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giovedì 08 giugno 2023
 
teatro
 

Giocare con le parole per sfuggire alla crudeltà della vita

31/03/2023  Al Franco Parenti di Milano l’ultima opera del duo siciliano Scimone-Sframeli che, ammiccando a Beckett, porta in scena un dialogo surreale dove si accavallano la dimensione ludica a quella onirica in un mix straniante caratterizzato da un’ironia amara, e la tentazione di fuggire. Sì, ma dove?

Una scena dello spettacolo
Una scena dello spettacolo

Un graffio d’ironia surreale. Giochi di parole apparentemente senza senso che alludono alla precarietà della vita con la luna sbilenca che incombe su una scena quasi grottesca nella sua essenzialità: due letti a castello che si chiudono con una tapparella. Letti-finestre che, più che a giacigli, somigliano a delle prigioni dalle quali è impossibile, anche volendo, evadere e dai quali, al suono della sveglia, si destano Nic (Spiro Scimone) e Nac (Francesco Sframeli).

Fratellina, una crasi senza genere, in scena al Teatro Franco Parenti di Milano fino al 2 aprile, fortemente voluto da Andrée Ruth Shammah, è l’ultimo lavoro del duo beckettiano siculo che ha al suo attivo un decina di spettacoli (tra cui la riscrittura dei Sei personaggi in cerca d’autore) e il prossimo anno festeggia vent’anni di attività al servizio di una scrittura e una forma, anche linguistica, non convenzionali di fare teatro.

Ed è proprio la lingua, in questo spettacolo a prendere il sopravvento sulla trama che viene raccontata a intermittenza e con la ripetitività delle parole. Nic e Nac, due poveracci, hanno deciso di nascondersi al mondo fuggendo in un posto sperduto per poter dare un senso diverso alla propria vita. Accade però che anche qui incontrino qualcuno: Fratellino (Gianluca Cesale) e Sorellina (Giulia Weber).

Inizia un dialogo dove si accavallano la dimensione ludica e quella onirica in un mix straniante, con un’ironia amara. La postura dei personaggi è dolorosamente fissa, inchiodati ai letti, solo la postura ricurva gli consente di uscire da quella porzione di spazio e affacciarsi oltre. Siamo noi nelle nostre case, noi inchiodati agli schermi dello smartphone, noi nelle nostre comfort zone piccole e meschine, noi narcisi che ci rimiriamo compiaciuti nella nostra stessa immagine, noi a debita distanza dagli altri, coltivando e proteggendo «l’illusione», come dice Fratellino, «che posso stare sereno mentre, invece, nella realtà, se mi avvicino a qualcuno, io, non posso più stare sereno… nella realtà, per stare sereno, io, mi devo allontanare, mi devo sempre più allontanare».

Questi personaggi hanno scelto la vita come gioco per poterle sopravvivere e, magari, poterla anche trasformare come tentano Nic e Nac che vorrebbero trovare i colori naturali per ricolorare di nuovo tutte «le cose sbiadite». Nell’armadio, chiuso con un lucchetto, potrebbe esserci qualcuno, un essere umano che regalava i suoi vestiti ed è stato accusato di pensare troppo agli altri, cosa impensabile in una società individualista e spietata come questa.

L’inizio potrebbe essere la fine. Nac, appena alzato, si specchia ed esclama convinto: «Che schifo, faccio proprio schifo!», lo ripete con la stessa fermezza e fissità che ricorda quel «Finita!» di Clov all’inizio di Finale di partita di Samuel Beckett. Nac si guarda e si fa schifo. E allora Nic cerca di consolarlo, a suo modo, rassicurandolo con un rassegnato «Di mattina, Nac, facciamo sempre schifo, di mattina». Guardare la propria immagine e non accettarla, odiarsi fino a farsi del male come accade a tanti adolescenti schiacciati sotto il peso di pretese assurde, di ambizioni inculcate dagli adulti, di insulti ripugnanti e corrosivi che corrono veloci sui social. «Io», dice Sorellina, «gli insulti pesanti non li sopporto più… io, quando vengo insultata pesantemente, soffro tanto, soffro davvero tanto».

La cortesia della lingua, se praticata, possiede anche una funzione consolatoria e umana, quasi consolante: «Noi, adesso, come grazia, vorremmo avere un semplice tocco… vorremmo avere un tocco leggero, come una carezza». E dove fuggire per trovarla? In quale altro mondo? Nic, Nac, Fratellino e Sorellina ci provano entrando in un’altra, assurda, dimensione, quella dell’armadio dove si nascondono, per gioco, i bambini. L'unico luogo, forse, dove non si ha paura di stare insieme.

Fratellina

di Spiro Scimone

regia Francesco Sframeli

con Francesco Sframeli, Spiro Scimone, Gianluca Cesale, Giulia Weber

scene Lino Fiorito

costumi Sandra Cardini

disegno luci Gianni Staropoli

regista assistente Roberto Zorn Bonaventura

foto Gianni Fiorito

assistente alle luci Maria Virzì

direttore di scena Santo Pinizzotto

 
 
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