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martedì 05 novembre 2024
 
 

La rivoluzione gentile di padre Arija

30/10/2011  Guatemala, un sacerdote guanelliano, padre Arija, guida a rischio della vita la protesta pacifica contro le attività di una miniera e la deforestazione.

Un filo d'erba, da solo, è fragile e lo strappi facilmente. Ma tanti fili, tutti assieme, hanno la forza di un pugno che non è tanto semplice sradicare dalla terra. Deve aver pensato questo padre Juan Manuel Arija insieme alla sua gente in Nueva Santa Rosa, un villaggio del Guatemala in cui il sacerdote spagnolo, guanelliano, lavora da anni a contatto con i poveri e soprattutto i disabili, per restituire loro una dignità e costruire insieme ad essi un futuro.


     L'ultima, attuale battaglia che padre Juan Manuel sta portando avanti insieme alla gente del posto, è il boicottaggio della miniera d'oro e argento che una compagnia canadese, la Tahoe Resource, società del gruppo Goldcorp, sta cercando di aprire nella zona. Per realizzare l'estrazione dei metalli preziosi si procede a una massiccia deforestazione e si versano nei fiumi e nelle falde acquifere arsenico e cianuro che avvelenano la terra, unica fonte di guadagno di quella povera gente. Un danno ambientale senza precedenti. 

     Il lavoro di estrazione con l'utilizzo di veleni, infatti, consente di separare l'oro e l'argento dalla roccia, col risultato però di mandare in pezzi l'ecosistema. Padre Arija presiede un comitato che ha organizzato la cosiddetta “rivoluzione dei fiori”. Sono cortei pacifici ai quali hanno aderito fino ad oggi molte migliaia di manifestanti, portando ciascuno un fiore davanti al cancello dell'area dove dovrebbe sorgere la miniera. 

     Ma tutto questo disturba, e il guanelliano è il primo a rischiare la pelle per quello che fa. Perchè rappresenta la Chiesa e la Chiesa nel centro America è la sola che alza la voce in difesa dei poveri, l'unico baluardo contro il malaffare. Per questo lo hanno minacciato di morte già più di una volta. Padre Juan Manuel dice: “Non ho paura. Dio provvederà".

     Come si può intuire, gli interessi economici sono tanti e in tanti hanno da guadagnare da questo “affare” perpetrato sulla pelle di chi, purtroppo, non ha voce. E tutto nel silenzio assordante delle istituzioni e del mondo occidentale, indifferente al destino degli olvidados, i dimenticati della terra.

     Ma forse qualcosa si muove. Nei mesi scorsi c'è stata una consultazione pubblica contro la miniera alla quale ha votato il 98% della popolazione. Un piccolo segnale di speranza in una terra dove la legalità è un fiore dal profumo sconosciuto, dove la vita umana vale tanto poco da potersi comprare con un po' di denaro. In modo pacifico, con una rivoluzione gentile, la gente del luogo ha chiesto di non violentare la terra. Ed è il giovane pugno d'erba che cresce, la speranza che non declina.

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