Debutta stasera la Piccolo di Milano in prima nazionale Romancero gitano, messa in scena della massima raccolta poetica di Federico Garcia Lorca, in scena fino al 27 ottobre. Protagonisti una coppia che ha lavorato insieme sei volte su testi di Lorca: il regista Luìs Pascal e la grande attrice spagnola Nuria Espert, unica presenza in scena. Per l’occasione famiglia cristiana ha potuto partecipare a un incontro esclusivo con i due grandi artisti che abbiamo intervistato.
Nuria, qual è stato il suo primo incontro con Lorca?
«Ero davvero molto piccola: i miei genitori erano dei falegnami, e si sono conosciuti facendo teatro amatoriale. Per questo mi hanno chiamato Nuria, dalla bambina protagonista di uno spettacolo catalano. Adoravano il teatro ed erano frequentatori di quei caffè dove chiunque poteva esibirsi. Già quando avevo 5 anni mi facevano recitare alcune battute durante le loro esibizioni. A un certo punto è arrivato tra le mani di mio padre un copia di Romancero gitano: doveva restituirlo, allora nel corso di una notte ha trascritto le poesie. Poi lo ha messo in scena, e ha fatto recitare anche me».
Qual è il suo rapporto con questo autore?
«Io credo che Lorca abbia la capacità di far sentire speciale il lettore. Lui crea una relazione con chi legge, tutte le sue parole arrivano dritte dove lui vuole. Il suo teatro è unico, ricordo uno spettacolo fatto con Luìs dal titolo Facendolo, davvero intenso».
Luìs che cosa pensa lei di Lorca?
«Cito la frase di un poeta americano che in riferimento a Lorca diceva: “ma come fa questo uomo a sapere quello che mi succede?”. Io lo chiamo Federico, per me è il fratello che non ho mai avuto, proprio perché arrivava a dire le cose che succedevamo a me, è stato un compagno per tutta la vita. Tanto che il libro autobiografico che ho scritto si intitola Da la mano de Federico. E se ho conosciuto Lorca lo devo proprio a Nuria, andavo sempre a vederla recitare il poeta, in qualsiasi città fosse. Prima a livello di regia teatrale ho affrontato il lato di Lorca oscuro, che non era mai emerso, poi mi sono deciso lavorare sui testi più conosciuto, come Bernarda Alba».
Può definire che cos’è il famoso duende di Lorca?
«Lo ha spiegato bene lui, è un fuoco come quello biblico che brucia e non si consuma, è uno stato che si percepisce, c’è chi ce l’ha e chi non ce l’ha, quello che il cristianesimo definisce stato di grazia».
Nuria, come vi siete incontrati lei Luìs Pascal?
«Tra di noi c’è una grande amicizia, ci proteggiamo a vicenda, condividiamo lo stesso segno zodiacale, gemelli. Ci ha presentato un amico che mi ha invitato ad andare a vedere un suo spettacolo. Sono rimasta folgorata, lui era giovanissimo ma ho deciso di affidare a lui la messa in scena di un testo di Fedra che aveva scritto per me un grande poeta spagnolo, ma che era molto breve e non sapevo proprio come fare. E invece grazie a Luìs è stato il più bello spettacolo della mia carriera».
Lei ha anche recitato in ruoli maschili…
«Quando ho fatto Amleto fu uno scandalo, perché era la prima volta che lo faceva una donna. Poi ho fatto la Tempesta e Re Lear. Quest’ultimo è stata un’avventura magnifica, avevo 78 anni e mi sentivo perfetta per quel ruolo, io sul palcoscenico mi sentivo travolta in un’avventura pericolosa, come se ogni volta dovessi fare un’audizione. Mi vide Glenda Jackson che non faceva teatro da trenta anni e fu così colpita che decise di tornare a dirigere per metterlo in scena a Londra. Credo che con questa interpretazione ho superato la differenza di sesso, ero solo una persona, non un uomo, non una donna».
E qual è il ruolo che ha recitato più volte?
«Medea, per ben sette volte: l’ho fatta la prima volta a 19 anni fino a quando ne avevo 70 e in quel ruolo ho anche fatto la regista dirigendo Irene Papas».
Lei per molti anni ha diretto opere liriche…
«Mio marito era un grande appassionato di opera. E a un certo punto mi hanno offerto di dirigere la Madame Butterfly, Sono stata risucchiata dentro un meccanismo che non ho mai sentito mio. Sono stata regista di Carmen, Traviata, Tosca, Rigoletto, Turandot, ma non ero felice, tanto che a un certo punto mi sono ammalata di depressione, e dopo esserne uscita grazie ai farmaci ho detto basta con la lirica».
Lei Nuria ha vissuto i tempi del franchismo. Come lo ha affrontato?
«Io ho avuto due vite, una è terminata 40 anni fa con la fine del franchismo Ho cercato di resistere alla dittatura che si esprimeva anche a libello culturale e durante il regime ho recitato Brecht.. Penso che tutti i nazionalismi sono il cancro della nostra specie».