L’anno scorso di questi tempi Franco Manzitti, una vita nei giornali genovesi, passava quasi ogni giorno sul ponte Morandi. Non di notte, però: «Era chiuso fino alle 6 del mattino. Sotto, c’erano degli operai che lavoravano senza sosta. Io li osservavo preoccupato...». Perché sapeva bene, dato che se ne occupava per lavoro da trent’anni, che quel ponte, orgoglio di ogni genovese, era a rischio. Anche se non immaginava che alle 11.36 del 14 agosto si sarebbe sbriciolato, inghiottendo le vite di 43 persone. Ora il giornalista ha pubblicato Cronaca di un crollo annunciato (Piemme), un resoconto puntuale e impietoso tanto sul prima della tragedia, quanto sul dopo.
Crollo annunciato perché tutti sapevano, almeno dal 1989: «Ricordo che un assessore, di ritorno da Roma dove si era discusso della Bretella, la tangenziale che avrebbe dovuto decongestionare il traffico del ponte, mi confidò quello che gli avevano detto i tecnici dell’Anas: il Morandi era ad alto rischio di venire giù». Proprio in quell’anno, Riccardo Morandi, l’architetto che lo costruì tra il 1964 e il 1967, morì senza che i suoi incessanti appelli ai propri collaboratori per controllare lo stato di salute degli stralli, le strutture portanti, fossero ascoltati. «Per la Bretella furono stanziati 600 miliardi di lire, subito disponibili. Ma l’amministrazione comunale di allora preferì non procedere perché ritenne che l’impatto ambientale dell’opera sarebbe stato troppo forte. Da allora, tutte le amministrazioni hanno agito nello stesso modo: hanno aperto cantieri su cantieri per rattoppare il ponte, ma nessuna si è presa la responsabilità di prendere due decisioni risolutive, anche se impopolari: chiudere il Morandi per il tempo necessario a metterlo davvero in sicurezza e, al tempo stesso, costruire una strada alternativa, prima si chiamava Bretella oggi si chiama Gronda, per farlo respirare dal traffico che cresceva sempre più».
Quel traffico per cui Manzitti è convinto che lo sguardo della Madonna di Guardia, protettrice di Genova, si sia posato sulla sua città anche nel giorno della catastrofe: «A quell’ora di solito il ponte era un lungo serpentone di auto in fila. Quel 14 agosto, invece, ci fu un fortissimo nubifragio che rallentò molto il flusso di auto. In condizioni normali, e se a crollare fosse stato l’altro pezzo sotto il quale c’erano otto condomini, le vittime sarebbero state non 43, ma migliaia».
La lezione però non sembra essere servita. «I politici continuano a litigare, con il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli che ribadisce il suo no alla Gronda. Così, quando i lavori saranno terminati, torneremo al punto di prima: avremo un nuovo ponte, bello, solido, ma che non risolverà il problema del traffico che, secondo tutti gli studi, continuerà a crescere. L’unico punto di riferimento contro la rassegnazione che alberga in tanti genovesi è il nostro sindaco, Marco Bucci».