Già abbiamo accennato in un articolo precedente alla proposta di riforma costituzionale sui temi dell’ambiente: all’articolo 9 viene aggiunto: «Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni». E subito dopo: «La legge dello Stato disciplina i modi e le forme della tutela degli animali». Se in precedenza abbiamo esaminato l’importanza della prima frase, vorremmo dedicarci in quest’occasione alla seconda.
Parlare in Costituzione di animali, infatti, significherebbe superare una tradizione di pensiero che ha la sua più nitida formulazione nel filosofo francese René Descartes (Cartesio, 1596-1650), ma che ha trovato eco in molte figure della modernità. In essa gli animali – non essendo umani – sono automaticamente visti come cose, come oggetti, come realtà liberamente utilizzabili. Si mette quindi tra parentesi il loro essere viventi, capaci di provare sensazioni, piacere e dolore, e meritevoli quindi di tutela morale e giuridica. La pratica di certi allevamenti intensivi che costringono bovini e ovini a condizioni di vita del tutto innaturali è l’espressione più sconvolgente di tale visione del mondo.
Eppure la riflessione scientifica degli ultimi secoli – specie quella sviluppatasi dopo Charles Darwin (1809-1882), in prospettiva evoluzionista – ha però messo in luce quanto profondo sia il nostro inserimento nel mondo della vita, quanto forte la nostra prossimità ad alcune specie viventi, quanto ampi i legami che intratteniamo con esse. Ritroviamo così quella percezione degli animali come “compagni della creazione” che tanti santi medievali avevano vissuto e testimoniato. Basti ricordare in tal senso Francesco d’Assisi, con la predicazione agli uccelli e con l’attenzione dedicata ai vermi sulla strada, perché non fossero schiacciati.
In tale direzione guarda anche l’enciclica Laudato si’, che esprime dolore per il rischio di estinzione di specie animali «che non potremo più conoscere, che i nostri figli non potranno vedere, perse per sempre» (n. 33); che richiama ai limiti circa la sperimentazione su animali (n. 130). Di più, essa sottolinea come «l’indifferenza o la crudeltà verso le altre creature di questo mondo finiscono sempre per trasferirsi in qualche modo al trattamento che riserviamo agli altri esseri umani. Il cuore è uno solo e la stessa miseria che porta a maltrattare un animale non tarda a manifestarsi nella relazione con le altre persone» (n. 92).
La proposta di modifica della Costituzione e l’enciclica guardano dunque nella stessa direzione, orientando al superamento di una visione tutta centrata sui bisogni umani a scapito del grande valore della vita animale. Entrambe, però, evitano anche di assolutizzare quest’ultimo: il rispetto per la vita va vissuto anche nel segno della differenza, senza dimenticare le forme di espressione singolari e uniche che essa trova negli umani – a partire da quella stessa libertà, che ci costituisce responsabili nei confronti del creato.