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Fuochi d'artificio: divieti e ordinanze non risolvono il problema

30/12/2013  "Le ordinanze per vietare l’utilizzo di petardi nella notte del 31 dicembre con sanzioni anche fino a 500 euro non risolvono il problema dei botti di fine anno, perché alla base dei fuochi pirotecnici illegali e di chi ne fa uso c’è il gusto per il pericolo e per la trasgressione delle regole". Così Margherita Spagnuolo Lobb, psicoterapeuta, analizza il problema dei botti di Capodanno

«Le ordinanze emanate da alcuni sindaci per vietare l’utilizzo di petardi e fuochi pirotecnici nella notte di Capodanno, con sanzioni che arrivano fino a 500 euro, non risolvono il problema dei botti di fine anno e dell’ormai consueto bilancio di feriti, se non di morti, che ne deriva. Anzi, i divieti contribuiscono a far degenerare il problema, perché alla base dei botti e di chi ne fa uso c’è il gusto per il pericolo e per la trasgressione delle regole».

Lo sostiene Margherita Spagnuolo Lobb, psicoterapeuta, che ha analizzato il fenomeno dei botti di fine anno.   «Chi usa i petardi e va a cercare proprio quelli più pericolosi e illegali vuole soddisfare il senso di potere che spinge a liberarsi dalle costrizioni delle regole. Far scoppiare un petardo non è solo un divertimento azzardato: significa misurarsi col rischio e dimostrare a tutti di potercela fare. Così inizia una sorta di roulette russa: dopo un botto bisogna farne scoppiare un altro, magari più forte, e poi caricare un video su youtube per dimostrare al pubblico della Rete il proprio successo», spiega la dottoressa.  

«Il petardo rappresenta la ricerca del senso di forza, di successo: tutte cose che la società di oggi sembra aver rubato ai giovani, che appaiono sempre più depressi, smarriti, senza punti di riferimento. Il lavoro non c’è, il panorama socio-economico è instabile, i rapporti familiari e affettivi appaiono fragili: ecco perché sempre più giovani avvertono il bisogno di manifestare la propria vitalità attraverso il possesso e l’uso dei botti, ancor di più se sono proibiti. È insomma una forma di antidepressivo», continua l’esperta.   «La soluzione al problema non sono ordinanze e divieti, che possono al contrario alimentare il gusto per la trasgressione, ma un lavoro sinergico tra la famiglia e la società, per alimentare l’autostima e le capacità dei giovani, in modo da farli sentire più forti e realizzati, senza ricercare soddisfazione e benessere nei pericoli in genere». 

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