I rifiuti a Napoli; una storia infinita. In verità tale evenienza non costituisce certo una sorpresa per amministratori ed addetti ai lavori… i rifiuti per strada non sono “l’emergenza”, sono la punta dell’”icerberg” dell’emergenza, l’eccesso filmato e fotografato su tutti i giornali e la conseguenza più visibile di quella che è la reale e più profonda emergenza rifiuti: la carenza di impianti per gestire uno qualunque dei possibili cicli dei rifiuti mai realmente avviato in questi anni.
Ho detto possibili, non ottimali, su questo ancora oggi, in modo alquanto anacronistico per la verità, si accende la disputa politica. Da chi propugna una raccolta differenziata al 100 per cento a chi vorrebbe incenerire tutto. Fino ad oggi tuttavia, nel discutere quale fosse la soluzione migliore, è stata di fatto perseguita la peggiore…in termini di costi, di efficienza, di rispetto dell’ambiente, e forse con il plauso della criminalità organizzata: portare i rifiuti fuori Regione.
Con quale “competenza” parlo di rifiuti? Circa 5 anni fa, nel giugno del 2006, mi fu affidato, dall’allora Presidente del Consiglio Romano Prodi, su proposta del Ministro dell’Ambiente Pecoraro Scanio, il compito di esaminare la situazione di tutte le Regioni per le quali al tempo era stata dichiarata l’emergenza rifiuti (Lazio, Puglia, Calabria e in particolare la Campania).
Fu istituita una Commissione che lavorò a costo zero con professionalità di livello di differente provenienza (legali, tecnici, ambientalisti).
Studiammo le soluzioni adottate in Italia, nelle Regioni e nei Comuni più “virtuosi”, e nei principali Paesi scandagliando tutte le possibili (anche le più avveniristiche) tipologie di impianti e sistemi per il trattamento rifiuti. Nessuna consulenza: ci relazionammo con le nostre ambasciate italiane all’estero ed in particolare con i consulenti scientifici delle nostre rappresentanze all'estero che ci inviarono dettagliati rapporti e relazioni di alto livello tecnico.
Ci rendemmo conto che tutte le soluzioni adottate si basavano in ogni caso su un rapporto più o meno variabile tra raccolta differenziata, termovalorizzatori e discariche. Soluzioni diverse di impianti più complessi, come gassificatori o simili, venivano utilizzate essenzialmente in Giappone e ciò non perché migliori dal punto di vista ambientale, ma per problemi legati alla morfologia di quel territorio. Il territorio appunto... Fermo restando il rispetto delle leggi e dell’ambiente il miglior ciclo dei rifiuti è quello più razionale e sostenibile in dipendenza della morfologia del territorio e degli impianti in esso già esistenti da poter utilizzare ovvero riconvertire alle nuove esigenze.
Quanti impianti c’erano 4 anni fa in Campania? Posizionammo su
una carta geografica gli impianti che fino ad allora erano stati
realizzati o erano in corso di realizzazione e, con sgomento, ci
accorgemmo che per Napoli vi era un solo termovalorizzatore ancora
in costruzione, Acerra, e pochissimi impianti di compostaggio peraltro
di modesta capienza, così come pressoché inesistenti erano gli
impianti di supporto alla raccolta differenziata, allora ferma a circa
il 13 per cento. Come funzionava il “ciclo dei rifiuti”?I rifiuti
indifferenziati venivano per lo più inviati ai 7 impianti di CDR, quelli
che avrebbero dovuto produrre il cosiddetto combustibile da rifiuto, e
venivano trasformati in “ecoballe” e “fos” (frazione organica
stabilizzata); quest’ultima finiva in discarica, mentre le ecoballe
venivano stoccate per essere in futuro incenerite nel termovalorizzatore
di Acerra.
E così, via via “stoccando”, sono sorte le famose montagne di
“ecoballe”, oltre 6.000.000 tonnellate, con ovvi problemi di spazio per
il loro allocamento e di l’ambiente. Ma gli impianti di CDR erano
sovrautilizzati, non c’era tempo per fare una corretta manutenzione ed
ottimizzarne l’utilizzazione; erano stracolmi ed ogni tanto si
bloccavano, lavoravano male e producevano FOS e CDR di cattiva qualità; e
così capitava che i rifiuti indifferenziati restavano a terra per
giorni fornendo le immagini che purtroppo siamo abituati a vedere.
Come liberare le strade dalla “monnezza”? Per sopperire all’emergenza acuta i rifiuti o venivano inviati fuori regione, anche all’estero, o conferiti in discariche campane, molte delle quali ormai sature, oppure in nuove discariche realizzate ad hoc. Tuttavia poiché la raccolta differenziata non decollava anche queste ultime che, con fatica e sfidando il malcontento della gente, erano state realizzate venivano saturate in tempi brevi. In più, poiché mancavano adeguati impianti per il trattamento dell’umido, le discariche erano “sporche” e producevano grandi quantitativi di percolato con ulteriori problemi per il trattamento di tale liquido altamente inquinante.
Facemmo delle proposte. Identificammo il numero e la capienza degli impianti da fare immediatamente, con particolare riferimento agli impianti di compostaggio; fornimmo indicazioni per avviare al più presto la raccolta differenziata avendo coscienza che per portarla a livelli accettabili ci sarebbe voluto del tempo. Di personale disponibile ce n’era in abbondanza; erano stati assunti, infatti, dal 2000 in poi circa 2.500 lavoratori socialmente utili proprio per potenziare la raccolta differenziata nei vari comuni campani; farli lavorare però era tutt’altra faccenda…
La Commissione ambiente del Senato valutò positivamente le proposte, così pure il Governo…..Oggi scopro che nulla di quanto apprezzato è stato fatto. La raccolta differenziata è ancora pressoché bloccata, forse al 19 per cento, con i soliti problemi di trattamento dell’umido che viaggia per altri lidi o, trattato in maniera inefficace, finisce in discarica con costi doppi. Dopo 14 anni siamo ancora all’anno zero.
Che fare? Prioritariamente non arroccarsi in rigidi preconcetti ed asserire che “sono problemi dei napoletani”: sono problemi di tutti gli italiani perché Napoli è Italia e a Napoli la popolazione è in gran parte vittima e non compartecipe delle inefficienze e dell’insana gestione a tutti i livelli condotta. E’ necessaria una sinergia tra Governo, Regione, Provincia e Comune ciascuno per le proprie competenze. I soldi spesi fino ad oggi sono tanti. La soluzione che propongo richiede una quantità di fondi minima ma di immediata disponibilità. Ed in tal senso è necessario in prima battuta l’ausilio del Governo. Senza la certezza dei fondi le ditte e gli operatori del settore, specie nella odierna situazione economica, non saranno disposti neppure a partecipare alle gare di appalto per la costruzione degli impianti in Campania. E’ necessario un piano immediato con tempi certi di realizzazione.
La produzione dei rifiuti di Napoli e paesi limitrofi ammonta a circa 1.700.000 tonnellate all'anno, come smaltirla? C'è
un uirgente fabbisogno di impianti. Mi auguro che il comune di Napoli
raggiunga l’ambizioso obiettivo di una raccolta differenziata spinta
fino al 50 per cento entro la fine del 2012 (ricordo che le più
grandi ed evolute città metropolitane in Italia e in Europa mediamente
non superano il 40 per cento). In tal caso servono impianti di
compostaggio di capienza pari a circa 250.000 tonnellate all'anno e
accordi con il Conai (Consorzio nazionale imballaggi) per il
conferimento delle altre frazioni differenziate (carta, plastica ecc..).
Per la localizzazione degli impianti di compostaggio sembra che siano
utilizzabili le aree dove attualmente sono collocati gli impianti di
tritovagliatura (gli ex CDR oggi denominati STIR); tale ubicazione è
auspicabile perché si supererebbero i problemi legati all’accettazione
degli impianti da parte della popolazione, e si limiterebbero inoltre
tempi e costi per espropri, delimitazione delle aree, impianto cantiere
ecc…
L’avvio dei detti impianti deve essere immediato; ritengo che l’ex
Commissariato rifiuti abbia nel cassetto numerosi progetti già
“pronti”, in ogni caso tenendo conto degli eventuali tempi di
progettazione, di realizzazione e di collaudo tali impianti non potranno
essere disponibili prima di dicembre 2012.
Ma è necessario costruire anche una discarica, con recupero
energetico, che abbia una capienza pari ad almeno 2 milioni di
tonnellate. Su tale punto certamente si incontrano le maggiori
resistenze. Prioritariamente perché ai più la parola “discarica” evoca
immagini da inferno dantesco, è sinonimo di inquinamento, insopportabili
olezzi ed addirittura fonte di sicure malattie; queste non sono
discariche, sono sversatoi mal costruiti ed ancor più mal gestiti. Io
ho visitato alcune discariche in Italia dove gli unici odori
apprezzabili erano quelli provenienti dagli allevamenti vicini,
garantiti da un costante e serio monitoraggio in tutta l’area limitrofa,
con il controllo compartecipato delle comunità locali. Certo se a
chiunque di noi chiedessero di scegliere se avere vicino casa propria un
parco o una discarica nessuno opterebbe per la seconda.
Se però la discarica fosse “pulita”, ben gestita e controllata ed in
più fonte di energia da fruire gratis, se fornisse lavoro ai cittadini,
e con essa si costruissero scuole, strade e biblioteche, per quel
paese, come per altri dove ciò è avvenuto, la discarica potrebbe
divenire una fonte di ricchezza e risultare ben accetta.
Il territorio di Napoli non ha spazi, e tutti quelli disponibili sono
già stati utilizzati. Il sito della discarica va pertanto
necessariamente ubicato in Regione ma in altra provincia. Deve essere
assunta una decisione forte ed inequivocabile e selezionato un
progettista, di chiara fama, che rediga il miglior progetto esecutivo in
funzione del sito scelto. La realizzazione della discarica dovrebbe
opportunamente essere affidata ad un battaglione del genio onde evitare
lungaggini per il bando di gara, conseguire risparmi e limitare i tempi
di esecuzione.
Ho sperimentato l’efficacia di tale soluzione in Sicilia
quando feci realizzare la condotta di adduzione della diga di Rosamarina
ad un battaglione del genio portando finalmente l’acqua a Palermo. Si
può ragionevolmente prevedere che così facendo la discarica possa essere
disponibile a fine 2012. La discarica è comunque necessaria, quale che
sia il livello di raccolta differenziata raggiunto. Durerà tanto più a
lungo quanto maggiore sarà la raccolta differenzaiata e virtuoso il ciclo dei rifiuti.
E’
necessario, poi, costruire una altro termovalorizzatore di potenzialità pari a
circa 400 tonnellate annue. Mi risulta che già da tempo è previsto ed è stato
individuato il sito, Napoli Est. La costruzione di tale impianto
richiede tempi più lunghi rispetto agli altri. La progettazione, la
predisposizione del bando di gara e l’espletamento della stessa
richiedono almeno tre anni. Dunque, se si procede con immediatezza,
l’affidamento dei lavori non potrà avvenire prima di fine 2013.
Considerando all’incirca 5 anni per il completamento , la fase di
collaudo e l’avvio, l’impianto potrà ragionevolmente ritenersi fruibile
non prima del 2019. Il termovalorizzatore è comunque necessario, quale
che sia il livello di raccolta differenziata raggiunto. Ricordiamo che
abbiamo anche milioni di “ecoballe” stoccate da incenerire!
Come
soddisfare le esigenze fino al 2012? La produzione dei rifiuti per
Napoli e dintorni è di 1.700.000 tonnellate annue; se la raccvolta differenzaiata raggiungesse
valori prossimi al 30 per cento i rifiuti indifferenziati ammonterebbero a circa
1.200.000 tonnellate all'anno. Il termovalorizzatore di Acerra, se utilizzato in
via esclusiva per Napoli, può smaltire circa 600 tonnellate annue; le
esistenti discariche limitrofe, con opportuni lavori di ampliamento,
dovrebbero ospitare ulteriori 600.000 tonnellate (mi risulta disponibile, se
pur in percentuale limitata ancora una certa capienza).
Sarà necessario
avere in questa fase la “solidarietà” delle altre Province e delle altre
Regioni; e sono certo che, se la Regione Campania presenterà un piano
affidabile e ragionevole ed avvierà immediatamente la costruzione dei
propri impianti nelle proprie aree, la solidarietà, per tutto il 2011,
non verrà a mancare; e non posso certo immaginare che qualche esponente
di Governo cerchi di inibire tale nobile sentimento senza il quale
non avremmo mai superato le nostre peggiori calamità!
Quanto costa tutto
ciò? Ho fatto due conti. Per gli impianti di compostaggio circa 40
milioni di euro. Per l’ampliamento delle discariche esistenti circa 3
milioni di euro. Per la discarica di nuova realizzazione dai 4 agli 8
milioni di euro. I costi tecnici di progettazione, direzione lavori,
collaudo, predisposizione dei bandi, gare e varie possibili altre spese
…altri…. 9 milioni di euro. Totale 60 milioni di euro. A questi vanno
aggiunti 200 milioni di Euro per il termovalorizzatore da spendere
nell’arco di 8 anni da oggi al 2019 e, dunque, in misura di 25 milioni
di euro l’anno. Servirebbero pertanto oggi, disponibili ed accreditati
in Banca d’Italia, 60 milioni di euro più 25 milioni per i lavori del
termovalorizzatore nel primo anno, con garanzie concrete di successivi
accreditamenti dei 25 milioni l’anno fino al 2019. In tutto 85 milioni
di euro che, nell’odierna situazione finanziaria, sembrano tanti.
Per
rendermi conto ho fatto un paragone con i costi dell’”emergenza rifiuti”
degli ultimi 14 anni. Complessivamente sembra siano stati spesi dai 2
ai 4 miliardi di euro. Possibile? Ho controllato le fonti ufficiali. I
costi per il mantenimento delle sole strutture commissariali sono via
via lievitati nel tempo fino a raggiungere, negli ultimi due anni di
commissariamento, cifre dell’ordine di 50 milioni di euro all'anno; i
costi (ufficiali) di trasporto e di conferimento necessari per smaltire
fuori Regione i rifiuti trattati negli impianti di CDR ammontano a circa
48 milioni di euro all’anno; a questi vanno aggiunti i maggiori costi
di trasferenza e trasporto in discarica sostenuti nei periodi di “fermo”
degli impianti di CDR (+40 per cento circa), i costi di allestimento di siti di
stoccaggio provvisori e di successiva bonifica ambientale, i costi di
gestione dei siti di stoccaggio delle “eco-balle” e quelli per il
conferimento autonomo in impianti privati di compostaggio, per non dire
dei costi igienico-sanitari, ambientali e di tutela dell’ordine pubblico
in generale, gli studi, le consulenze e quant’altro ancora…
Si, è
possibile. Ed allora i miei 85 milioni di euro mi sono sembrati pochi,
troppo pochi se rapportati a tutti quei miliardi già spesi; forse ero
stato un po’ troppo “tirato” come dicono i miei collaboratori quando
parlo di soldi pubblici. E per ciò ho chiesto il parere di una delle
persone più autorevoli e di riconosciuta competenza in campo ambientale,
l’ex ministro dell’ambiente Edo Ronchi, il quale ci ha pensato un
pochino e poi mi ha detto” … forse possiamo farcela pure con qualche
euro di meno…”. L’emergenza rifiuti fino ad oggi non ha risolto il
problema… di certo però ha risolto i problemi di molti.