I fedeli in fila già dalle prime ore dell’alba per dare l’ultimo saluto a Benedetto. La salma, chiusa nella bara di cipresso viene portata in pizza alle 8.50 per dar modo alla gente di raccogliersi in preghiera con il rosario prima della messa esequiale. Dentro sono già state inserite le monete del pontificato, i palli che ha avuto da vescovo di Monaco e vescovo di Roma e il rogito, cioè il documento che ne riassume la vita. Dalla nascita a Marktl am Inn, il 16 aprile del 1927, da un commissario di polizia e da una cuoca, fino agli ultimi istanti quando, si legge nel documento, «il 31 dicembre dell’anno del Signore 2022, alle 9,34 del mattino, mentre terminava l’anno ed eravamo pronti a cantare il Te Deum per i molteplici benefici concessi dal Signore, l’amato Pastore emerito della Chiesa, Benedetto XVI, è passato da questo mondo al Padre».
In prima fila le delegazioni tedesca e italiana con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e la premier Giorgia Meloni. Ai funerali, presidetuti da papa Francesco e celebrati dal cardinale Giovan Battista Re, partecipano anche i rappresentanti delle comunità musulmane in Italia, dalla Coreis all’Ucoii. Sono 125, invece, i cardinali che concelebrano. In piazza circa 50 mila fedel secondo le prime stime della gendarmeria vaticana.
«È il Popolo fedele di Dio che, riunito, accompagna e affida la vita di chi è stato suo pastore», dice papa Francesco nell’omelia. Parole molto spirituali che commentano le letture della messa. Letture scelte appositamente per queste esequie e non riprese dai consueti formulari.
«Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito», ripete Francesco con le parole dell’evangelista Luca. Parole che dicono dell’affidamento a Dio così come ha fatto per tutta la sua vita il Papa emerito. «Mani di perdono e di compassione, di guarigione e di misericordia, mani di unzione e benedizione, che lo spinsero a consegnarsi anche nelle mani dei suoi fratelli. Il Signore, aperto alle storie che incontrava lungo il cammino, si lasciò cesellare dalla volontà di Dio, prendendo sulle spalle tutte le conseguenze e le difficoltà del Vangelo».
Commovente, infine, l'immagine di papa Francesco che, prima che il feretro facesse nuovamente ingresso in basilica per essere poi tumulato nelle grotte vaticane, si è avvicinato alla bara per un momento di preghiera e ringraziamento.
Francesco parla di mitezza, accoglienza, speranza. Di «fiducia orante e adoratrice, capace di interpretare le azioni del pastore e adattare il suo cuore e le sue decisioni ai tempi di Dio». Di «dedizione sostenuta dalla consolazione dello Spirito, che sempre lo precede nella missione: nella ricerca appassionata di comunicare la bellezza e la gioia del Vangelo».
Cita lo stesso Benedetto e le sue parole nella messa di inizio Pontificato, il 24 aprile del 2005 quando Ratzinger disse che «Pascere vuol dire amare, e amare vuol dire anche essere pronti a soffrire. Amare significa: dare alle pecore il vero bene, il nutrimento della verità di Dio, della parola di Dio, il nutrimento della sua presenza».
E mentre, dice Francesco, restiamo «saldamente legati alle ultime parole del Signore e alla testimonianza che marcò la sua vita, vogliamo, come comunità ecclesiale, seguire le sue orme e affidare il nostro fratello alle mani del Padre: che queste mani di misericordia trovino la sua lampada accesa con l’olio del Vangelo, che egli ha sparso e testimoniato durante la sua vita».
Infine, nell’augurare a Benedetto, «fedele amico dello Sposo», che la sua «gioia sia perfetta nell’udire definitivamente e per sempre la Sua voce!», il Papa sottolinea che «come le donne del Vangelo al sepolcro, siamo qui con il profumo della gratitudine e l’unguento della speranza per dimostrargli, ancora una volta, l’amore che non si perde; vogliamo farlo con la stessa unzione, sapienza, delicatezza e dedizione che egli ha saputo elargire nel corso degli anni. Vogliamo dire insieme: “Padre, nelle tue mani consegniamo il suo spirito”».