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Figli d'arte
 

Gerry e figlio, show per due

24/02/2015  Nel programma sui record il papà conduce in studio, mentre Edoardo fa l'inviato dagli Usa e dalla Cina

Dopo trent’anni di professione è difficile parlare di emozioni alla vigilia di una prima Tv. «O meglio, ci sono anche adrenalina e responsabilità. Tre ingredienti che fanno il mestiere». Raggiungiamo Gerry Scotti il giorno prima del debutto su Canale 5 della seconda edizione, da lui condotta, dello Show dei record.

E da buon padre di famiglia, o “zio d’Italia”, ci tiene subito a dare qualche rassicurazione. «Lo rifaccio perché mi diverte, appassiona, incuriosisce e, per certi versi, spaventa e allontana. È un genere che mi piace per tutto quello che sono curiosità, stranezze, capacità fisiche, prove di abilità. Poi c’è una parte... orrida che piace molto ai più piccoli e che io trovo un po’ raccapricciante, come sollevare 100 chili con la lingua. Ma voglio rassicurarvi: quando una cosa mi fa schifo si capisce dalla faccia. D’altra parte, c’è da dire che la nostra società ci ha abituati alle eccellenze.

Viviamo sotto l’egida del record, ma di qualcun altro. Vogliamo allora accettare, tollerare o, talvolta, addirittura ammirare che in diverse parti del mondo c’è qualcuno che si è inventato un buon motivo per eccellere? Che sia stare sott’acqua per minuti, farsi crescere a dismisura la barba o le unghie? Anche perché spesso sono curiosità che nascono da un lunghissimo allenamento anche di 12 mesi, per 12 ore al giorno. O, talvolta, da una necessità: come quel signore della mia stazza che si butta di pancia nella piscina dei neonati. Lui faceva l’assicuratore, quando poi ha perso il lavoro si è chiesto cosa sapesse fare e si è ricordato che per far ridere i figli faceva proprio questo e oggi gira il mondo. Io non so se sia uno che va imitato, di certo va rispettato nella sua stranezza».

Uno show che deve parte del successo alla sua origine “cartacea”, il libro Guinness World Records che Gerry regalò al figlio Edoardo quand’era piccino e che, oggi, ironia della sorte, o meglio, volontà del regista Roberto Cenci, conducono insieme. «Non è un passaggio di scettro. Cenci gli ha chiesto se voleva fare l’inviato speciale dall’America e dalla Cina e lui ha accettato con l’entusiasmo e la leggerezza di un ragazzo di 22 anni. Sapendo poi che, studiava regia, serviva anche che coordinasse le telecamere. All’improvviso si è ritrovato un lavoro di responsabilità perché ci sono situazioni dove deve essere “buona la prima”».

Sei forte papà

  

E buona la prima è stata. Con Edoardo che apre i collegamenti chiamandolo papà, «e io che lo chiamo figlio. Funziona così anche quando ci sentiamo per telefono. Ho cercato di non fargliela pesare troppo perché come padre e “datore di lavoro” sono un po’ pedante, fastidioso. Voglio, invece, che viva la sua leggerezza. Lui è molto più aperto di me».

Eppure per gli amici ci sono mille somiglianze tra i due, ma Gerry storce il naso: «Primo: è molto più bello perché somiglia alla madre. Poi ha più personalità di me alla sua età, è volitivo e testardo. Forse io, ma questo è un problema generazionale, ero più “affamato”: per i ragazzi oggi ci sono mamma e papà». Anche se Edoardo ha scelto di studiare cinema a Los Angeles, «dimostrandomi di farcela da solo. Io l’ho aiutato economicamente, ma certo non è stato un grande sforzo. Niente a che vedere con quello che ha fatto mio padre operaio per me quando lavorava anche di notte per farmi laureare. Sin da bambino ho cercato di passargli il suo Dna e quello di mio nonno contadino, quello che non poteva prendere da me che venivo riverito ovunque andassi. Ma la vita non è fatta di “prego signor Scotti” ed Edoardo lo sa e si dà molto da fare. Io gli ho insegnato il rispetto per gli altri, la fatica e il lavoro. A vivere la ricchezza non come agio, ma ringraziando il Signore ogni giorno che ti alzi se puoi fare un po’ meno fatica. Lui non ha avuto la fortuna di crescere come me nella “modalità oratorio”: una scuola di vita di biliardino, calcetto e calci nel sedere. Così ho cercato di trasferirgliela essendo burbero, ma senza esagerare perché è figlio unico e per quello che è successo tra me e mia moglie». Quando Gerry divorzia, il rapporto con Edoardo cambia, «diventando, se vuoi, un legame più forte perché avevamo meno tempo per raccontarci. Ho cercato di non farglielo pesare anche perché era già difficile e doloroso non essere più una famiglia. Così nel tempo a disposizione ho provato a fargli vivere con leggerezza tutto, dal cinema, alla televisione, al Milan».
Cose che, ancora adesso, a distanza di anni fanno insieme. «E oggi sapere che, ovunque vada, posso incontrarmi con mio figlio come con un amico mi fa stare bene».

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