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giovedì 30 marzo 2023
 
 

Gabriella Belli: «Un'opportunità per far conoscere la nostra cultura»

27/06/2013  «Non credo che lo Stato possa ottenere grossi introiti da questi noleggi», afferma la direttrice della Fondazione dei Musei civici di Venezia, «tuttavia è un'occasione per far conoscere al mondo la grande tradizione artistica italiana».

«Non è una novità assoluta perché già adesso ci sono i prestiti temporanei tra musei sia in Italia che all’estero. Questo è un passo ulteriore. Personalmente mi piace l’idea che ogni museo del mondo possa ospitare una testimonianza dell’arte italiana. Noi, questo deve essere chiaro a tutti, non cediamo il nostro patrimonio ma solo il diritto d’uso per un certo periodo».

Gabriella Belli, direttrice della Fondazione dei Musei civici di Venezia (sono undici, tra i quali Ca’ Pesaro, Correr, Palazzo Ducale) si dice favorevole alla proposta contenuta nel disegno di legge sulle semplificazioni.

Perché, dottoressa?

«La ritengo una buona idea più dal punto di vista culturale che da quello finanziario. Non credo che lo Stato possa ottenere grossi introiti da questi “affitti”. Tuttavia, se le regole saranno scritte con molta chiarezza e se gli interlocutori saranno scelti tra istituzioni museali di alto profilo qualitativo è un modo per allargare la conoscenza della cultura italiana e della storia della nostra civiltà in giro per il mondo dove c’è grande interesse a raccontare la tradizione italiana anche se molti musei non hanno testimonianze. Pensiamo a quei paesi dove ci sono collezioni monche, privi di opere che rappresentano un preciso periodo della storia dell’arte italiana».

Non è un modo per fare cassa, quindi?

«No, credo invece che sia un progetto culturale. Faccio un esempio: l’Australia avrà dei bellissimi musei ma magari in alcuni di questi mancano testimonianze del Rinascimento italiano. È un’opportunità da cogliere al volo per far conoscere la nostra tradizione artistica e l’occasione per mostrarci in tanti luoghi che non conoscono la grande storia dell’arte italiana o che magari non hanno mai potuto avere nelle loro collezioni dei pezzi significativi per rappresentare questa tradizione».

Non c’è il rischio che si scateni la caccia ai grandi capolavori?

«Le opere maggiori sono e devono restare nei musei italiani. Però è anche vero che all’interno dei depositi dei nostri musei ci sono numerose opere importanti cosiddette “minori” ma legate a un particolare periodo storico realizzate da artisti che non sono i massimi ma che sono comunque rappresentativi di una corrente artistica. Noi abbiamo un patrimonio artistico enorme di cui è esposta solo una minima parte».

Ma le regole appaiono un po’ vaghe. O no? 

«Ecco, il pericolo di scivolare nel business c'è se questi noleggi vengono fatti senza regole, sulla discrezionalità. Bisogna fare chiarezza e mettere dei paletti rigorosi, chiari e precisi. Ci sarà una commissione, credo, che valuterà l’opportunità e anche la fattibilità di questi scambi. Ci vuole molta attenzione».

Perché ai musei sì e ai privati no?

«Sull’affitto ai privati andrei molto cauta, meglio escluderli. Per ora partirei solo con i prestiti agli istituti museali. Questa è una strada complessa che richiede molte regole. Meglio andare cauti, soprattutto all’inizio».

 
 
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