C'è tempo fino al 16 febbraio per sostenere tramite sms solidale al 45505 la campagna promossa dalla Lega del Filo d'oro che, complici i suoi 50 anni, ha voluto dare nuovo slancio al proprio impegno a favore dei bambini, dei giovani e gli adulti sordociechi. Un lavoro quotidiano fatto di assistenza ed educazione, di riabilitazione e reinserimento in famiglia che unisce diversi ambiti di intervento: e proprio quest'ultima è una sfida particolarmente complicata che passa da un salto in avanti, anche culturale, nelle cure e nelle terapie che solo il coraggio e la sperimentazione possono garantire. È così per l'idroterapia che è stata inserita all'interno del percorso riabilitativo una volta che ne è stata appurata l'efficacia: in acqua, infatti, è possibile facilitare e amplificare il processo di apprendimento sia motorio sia comportamentale e agevolare la mobilità e l'autonomia delle persone sordocieche. Ma per riuscirci servono strutture specializzate e personale altamente professionale: è a qui che si concentrano gli sforzi maggiori della Lega del Filo d'oro, sforzi incoraggiati da storie come quella di Margherita.
La testimonianza
Margherita percorre il vialetto fiera, per mano alla mamma. Schiaccia lei il pulsante per aprire, con la mamma che la guida con la voce e le sostiene la mano. Mi abbraccia e si fa dare un bacio. La mamma sorride: «Questa è la Lega del Filo d’Oro». Margherita ha sei anni, vive a Varese, frequenta la scuola materna, ama nuotare, la nutella e la sedia a dondolo: l’ha scoperta a Osimo lo scorso maggio, durante il suo terzo trattamento intensivo, ed è il regalo che ha ricevuto a Natale. È nata prematura, a 28 settimane e per quaranta giorni sono stati in due a lottare in terapia intensiva: «Poi Vincenzo si è fatto da parte e lì ho capito che Margherita doveva essere salvata, prima nella vita e poi nella qualità di vita, con tutte le nostre forze», dice Italia, la mamma. Quella frase - «questa è la Lega del Filo d’Oro» - Italia la ripeterà molte volte: quando Margherita fa segno di aver sete, beve da sola e da sola posa il bicchiere sul tavolo; quando va in camera sua e per un po’ resta a giocare con coperchi e scatole, mentre noi parliamo; quando papà Rocco tira fuori una foto di Margherita al ristorante, seduta e sorridente. «Terapisti bravi ne abbiamo trovati tanti», spiega Italia, «ma solo grazie alla Lega del Filo d’Oro noi sappiamo gestire il quotidiano. La fisioterapia e la logopedia sono importantissime, ma si tratta di poche ore alla settimana: noi invece viviamo con i nostri figli tutto il giorno e tutta la notte e solo la “Lega” lavora sui gesti quotidiani. Hanno trasformato tutta la nostra famiglia, non solo Margherita».
Capaci di stare accanto
Margherita è uscita dalla terapia intensiva a due mesi, con una lesione cerebrale e una tetraparesi infantile. Dopo poche settimane i test rivelano che ha anche problemi di vista e una sordità profonda bilaterale. Mamma Italia e papà Rocco, che fa l’oculista, dalla Calabria salgono a Varese. Accettano di operare la bambina, a patto che per un anno resti in città. Rocco e Italia hanno tempo fino a sera per decidere, ma gli basta guardarsi negli occhi: Italia e Margherita si trasferiscono a Varese, per i primi tre anni da sole, poi Rocco le raggiunge. L’intervento non dà i risultati sperati e solo nel 2011 una ritaratura delle mappe, questa volta fatta a Merano, regala a Margherita il piacere di udire: «Adesso lei cerca l’apparecchio, se lo mette da sola». Alla Lega del Filo d’Oro arrivano quando Margherita ha tre anni, su consiglio di un’altra mamma: Mi si è aperto un mondo, perché gli operatori hanno intuito che mia figlia aveva delle competenze in più, delle potenzialità. Loro sono bravissimi nell’intuire possibilità che un genitore nemmeno immagina, come dei rabdomanti: ci riescono perché si prendono tantissimo tempo per stare con il bambino e osservarlo, dice Italia. E inizia a raccontare, sorridendo, con Margherita che le si accoccola in braccio e sgranocchia wafer: Quando siamo andate a Osimo per la prima volta, Margherita aveva il pannolino e mangiava solo cibo frullato. Ricordo ancora le parole che mi dissero: “Signora, è lei a non esser pronta a toglierle il pannolino, non Margherita”. Era vero. Loro sanno imporsi nella maniera giusta, accompagnarti per mano, far emergere la consapevolezza nei ragazzi come nei genitori. Riescono a farti sentire capace di stare accanto a tuo figlio. Ed è un regalo meraviglioso.
Fotogrammi dell’autonomia
Dopo il primo soggiorno a Osimo, Italia e Rocco iniziano a vivere una quotidianità più serena, naturale. Tornano a Varese con gli strumenti per accudire al meglio Margherita e far fiorire quelle competenze che erano come in bocciolo: pian piano Margherita si desensibilizza verso i cibi solidi e impara ad apprezzarli. Un anno e mezzo dopo, con il secondo trattamento, l’obiettivo è imparare ad alzarsi in piedi: A Osimo scopri che l’autonomia si raggiunge scomponendo un gesto complesso in tanti piccoli fotogrammi. Così la “Lega”, con le sue tecniche e il suo know how, entra nella gestualità di tutti i giorni. L’ultimo trattamento di Margherita è recentissimo: sono stata orgogliosa di far vedere tutti i progressi di Margherita, confessa Italia. Per i prossimi mesi Margherita lavorerà sulla comunicazione, per iniziare a esprimere con dei gesti ciò che vuole e come si sente. Con i gesti ha già imparato a dire “basta”, “ancora”, “ciao”. E i suoi giochi vis a vis con la mamma sono spesso esercizi per abituarla a stare vicino a un’altra persona, in una prima forma di socializzazione. È l’ora del bagnetto serale, e dei saluti. Italia chiama l’ascensore e mi dice: Margherita mi ha cambiato la vita, certo. Ma me l’ha cambiata in meglio.