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venerdì 18 aprile 2025
 
IL PAPA AI PRETI
 

«Frizzanti o light: certe teologie assetano»

24/03/2016  Nell'omelia della Messa crismale del Giovedì Santo, Francesco chiede al Signore di aiutare i sacerdoti a «rompere quegli schemi ristretti nei quali tante volte incaselliamo la sovrabbondanza del suo cuore». Questo pomeriggio, alle 17,30, la Messa in Coena Domini con la lavanda dei piedi a 12 profughi.

Ha chiesto al Dio della misericordia di aiutare tutti, ma in particolar modo i sacerdoti, ad uscire dai recinti, dalle teologie complicate, dagli eccessi eccentrici e dalla pigrizia mondana  per portare a tutti il suo amore. Nella Messa crismale del Giovedì Santo, celebrata nella Basilica di San Pietro, ha voluto scuotere i suoi confratelli preti. E ha messo l’accento sull’incontro e il perdono, in quanto ambiti privilegiati in cui il Signore manifesta la sua misericordia. Quindi, ha messo in guardia da una spiritualità light e da una “mondanità virtuale” che impediscono di ascoltare la voce del Signore. Durante la celebrazione – nella quale i sacerdoti della diocesi di Roma hanno rinnovato le loro promesse – sono stati benedetti gli oli dei catecumeni e degli infermi e il Crisma.

«Come sacerdoti, noi ci identifichiamo con quel popolo scartato, che il Signore salva, e ci ricordiamo che ci sono moltitudini innumerevoli di persone povere, ignoranti, prigioniere, che si trovano in quella situazione perché altri li opprimono». Papa Francesco ha insistito, in particolare, sulla dignità della vocazione sacerdotale. «Ognuno di noi sa – ha proseguito Jorge Mario Bergoglio – in quale misura tante volte siamo ciechi, privi della bella luce della fede, non perché non abbiamo a portata di mano il Vangelo, ma per un eccesso di teologie complicate. Sentiamo che la nostra anima se ne va assetata di spiritualità, ma non per mancanza di Acqua Viva – che beviamo solo a sorsi –, ma per un eccesso di spiritualità ‘frizzanti’, di spiritualità ‘light’. Ci sentiamo anche prigionieri, non circondati, come tanti popoli, da invalicabili mura di pietra o da recinzioni di acciaio, ma da una mondanità virtuale che si apre e si chiude con un semplice click. Siamo oppressi, ma non da minacce e spintoni, come tanta povera gente, ma dal fascino di mille proposte di consumo che non possiamo scrollarci di dosso per camminare, liberi, sui sentieri che ci conducono all’amore dei nostri fratelli, al gregge del Signore, alle pecorelle che attendono la voce dei loro pastori». Gesù, invece, «viene a riscattarci, a farci uscire, per trasformarci da poveri e ciechi, da prigionieri e oppressi in ministri di misericordia e consolazione».

E, a proposito della misericordia, papa Francesco ha aggiunto: «Oggi, in questo Giovedì Santo dell’Anno giubilare della misericordia, vorrei parlare di due ambiti nei quali il Signore eccede nella sua misericordia. Dal momento che è Lui che ci dà l’esempio, non dobbiamo aver paura di eccedere anche noi: un ambito è quello dell’incontro; l’altro è quello del suo perdono che ci fa vergognare e ci dà dignità. Il primo ambito nel quale vediamo che Dio eccede in una misericordia sempre più grande, è quello dell’incontro. Egli si dà totalmente e in modo tale che, in ogni incontro, passa direttamente a celebrare una festa.  Nel contemplare sempre meravigliati questa sovrabbondanza di gioia del Padre, al quale il ritorno del figlio permette di esprimere liberamente il suo amore, senza resistenze né distanze, noi non dobbiamo avere paura di esagerare nel nostro ringraziamento. Il giusto atteggiamento possiamo prenderlo da quel povero lebbroso che, vedendosi risanato, lascia i suoi nove compagni che vanno a compiere ciò che ha ordinato Gesù e torna ad inginocchiarsi ai piedi del Signore, glorificando e rendendo grazie a Dio a gran voce. La misericordia restaura tutto e restituisce le persone alla loro dignità originaria. Per questo il ringraziamento effusivo è la risposta giusta: bisogna entrare subito alla festa, indossare l’abito, togliersi i rancori del figlio maggiore, rallegrarsi e festeggiare…  A tutti noi, può farci bene domandarci: dopo essermi confessato, festeggio? O passo rapidamente ad un’altra cosa, come quando dopo essere andati dal medico, vediamo che le analisi non sono andate tanto male e le rimettiamo nella busta e passiamo a un’altra cosa. E quando faccio l’elemosina, dò tempo a chi la riceve di esprimere il suo ringraziamento, festeggio il suo sorriso e quelle benedizioni che ci danno i poveri, o proseguo in fretta con le mie cose dopo “aver lasciato cadere la moneta”?».  

«L’altro ambito nel quale vediamo che Dio eccede in una misericordia sempre più grande, è il perdono», ha proseguito Bergoglio. «Non solo perdona debiti incalcolabili, come al servo che lo supplica e poi si dimostrerà meschino con il suo compagno, ma ci fa passare direttamente dalla vergogna più vergognosa alla dignità più alta senza passaggi intermedi. Il Signore lascia che la peccatrice perdonata gli lavi familiarmente i piedi con le sue lacrime. Appena Simon Pietro gli confessa il suo peccato e gli chiede di allontanarsi, Lui lo eleva alla dignità di pescatore di uomini. Noi, invece, tendiamo a separare i due atteggiamenti: quando ci vergogniamo del peccato, ci nascondiamo e andiamo con la testa bassa, come Adamo ed Eva, e quando siamo elevati a qualche dignità cerchiamo di coprire i peccati e ci piace farci vedere, quasi pavoneggiarci».

Sono i profughi i protagonisti della Messa in Coena Domini che papa Francesco celebra per la prima volta fuori Roma. Per la  lavanda dei piedi, l'appuntamento (a partire dalle 17,30) è a Castelnuovo di Porto, vicino Roma, al Cara, il Centro di accoglienza richiedenti asilo. Bergoglio ha deciso di chinarsi su dodici rifugiati ai quali  lava i piedi come segno di servizio e attenzione alla loro condizione. Il Cara di Castelnuovo di Porto ospita 892 persone da 25 diversi Paesi, di cui 15 Paesi africani, 9 asiatici, uno europeo extra Ue: 849 sono uomini, 36 donne, 7 minori. L'ottanta per cento degli ospiti sono giovani con una età compresa tra i 19 e i 26 anni, ma c'è anche una famiglia irachena che comprende quattro generazioni, dalla bisnonna in giù. Il Cara accoglie in questo momento 557 musulmani, 239 cristiani, tra copti, cattolici e protestanti, 94 pentecostali e due indù.

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