Riccardo Milani durante l'intervista con Famiglia Cristiana. Foto di Luca Rolandi. La foto in alto e in copertina è stata scattata dai Vigili del fuoco di Genova e distribuita dall'agenzia di stampa Ansa..
«Sono vivo per miracolo» Riccardo Milani ha 52 e di mestiere fa il giardiniere. Per lavoro su quel ponte maledetto ci sarà passato migliaia di volte. Stamattina avrebbe potuto essere l’ultima. Alle 11.45 era sul viadotto Morandi con il suo furgone per tornare a Genova, proveniente da Ovada, dopo aver visitato sua madre, malata. Conosce molto bene quella strada, ci passa sovente per andare dai suoi clienti correndo da una parte all'altra di Genova. Da Levante a Ponente e da Ponente a Levante, da Est a Ovest e da Ovest a Est: il viadotto Morandi è strategico, unisce le riviere, supera d'un balzo il fiume Polcevera, fa correre persone e merci, anche se ha una storia piena di ombre nere. «Io l'ho attraversato pochi minuti prima del crollo», si sfoga Riccardo Milani. «Ricordo molto bene di aver sorpassato il furgone del supermercato Basko, quello immortalato nelle foto a un passo dal baratro, un paio di chilometri prima, all'altezza dell'uscita Genova-Aeroporto. Tempo di arrivare alla barriera di Genova Ovest e ho sentito mia madre al telefono, l’avevo lasciata alle 11 in Piemonte, proprio perché non sta bene ci sentiamo spesso. Ecco, il ponte è crollato in quel momento» .
Mentre Milani è al telefono con la madre il viadotto collassa, la struttura di sbriciola, prima la carreggiata, poi il pilone. Piove fortissimo, le strade sono allagate, la sopraelevata è piena d’acqua. «Io l'ho imboccata all’uscita dell’Autostrada e nella parte opposta vedo una colonna di macchine che sfrecciano: Polizia, ambulanze, Vigili del fuoco. Non capisco». A quel punto Milani riceve una seconda telefonata, è la vicina di casa. La voce tremante e rotta dal pianto: «Sei vivo? Hai sentito cosa è successo». Milani inizia a tremare e comprende. «Sono un miracolato», ripete a parenti ed amici che lo chiamano. «Sono passato qualche minuto prima che la struttura si sbriciolasse. Ho notato sul ponte pozze d’acqua molto grandi, come spesso capita quando piove. C’erano molte auto e camion ma non le code che si formano quando partono o arrivano i traghetti. Non ho notato nulla di anomalo, pioveva solo fortissimo, come quando si abbattono i temporali estivi. C’era foschia. Devo dire che ogni volta che si passa su quel ponte un certo timore ti assale».
Trema il giardiniere genovese, non trova le parole per descrivere quello che è accaduto alle sue spalle. “Penso all’autista del camion che si è visto crollare il ponte davanti e l’auto che ha preso la direzione Bolzaneto un attimo prima che dietro il mondo crollasse”. Milani schiuma rabbia e pensa a quante volte sul ponte ha visto attraversare colonne di autoarticolati per trasporti speciali. “Dovrebbero uscire a Voltri e fare l’Aurelia, non passare su quel maledetto ponte. Penso anche alle manutenzioni continue, direi perenni». Milani continua a tremare e pensa alla madre che è malata di cuore. «Devo raggiungerla domani mattina. Non so come fare e dove passare per tornare nell’ovadese, è tutto bloccato». La vita è appesa ad un filo per tutti Milani confessa che forse non era ancora la sua ora e pensa alle povere vittime. .