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domenica 18 maggio 2025
 
 

Protezione civile, urge nuova legge

13/04/2013  Franco Gabrielli al Festival del volontariato di Lucca chiede una scelta di campo precisa e strumenti adeguati. "Orgoglioso di non aver tagliato risorse ai volontari".

Soddisfatto per il passato più recente, speranzoso ma ugualmente preoccupato per il futuro. Così si mostra il capo della Protezione civile, Franco Gabrielli, al Festival del volontariato di Lucca. Di ritorno da un’esercitazione della marina militare a Taranto (di cui è sembrato entusiasta, durante la chiacchierata informale ospite del Prefetto di Lucca, per un caffè accompagnato da qualche dolcetto di una delle più rinomate e antiche pasticcerie della città), Gabrielli ha tracciato un bilancio di questi ultimi due anni: «Quando due anni fa dissi che eravamo come sul Titanic era perché supponevo che le norme che il Governo Berlusconi aveva approvato avrebbero portato molti problemi per la protezione civile. La legge 10, infatti, metteva la Protezione civile sotto tutela del ministero dell’Economia. Questo fu un errore e lo dissi chiaramente. La dimostrazione arrivò, puntuale, con il disastro del Giglio prima e con la grande nevicata dopo. La legge 10 non andava bene. Dalla legge 10 si è passati alla legge 100, che solo in parte ha migliorato le cose e allora io mi auguro, con una battuta, che possa arrivare anche una legge 1.000. Bisogna fare una scelta di campo precisa per la protezione civile e darsi strumenti adeguati alle scelte che si vogliono fare. Uno dei primi problemi da affrontare è quello dei troppi Comuni che ancora non si sono dati un piano di protezione civile».

E chi li ha, invece?
«Altro guaio: chi li ha spesso non riesce a farli conoscere in modo adeguato. Un secondo problema è quello della messa in sicurezza del territorio, che non deve essere un problema della Protezione civile. Ma se lo Stato non si occupa di questo problema, sarà un dramma e il Paese si sgretolerà».

Mentre la cittadinanza assegna un ruolo importante alla Protezione civile…
«Sì, ma bisogna fare attenzione. Ho l’impressione che il tema della protezione civile e della messa in sicurezza del territorio interessino solo alla luce delle tragedie avvenute sul momento. E d’altra parte basterebbe guardare la campagna elettorale: non ho visto nell’agenda elettorale questo tema in alcun partito. In sostanza: se in questi ultimi trent’anni abbiamo fatto passi da giganti, molto va fatto ancora».

Nel lavoro della Protezione civile la parte del volontariato è molto alta. Basta o deve ancora essere implementata?
«Il volontariato nella protezione civile è una componente fondamentale che garantisce l’efficienza del sistema. Io immagino il volontariato come una grande elemento di contaminazione. Tutte le iniziative che mettiamo in pratica non debbono apparire come degli spot e basta ma vanno fatte vivere con insistenza sul territorio. Quindi, investire in volontariato è opera intelligente, sopratutto in un Paese che ha molte difficoltà. Resta per me il vanto, in questi tre anni, di non avere toccato un solo euro di finanziamento alla voce “volontariato” della Protezione civile, nonostante i tagli subiti del 56 per cento. E allora auspico che il Paese non perda di vista quanto la Protezione civile sia un’eccellenza d’Italia. Non va dimenticato che il nostro modello di Protezione civile è invidiato da tutti».

Sui grandi disastri del Paese, cosa si può fare?
«Noi, da quella serata del novembre 1980, il terremoto in Irpinia, non abbiamo più avuto grandi eventi tragici, ma solo, mi si conceda di definirli così, “terremotini”. Questa è la realtà. Certo, sono episodi che portano rovine e tragedie, ma niente a che vedere con l’ultimo vero grande episodio sismico, quello dell’Irpinia, con migliaia di morti. Sono passati più di trent’anni e non dobbiamo nascondere la realtà: prima o poi, un nuovo grande terremoto avverrà. Non sappiamo quando, dove, a che ora, ma avverrà. Ecco perché dobbiamo prepararci e lavorare per prevenire».

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