La Francia continua a bruciare. Proteste, disordini, auto incendiate. Il ministro dell’Interno Darmanin cerca di spargere ottimismo ma quella tra sabato e domenica è stata la quinta notte consecutiva di rivolta.
Finora ci sono stati in totale 1.300 arresti, solo nella notte tra sabato e domenica 719 fermi in varie città di cui 194 a Parigi e nei suoi sobborghi, secondo il bilancio del ministero dell’Interno.
L’elemento più significativo e inquietante è che un terzo dei fermati non ha nemmeno compiuto 18 anni.
Se guardiamo invece al bilancio di questi giorni i numeri sono ancora più allarmanti: 1.350 automobili bruciate, 266 edifici bruciati o danneggiati, inclusi 26 municipi e 24 istituti scolastici, 2.560 falò appiccati sulla pubblica via.
Sono stati presi di mira 31 commissariati, 16 sedi di polizia municipale e 11 gendarmerie. Feriti negli scontri 79 fra poliziotti e gendarmi.
La rivolta francese ha contagiato anche la Svizzera: nella serata sono stati segnalati incidenti nel centro di Losanna, come riporta il media online «20 minutes». Violenze urbane e saccheggi si sono verificati nel quartiere Flon. Sono stati danneggiati e saccheggiati un negozio della Fnac e un negozio di scarpe. Circa 200 persone hanno poi affrontato le forze di polizia giunte sul posto in assetto anti sommossa.
Il presidente Emmanuel Macron – che nei gioni scorsi aveva fatto appello ai genitori a tenere i figli a casa e non farli uscire – ha deciso di rinviare la sua visita di Stato in Germania prevista per domenica mentre il Paese, di fatto, è in uno stato d’emergenza non dichiarato: sono stati cancellati i concerti e gli eventi che avrebbero previsto una larga partecipazione di pubblico. Molti sindaci hanno deciso il coprifuoco fra le dieci di sera e le sei del mattino e in vigore nel migliore dei casi soltanto fino a domattina, in altri «fino a nuovo ordine». Spesso il divieto di uscire di notte è riferito ai soli minorenni.
Nella regione dell’Île de France, della quale fa parte Parigi, bus e tram hanno interrotto il servizio alle nove di sera, mentre a Marsiglia il trasporto pubblico si è fermato alle 18.
La cellula interministeriale di crisi è in stato d’allerta permanente e la presidente del consiglio Elisabeth Borne, ha chiesto ai suoi ministri di non allontanarsi da Parigi.
Sabato pomeriggio si sono svolti i funerali di Nahel, il ragazzo di 17 anni ucciso martedì da un poliziotto dopo un controllo stradale nel sobborgo parigino di Nanterre e la cui morte ha scatenato le proteste di questi giorni. Nella folla fuori e dentro la moschea, cartelli e lo slogan di questi giorni, ribadito alla «marcia bianca» anche dalla madre della vittima: «Giustizia per Nahel». Dopo la preghiera nella moschea, la bara di Nahel è stata portata fuori e caricata su un carro funebre, che ha avuto difficoltà a procedere tra la folla. Il corteo si è diretto verso il cimitero del Mont-Valérien, fra grida di «Allah Akbar» e - ancora una volta - «Giustizia per Nahel». Il carro era scortato da ragazzi in motorino e da diverse migliaia di persone che seguiva a piedi.
I vescovi francesi, che hanno sottoscritto un appello alla pace insieme a tutti leader religiosi del Paese, hanno chiesto che in tutte le parrocchie si preghi per la fine delle violenze che hanno provocato morti, feriti e centinaia di arresti: «Ti preghiamo, Signore, per il ritorno alla calma e alla pace nel nostro Paese. Ti affidiamo Nahel e preghiamo per i suoi cari. Lo Spirito di luce e di pace li sostenga», recita la preghiera proposta alle comunità cattoliche. «Ti affidiamo i feriti di queste notti di violenza, e coloro i cui luoghi di vita o di lavoro sono stati distrutti o danneggiati. Ti preghiamo, Signore, per coloro che sono impegnati nelle forze dell’ordine e nei servizi statali, sottoposti a forti pressioni e talvolta attaccati. Ispiraci, affinché con i credenti di altre denominazioni cristiane e di altre religioni come pure tutti i nostri concittadini, sappiamo essere artefici di dialogo e di pace. Ti supplichiamo ancora: che anche al di là delle attuali esplosioni, la nostra società sappia individuare con lucidità le cause della violenza e trovare i mezzi per superarla».
Anche i leader religiosi hanno lanciato un appello comune firmato dai religiosi e dai vescovi cattolici di Francia, dal rettore della Grande Moschea di Parigi, dal rabbino capo di Francia Haïm Korsia, dal presidente del Cfcm Mohammed Moussaoui, dal presidente dell’Assemblea dei vescovi ortodossi di Francia, dal pastore Christian Krieger, presidente della Federazione protestante di Francia e dal presidente dell’Unione buddista di Francia.
«Impegnati da tempo nella concordia e nella fraternità, in questi tempi difficili per i quartieri delle nostre città e per il nostro Paese lanciamo insieme un appello al dialogo e alla pace», scrivono. Esprimono, anzitutto, vicinanza nel dolore alla famiglia di Nahel e assicurano le loro preghiere «specialmente per sua madre. Sentiamo la sofferenza e la rabbia che viene espressa. Affermiamo anche con una sola voce che la violenza non è mai una buona strada», scrivono i religiosi.
«Deploriamo profondamente la distruzione di scuole, negozi, municipi, mezzi di trasporto», proseguono, «i primi a subirne le conseguenze sono proprio gli abitanti, le famiglie e i bambini di questi quartieri. In questi tempi difficili, chiediamo la salvaguardia e il consolidamento del necessario legame di fiducia tra la popolazione e le forze dell’ordine che tanto hanno dato durante le prove che il nostro Paese ha attraversato. Incoraggiamo i nostri governanti e gli eletti della Nazione a lavorare insieme, con responsabilità, per realizzare la giustizia e la pace. Possano tutti i credenti oggi più che mai essere servitori della pace e del bene comune. Siamo tutti insieme disponibili a contribuire ad esso».