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sabato 08 febbraio 2025
 
 

Gaetano Pesce, il colore del tempo

03/01/2011  Il grande designer italiano spiega come realizzare oggetti unici con procedimenti industriali. I suoi 61 tavoli e l'unità d'Italia.

Per i suoi fan (e sono davvero tanti) è geniale. Eppure Gaetano Pesce è un antidivo che muove i fili del made in Italy, contribuendo al suo successo nel mondo. Ha rivoluzionato il concetto di design con progetti che rifiutano minimalismo e rigidità geometrica. E che, pur essendo prodotti industriali, recuperano il pregio dell’artigianato. Su di lui hanno sempre puntato i grandi marchi come Cassina, Meritalia, B&B, Le Fablier, Elica, Zero Disegno, Bernini. Nato a La Spezia nel 1939, ha studiato architettura e disegno industriale all’Universita di Venezia. Da trent’anni vive e lavora a New York con un team di otto persone, non solo architetti.

      Lo incontriamo alla Triennale Design Museum di Milano in occasione di una sua lezione agli allievi delle scuole di design di tutto il mondo: la lecture ha per tema La fine dello standard e fa parte di un ciclo d’incontri nell’ambito del progetto Mind - Milan Network for Design, promosso dal Comune di Milano.

- Lei ha presentato di recente al ministero degli Esteri una cappa per la cucina che sembra un enorme cesto di frutta e verdura: quindici, diversi, pezzi unici, venduti on-line.

    «Una volta l’arte dava solo a persone privilegiate come re, principi, la possibilità di avere oggetti esclusivi. Oggi, grazie a nuovi materiali e una tecnologia avanzata, posso rendere i miei progetti dei pezzi unici, quindi con un valore aggiunto, a dei costi alla portata di tutti».

- In che modo un arredo, un oggetto può diventare esclusivo?

      «Parto dall’idea che l’abitazione riflette l’immagine di chi la vive. Pertanto, nell’attuare il progetto cerco di conoscere il suo proprieterio, di esprimere le sue qualità, la sua cultura. E quindi, alla fine, l’interno diventa il suo ritratto. Lo stesso vale per gli oggetti. Per Melissa, un’azienda brasiliana, ho ideato un paio di stivaletti da donna che possono essere personalizzati da chi li acquista con dei tagli, diventando ballerine o sandali».

- Suo il concetto che il design è l’arte applicata.

     «Nel 1830-1840 in Francia alcuni giovani artisti erano esclusi dalle mostre ufficiali perché non considerati all’altezza. Con il tempo, questi si dimostrarono i veri protagonisti dell’arte: erano gli impressionisti. Ora sta succedendo la stessa cosa. Noi ricerchiamo l’arte in una direzione dove non esiste più. La ritroviamo invece nel design: arte che celebra la produzione».

- Nei suoi progetti ricorre sempre a immagini riconoscibili, che esprimono contenuti politici, esistenziali, filosofici...

      «Noi designer abbiamo la possibilità di usare un linguaggio che può contribuire a far vivere meglio le persone, aiutandole a sorridere. I miei progetti, per forme e colori, vogliono far discutere o trasmettere gioia. Ho voluto celebrare i centocinquant’anni dell’unità d’Italia con una serie di sessantuno tavoli tricolori che uniti formano il profilo dello Stivale. Il messaggio vuole essere: il Paese è composto da tanti territori, ognuno con le sue culture, le sue tradizioni, ma l’Italia è una sola. Nella poltrona Up volevo raccontare lo stato delle donne prigioniere delle convenzioni sociali. Qualcuno ha visto altri significati: bene, vuol dire che quell’oggetto conteneva in sé molte interpretazioni...».

 - Utilizza tanto colore...

     «Sì, perché dà allegria, ci sveglia. Il colore è portatore di energia positiva. Certo, ho iniziato a usarlo quando i miei colleghi si esprimevano attraverso il nero o il bianco. Ma il nero è assenza di energia...».

- I suoi prossimi lavori?

      «Sto preparando per Meritalia una collezione di oggetti. Esprimono l’identità del giullare di corte, personaggio che stava vicino alla persona di potere e portava una componente di allegria. Saranno presentati al prossimo Salone del mobile di aprile a Milano».

     - Che cosa raccomanda ai giovani provenienti da tutto il mondo che vogliono intraprendere il lavoro di Industrial designer?

     «La parola d’ordine è sperimentare. Ed esprimersi attraverso l’innovazione. Non solo tecnica, tecnologica, ma nuovi contenuti. A questo bisogna aggiungere che in Italia esistono industriali colti, aperti a qualunque tipo di sfida imprenditoriale. Acconsentono a sviluppare le idee dei giovani quando valgono, fino ad arrivare alla produzione. Ed è sempre un successo». 

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