Se lo chiedeva anche Lucio Dalla nel 1980: “Chissà, chissà domani. Su che cosa metteremo le mani, se si potrà ancora contare le onde del mare”. Il titolo della canzone era Futura, come il nuovo film realizzato a sei mani da Pietro Marcello, Francesco Munzi e Alice Rohrwacher. È un viaggio attraverso l’Italia, che sceglie di dare voce a chi spesso in Italia è stato dimenticato: i giovani.
L’impostazione è quella delle inchieste realizzate negli anni Sessanta e Settanta. Non a caso, per quanto riguarda il materiale d’archivio, assistiamo ad alcune sequenze tratte dai lavori di Mario Soldati e Luigi Comencini. Seguendo il loro esempio, ma con animo anche rosselli
niano, i tre cineasti delineano il ritratto desolante di un paese che sembra non curarsi delle nuove generazioni.
La domanda più frequente riguarda i progetti legati all’avvenire. Le risposte sono diverse, ma alcuni temi sono ricorrenti: il cambiamento, l’incertezza, il senso di responsabilità che cresce insieme all’età. Lo sguardo è sugli adolescenti, sulla difficoltà nel rapportarsi con gli adulti, su uno Stato che sembra non curarsi di loro. Viene sottolineato un doppio aspetto. La mancanza di dialogo e l’atteggiamento paternalista uccidono i sogni, così si sviluppa un senso di distacco, incuranza. “A Napoli non serve andare a scuola per poi vivere asciugando bicchieri”, ci raccontano. È la cronaca di un fallimento.
Marcello, Munzi e Rohrwacher si tengono a distanza, con umiltà lasciano la parola a chi diventerà protagonista degli anni venturi. Non siamo in Comizi d’amore di Pasolini, non sono i registi a entrare in scena. Loro pongono dei quesiti che non si soffermano solo sulla vita del singolo, ma su quella della comunità. L’obiettivo è di fornire una fotografia del presente, senza dimenticare il passato. Chi frequenta la scuola Diaz di Genova oggi si ricorda di che cosa è successo nel 2001 per il G8? Quanto è radicata la memoria? Quanto è stato dimenticato? Futura si fa quindi testimonianza, malinconica fotografia, tragedia contemporanea.
Per tornare a Lucio Dalla, su cui proprio Pietro Marcello ha girato il bellissimo Per Lucio, in Domani cantava: “Domani, domani. Saremo ancora così lontani”. A metà strada tra l’affermazione e il dubbio, potrebbe essere un’altra chiave di lettura di Futura. La solitudine di chi deve crescere, il trauma di scoprirsi mortali, non eterni. La macchina da presa cattura l’essere umano nel suo divenire, e lo dipinge in tutta la sua bellezza. Il film è stato presentato alla Quinzaine des réalisateurs, al Festival di Cannes.