Yulia Navalnaya al Parlamento europeo di Strasburgo e, dietro di lei, la presidente Roberta Metsola (foto Reuters).
«La Russia sarà libera»: il grido si è levato tra la folla raccolta fuori dalla Chiesa dell'Icona della Madre di Dio a Mosca, nel quartiere Maryno, zona sud-est della capitale russa. Al termine del funerale di Alexei Navalny, l'avvocato e dissidente politico morto il 16 febbraio nella colonia penale a regime speciale nella regione artica dove era rinchiuso. L'ingresso del feretro era stato salutato con un lungo applauso da parte delle persone - arrivate per l'addio a Navalny già ore prima delle esequie - che insieme scandivano il nome del dissidente e slogan, sfidando il rigido controllo della polizia. Le autorità russe avevano provato a impedire che per l'attivista, l'oppositore politico di Vladmir Putin più famoso nel mondo, si celebrassero esequie segrete. Ma la tenacia e la determinazione della madre, Lyudmila Navalnaya, hanno prevalso e la famiglia di Navalny ha potuto celebrare un funerale pubblico, aperto a tutti coloro che desiderassero rendere omaggio all'attivista. L'ingresso nella chiesa è stato consentito a poche persone, oltre ai familiari. Ma fuori, ad attendere la bara, si sono radunate almeno due-tremila persone, sotto la stretta sorveglianza di agenti di polizia che pattugliavano la zona e camion antisommossa. Il Cremlino aveva categoricamente vietato qualunque manifestazione "non autorizzata" al funerale. Tuttavia la squadra della Fondazione anti-corruzione fondata da Navalny si è occupata di una diretta streaming della celebrazione funebre.
Due giorni fa, Yulia Navalnaya, la vedova del dissidente che ha dichiarato di voler raccogliere l'eredità politica del marito, è intervenuta a Strasburgo alla sessione plenaria del Parlamento europeo, che nel 2021 aveva conferito al marito il Premio Sakharov per la libertà di pensiero, ritirato poi dalla figlia Daria. In quell'occasione, l'allora presidente del Parlamento Ue David Sassoli, elogiando la battaglia di Navalny, aveva detto: «La lotta alla corruzione è anche una lotta per il rispetto dei diritti umani universali. È senza dubbio una lotta per la dignità umana, per il buon governo e per lo Stato di diritto». Accettando il Premio, la figlia Daria, allora ventenne, disse: «Quando ho scritto a mio padre per chiedergli: dal tuo punto di vista, cosa vuoi che dica esattamente nel discorso? Lui mi ha risposto: digli che nessuno deve azzardarsi ad equiparare la Russia al regime di Putin. La Russia fa parte dell'Europa e ci sforziamo di diventarne parte. Ma vogliamo anche che l'Europa si sforzi di rimanere fedele a se stessa, a quelle idee straordinarie che ne costituiscono il fulcro. Ci impegniamo per un'Europa delle idee, per la celebrazione dei diritti umani, per la democrazia e l'integrità».
Il 28 febbraio scorso, è toccato alla moglie di Alexei Navalny e madre di Daria parlare davanti al Parlamento europeo a nome del marito. In un appassionato, commosso discorso - seguito da una standing ovation - Yulia Navalnaya ha lanciato un durissimo atto di accusa nei confronti del presidente russo: «Putin ha ucciso mio marito, Alexei Navalny. Alexei è stato torturato per tre anni, su ordine di Putin: è stato lasciato morire di fame in una piccola cella di pietra, isolato dal mondo esterno e gli sono state negate visite, telefonate e poi anche lettere. Poi lo hanno ucciso».
Yulia Navalnaya ha ricordato come Alexei, personalità fortemente creativa, fosse diventato fonte di ispirazione per tantissime persone «cercando di trasferire le sue idee e i suoi progetti». E ha lanciato un appello: «Se veramente volete sconfiggere allora dovete diventare degli innovatori, dovete smettere di essere annoiati». Ha aggiunto che non è possibile pensare di colpire Putin con un altre pacchetto di sanzioni o altre risoluzioni. «Non avete a che fare con un politico, ma con un mostro sanguinario. Putin è il leader di una gang criminale organizzata». Ha ricordato i tantissimi russi che si oppongono al regime. E infine ha dichiarato: «Putin deve rispondere di ciò che ha fatto al mio Paese. Putin deve rispondere di ciò che ha fatto a un Paese vicino e pacifico (ndr, riferendosi alla guerra in Ucraina). E Putin deve rispondere di tutto ciò che ha fatto ad Alexei. Mio marito non vedrà mai come sarà la bella Russia del futuro. Ma noi dobbiamo vederla. E io farò del mio meglio perché il suo sogno si realizzi, il male cadrà e la Russia avrà finalmente un futuro meraviglioso».
La repressione putiniana, tuttavia, non accenna a placarsi: due giorni fa lo storico e dissidente Olge Orlov, già co-presidente della fondazione, Memorial, Nobel per la pace 2022, è stato messo in manette e arrestato. Deve scontare una condanna del tribunale di Mosca a due anni e mezzo di carcere per l'accusa di «discredito» delle forze armate russe, per aver criticato quella che il Cremlino ancora definisce «operazione militare speciale» in Ucraina e che, in Russia, non può essere chiamata guerra. «Sono sotto processo per un articolo nel quale ho chiamato "fascista" e "totalitario" il regime politico instaurato in Russia», aveva dichiarato Orlov durante un'udienza. «L'ho scritto oltre un anno fa. Allora alcuni miei amici pensavano stessi esagerando, ma ora è palesemente chiaro: non stavo esagerando per niente».
(Foto Reuters in alto: la folla radunata fuori dal cimitero Borisovsky dove è stato seppellito Alexei Navalny. Foto Reuters in copertina: le immagini di Navalny)