerra mondiale era effettivamente "scomodo" a molti. probabilmente sarebbe scomodo anche oggi, per chi non trovando una guerra da combattere in casa, la va a cercare altrove.
Champigny sur Marne é uno di quei posti senza grande fama che però racchiudono frammenti importanti della storia e della cultura di un Paese, un po' come quelle anonime scatole di latta che i vecchi tengono sotto il letto, mettendoci dentro i ricordi di una vita. Da questa scatola di latta é recentemente uscito Michael Dos Santos, 22 anni, per andare in Siria a combattere per la jihad. Sarebbe uno dei due giovani francesi identificati nel video con gli assassini di Peter Kassig e dei diciotto soldati siriani decapitati davanti alle telecamere.
"Quello non é mio figlio, non lo riconosco" avrebbe detto la madre Ana, domestica di origini portoghesi. Gli inquirenti si trovano dunque a compiere un passo indietro, ma Dos Santos in Siria c'é davvero ed é da più di un anno che il giovane é sotto l'occhio attento dell'antiterrorismo per i suoi andirivieni dal Medio Oriente. A sentire l'ex fidanzata, la radicalizzazione sarebbe avvenuta in modo brusco e repentino. Michael voleva diventare decoratore, amava il calcio e postava su Youtube video dove si esibiva nella Tektonic, una danza simile alla break dance diventata vero fenomeno di moda qualche anno fa. Poi l'incontro e la frequentazione di giovani estremisti, seguiti poi dall'adesione all'Islam radicale.
Ma Michael non é solo. Secondo il Ministro dell'Interno Cazeneuve, su 376 francesi identificati in Siria nelle file dell'Isis, i giovani provenienti da famiglie non musulmane sarebbero il 23%. Un percorso simile é stato seguito da Maxime Hauchard, nato il 17 marzo 1992 in un paesino della Normandia. E'stato lui il primo francese ad essere identificato nel video dell'ultima decapitazione. Nel luglio scorso, Maxime, che ora si fa chiamare Abdullah Al Faransi ( il francese), é apparso alla televisione francese BFM TV in un collegamento Skype da Raqqa, roccaforte dell'Isis in Siria. Qui il ragazzo spiegava il percorso e la formazione degli stranieri intenzionati a far parte dell'Esercito Islamico.
Come per Dos Santos, la conversione e la radicalizzazione sono arrivate in maniera repentina, i genitori furono allertati nel 2011 dalle autorità scolastiche: Maxime non partecipava più ai corsi ma si chiudeva con altri ragazzi convertiti in aule vuote per pregare. E ora questo video dove il liceale normanno ha gli occhi vuoti, inespressivi, mentre affonda il coltello nella gola di un uomo inerme.
Si parla di un rito simile a quello di certe organizzazioni mafiose: gli stranieri devono provare le loro convinzioni più degli altri, sono così' invitati a questo "rito del sangue", e devono compiere la barbarie a volto scoperto, per mostrare al mondo che non c'é più nessuna intenzione di tornare indietro. Ma come é possibile che giovani nati e cresciuti in Francia, in contesti famigliari sereni, avviati, come nel caso di Hauchard, verso un percorso di studi brillante, possano finire inghiottiti nella spirale estremista di un mondo cosí estraneo al loro vissuto e alla loro quotidianità?
"La radicalizzazione di primo grado fa sí che in casa si cominci a buttare via vini e liquori, al secondo grado a finire nella pattumiera saranno i flaconi di Lancome e Chanel. A voi pare ridicolo, ma non lo é. Nei profumi c'é l'alcol, e sulla strada del fanatismo, anche questo va diabolizzato". A parlare é Dounia Bouzar, figura di punta nella lotta all'estremismo religioso. . Quando parla di fanatismo, lo suddivide per gradi di gravità, come si fa con le ustioni. Di origini maghrebine, francesi e italiane, Dounia riassume attorno a sé due aggettivi che per una minoranza paiono antitetici e inconciliabili: Dounia é musulmana, ed é una donna libera.
Già nominata presidente dell'Osservatorio per la Laicità dall'ex Primo Ministro francese Marc Ayrault, il discreto e laborioso braccio destro di Hollande messo da parte per il più carismatico Valls, Dounia é regolarmente chiamata da decine di famiglie musulmane affinché la donna li aiuti a "deprogrammare" i figli diventati fanatici religiosi e filo-jihadisti. Proprio cosí: "deprogrammare" ciò che le famiglie stesse definiscono un lavaggio del cervello subito dai figli per opera di imam integralisti, siti radicali e social network, gli stessi che hanno trasformato Hauchard e Dos Santos in assassini.
Dounia insorge sull'incapacità delle autorità di decriptare i segnali di radicalizzazione che possono portare ad esiti disperati. In questo momento segue la vicenda straziante di una mamma musulmana poco più che trentenne, la cui bambina di tre anni é stata rapita dal padre, partito a combattere in Siria. La bimba ora é là, in quell'inferno, e nessuno sa niente.
Il fenomeno della radicalizzazione in Francia, soprattutto nelle grandi città, ê sotto l'occhio di tutti. E sono i giovani a farsi portavoce di questa tendenza. Le vecchie generazioni, quelle che hanno fatto di tutto per integrarsi nel tessuto sociale francese, sono disorientate: Ben H., tunisino di 59 anni, a Parigi da trenta, deplora questo cambiamento: "Sono tornato quest'estate nel mio Paese e non sono stato più in grado di riconoscerlo: dappertutto ragazze velate fino ai piedi. Nessuna donna nella mia famiglia ha mai portato il velo".
Nafissa, 48 anni, era presente alla riunione voluta qualche tempo fa dagli imam parigini davanti alla Grande Moschea del quinto arrondisement per dissociarsi dalle barbarie commesse dai combattenti dell'Isis. "Noi non abbiamo educato i nostri figli cosí!" esclama, amareggiata e preoccupata per la ventata di islamofobia nell'aria. E poi ci sono quelli che non si pronunciano. All'uscita del metro Couronnes, a due passi dalla cosmopolita Belleville, il primo tratto di rue Jean Pierre Timbaud é costellato di negozi che vendono burqa e niqab. Prima non c'erano, al loro posto troneggiavano montagne di spezie orientali con cui le casalinghe parigine imparavano a preparare il cous cous. E ora i niqab.
I servizi segreti americani hanno inserito alcuni individui provenienti dalla Francia fra i combattenti più ricercati. Oltre a Hauchard e Dos Santos, in testa alla lista c'é un trentenne di Cachan: Salim Benghalem. Si sarebbe reso responsabile di esecuzioni e torture, avrebbe lapidato e tagliato mani facendo prova di particolare sadismo. Cachan, il paese dove viveva il giovane é a due passi da Eurodisney. Si fa una gran fatica a capire come un giovane cresciuto a due passi da Eurodisney possa diventare un tagliatore di teste in Medio Oriente.
Cosí come si fa una gran fatica a capire come mai famiglie intere, bambini compresi, partano per la Siria direzione i campi jihadisti. Anne Giudicelli, fondatrice di Terrorisc, un sito di monitoraggio sulle attività terroristiche e sulle loro implicazioni geopolitiche (www.terrorisc.com) prova a decriptare le motivazioni. "L'esclusione sociale é uno dei motori principali che spingono i giovani verso la jihad. Questi individui si trovano ai margini del processo di mondializzazione, ne vivono solo gli effetti negativi. Studio da anni i movimenti di ribellione delle periferie francesi, le dinamiche che le innescano sono le stesse, ma nessuna compagine politica é stata in grado di portare soluzioni efficaci. Le famiglie che partono vedono nell'Isis un mondo che li accetti, che dia loro un ruolo, un'opportunità".
Già, gli individui e i nuclei famigliari che si imbarcano verso Iraq e Siria vedono nel Califfato una sorta di terra promessa, un luogo dove "sentirsi a casa", per quanto possa sembrare assurdo agli occhi di un occidentale. Molti di loro sono già tornati, disgustati e terrorizzati dalla violenza, ma altri progettano la partenza, preparano i bagagli per i propri bambini incuranti del fatto che la loro "promiseland" sia intrisa di sangue. Spesso il sogno finirà già alla frontiera. A Champigny sur Marne, Michael Dos Santos aveva frequentato la scuola elementare "Anatole France". Anatole France fu l'autore de "La rivolta degli angeli". Profetico.