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martedì 08 luglio 2025
 
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Francesco ai genovesi: "Andate con coraggio per le vie del mondo"

27/05/2017  Si conclude con la messa il viaggio lampo del Pontefice nella città ligure. Ai genovesi Bergoglio chiede di restare saldi nella preghiera per essere forti nell'uscire per le strade, missionari, a costruire insieme il bene comune e la pace

È stata di 12 ore, intensissime, la visita a Genova di papa Francesco. Il tempo di incontrare il mondo del lavoro all’Ilva, e lasciare a operai e impiegati, a disoccupati, imprenditori e sindacati quasi una enciclica sull’occupazione. Di parlare ai consacrati e mettere in guardia dal pericolo dell’autosufficienza, del “prete wikipedia” che ha sempre la risposta a tutto, di denunciare la «tratta delle novizie» che una quindicina di anni fa ha portato tante giovani dai Paesi più poveri verso quelli più ricchi lasciando poi che queste ragazze, capito che quella non era la propria vocazione, rimanessero sole - «alcune hanno trovato lavoro, altre sono finite sul marciapiede». Prega e fa pregare per i cristiani copti colpiti da un altro grave attentato. E poi va dai giovani e li sprona a essere missionari «con la follia della croce e non turisti della vita». Stringe in un abbraccio i piccoli pazienti del Gaslini e le loro famiglie interrogandosi sul perché della sofferenza dei bambini, «una domanda per la quale non ho spiegazioni. Solo guardo il Crocifisso e mi fermo lì». Celebra messa, con oltre 80 mila persone, nel grande slargo di piazza Kennedy.

Non si è risparmiato papa Francesco. Nella città del cardinale Angelo Bagnasco, che ha da poco finito il suo mandato come presidente della Cei, Francesco ha deciso di parlare a braccio, a parte l’omelia, intessendo un dialogo con la città. Città di navigatori e sognatori, città del lavoro. Arrivato nel momento delicatissimo della fine della campagna elettorale, Bergoglio ha lanciato alla città e alla Chiesa la sfida del guardare avanti, del prendere il largo con coraggio, come fece già Colombo proprio da questi lidi. Guardando il porto, emozionato per essere proprio nel luogo dal quale il padre partì per l’Argentina in cerca di fortuna, papa Francesco parla dei migranti e delle morti nel Mediterraneo, parla del coraggio di amare tutti senza condizioni, perché in ciascuno c’è Gesù.

 

La forza ci è data dalla preghiera, ripete nell’omelia che ha concluso la visita genovese. «Una preghiera che non è un modo di stare un po’ in pace con se stessi o trovare qualche armonia interiore; noi preghiamo per portare tutto a Dio, per affidargli il mondo: la preghiera è intercessione». Con la preghiera «gettiamo l’ancora in Dio», per rimanere saldi, per «non farci sommergere da questo “male di vivere”» che ci fa desiderare di «attraccare e spegnere le luci». La preghiera «collega cielo e terra e permette a Dio di entrare nel nostro tempo». E, dunque, ha ripetuto il Papa, la preghiera «non è tranquillità, è carità. È chiedere, cercare, bussare. È mettersi in gioco per intercedere, insistendo assiduamente con Dio gli uni per gli altri».

 

E dopo l’intercessione c’è l’annuncio, c’è la missione alla quale Gesù ci «invia nonostante le nostre mancanze: sa che non saremo mai perfetti e che, se aspettiamo di diventare migliori per evangelizzare, non cominceremo mai».

 

Per Gesù, però, continua il Papa, «è importante che da subito superiamo una grande imperfezione: la chiusura. Perché il Vangelo non può essere rinchiuso e sigillato, perché l’amore di Dio è dinamico e vuole raggiungere tutti».

 

Bisogna annunciare, «missionare», con la parola che aveva “inventato” in mattinata parlando con i giovani, bisogna «uscire da se stessi. Con il Signore non si può stare quieti, accomodati nel proprio mondo o nei ricordi nostalgici del passato; con Lui è vietato cullarsi nelle sicurezze acquisite». Gesù ci vuole in uscita, ci scomoda, ci dice di andare, ma non con la corsa senza senso. «Il cristiano non è un velocista che corre all’impazzata o un conquistatore che deve arrivare prima degli altri. È un pellegrino, un missionario, un “maratoneta speranzoso”: mite ma deciso nel camminare».

 

E i luoghi dell’annuncio «sono le strade del mondo: è soprattutto lì che il Signore attende di essere conosciuto oggi» e conosciuto grazie alla forza del Vangelo.

 

«Come alle origini», ha concluso il Papa, Gesù «desidera che l’annuncio sia portato con la sua forza: non con la forza del mondo, ma con la forza limpida e mite della testimonianza gioiosa. Questo è urgente. Chiediamo al Signore la grazia di non fossilizzarci su questioni non centrali, ma di dedicarci pienamente all’urgenza della missione. Lasciamo ad altri le chiacchiere e le finte discussioni di chi ascolta solo sé stesso, e lavoriamo concretamente per il bene comune e la pace; mettiamoci in gioco con coraggio, convinti che c’è più gioia nel dare che nel ricevere»

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