Il cardinale cammina con il suo assistente per le strade di fango a Borgo Incrociati, il quartiere di Genova dove è morto Antonio Campanella. Si ferma a parlare con residenti e commercianti. Una donna lo avvicina e scoppia in lacrime: “Guardi come ci hanno ridotti”, gli dice. Bagnasco è terreo in viso, gli abiti sporchi di fango, è indignato per la sua città in ginocchio: “Genova reagisce ma non basta”, dice a chi gli chiede come è potuto accadere un simile disastro dopo tanti altri disastri. “Le opere, bisogna fare le opere”.
Bagnasco ha lasciato i lavori del Sinodo per recare conforto alla sua città ferita. Durante il sopralluogo tra Borgo Incrociati e Via Canevari ha ricevuto anche la telefonata da Papa Francesco. Secondo l’arcivescovo di Genova "la gente è più arrabbiata di allora, si sente ancora più abbandonata, rispetto all'alluvione del 2011. ''Le persone con cui ho parlato - aggiunge il porporato - mi hanno raccontato che in tre anni, dall'ultima alluvione, non hanno ricevuto nulla e che nulla è cambiato'". La situazione, semmai, è peggiorata. “La gente si sente abbandonata”, continua a ripetere. Alcuni dei residenti che incontra gli fanno presente che fino ad ora è stato l'unico uomo delle istituzioni a recarsi da loro. Durante l’alluvione il sindaco era a teatro e ha continuato ad assistere alla pièce fino alla fine. Gli altri amministratori non fanno che rimpallarsi le responsabilità tra di loro. "E' un dato di fatto che non fa bene al morale della gente''.
Ai giornalisti che gli chiedono come è stato possibile che a tre anni di distanza si ripetesse l'identico disastro alza il dito contro la burocrazia. Per Bagnasco "servono interventi massicci da parte delle amministrazioni, statali e locali, e tempestivi. E' vergognoso che le burocrazie, di qualsiasi tipo siano, blocchino fondi che ci sono e che sono necessari per risolvere questi problemi o per venire incontro a queste persone che veramente soffrono". Un giornalista gli racconta l'episodio della mancata allerta meteo. "A parte la questione dell'allerta, servono interventi pubblici massicci, tempestivi e certi" risponde il presidente della Cei. "L'altra volta, mi hanno detto, non è stato fatto niente tranne tanto volontariato, che è lodevole ma, per riprendere le attività non è sufficiente. La gente reagisce sempre, con forza, generosità, determinazione e caparbietà ma non bisogna confidare sulle energie spirituali, morali e psicologiche senza fine, bisogna che la città reagisca insieme, e si faccia presente".