In queste settimane vediamo Gerry Scotti impegnato su Canale 5 con il programma Little big show, in cui bambini dai 4 ai 12 anni mettono in scena le loro speciali abilità. C’è il ragazzino che sa tutto sugli insetti, quello piccolino che riconosce tutti i modelli delle macchinine. Con i bambini il conduttore ha già avuto a che fare altre volte, per esempio nel talent Io canto. «Con loro», dichiara, «mi sento uno zio, anzi, ora che ho 60 anni più un nonno. Verso i bambini ho un atteggiamento di rispetto, cerco di lasciare intatta la loro spontaneità, di conservare lo stupore reciproco. Trasmissioni come queste hanno successo, e infatti abbiamo previsto altre 4 o 6 puntate, perché i bambini divertono e commuovono».
Dopo 27 anni di televisione e un numero sterminato di programmi, come fa a trovare sempre nuovi stimoli? «Un programma mi deve attrarre come un bambino: se mi diverto, mi sorprendo, allora è come un gioco». E infatti Gerry Scotti sembra perfettamente a suo agio in trasmissione, con l’aria dell’amico della porta accanto. «Come mi ha insegnato Mike Bongiorno, non devi fare il saputello. Non voglio dimostrare che ne so di più di quelli che ho davanti, anzi, scelgo di mettermi un gradino sotto di loro».
Un consiglio per i giovani che vogliono seguire le sue orme? «In televisione hai una certa responsabilità. A volte i giovani vogliono tutto e subito, e se vengono dal mondo del Web noto che hanno un repertorio linguistico limitato. E invece credo che sia fondamentale la preparazione nella lingua italiana. Quindi il primo consiglio è di studiare per essere pronti alla svolta della vita, che spesso poi accade per caso come è successo a me. Mentre studiavo Giurisprudenza andavo in una piccola radio a mettere in ordine i dischi. Una mattina non si presentò il conduttore e mi proposero di andare in onda. E in effetti scoprii di saperlo fare. Mi chiamarono presto in altre radio più importanti e nel frattempo trovai anche un buon lavoro in un’agenzia pubblicitaria. Pensavo addirittura di appendere il microfono al chiodo quando arrivò la telefonata di Claudio Cecchetto che stava fondando Radio Deejay e voleva che la mia fosse la sua voce ufficiale. Diedi un calcio alle mie sicurezze, con gran dispiacere dei miei genitori, che quasi non mi parlarono per un anno, e mi lanciai in quella nuova avventura».
«Avremmo pensato a lei per dare la voce a un cane». Con queste parole la Eagles Pictures aveva interpellato Gerry Scotti per proporgli il doppiaggio del film Qua la zampa!. «Ero in un periodo di lavoro frenetico», ricorda il popolare conduttore, «e temevo che fosse la solita comparsata che si chiede agli artisti noti per dare lustro a un film. Poi ho letto il copione e ho capito che la storia era commovente e di qualità. E ho detto sì, anche se per due ore di film ho dovuto rimanere venti ore in sala di doppiaggio». Il risultato è davvero efficace. Gerry Scotti è un cane più che credibile, tenero, affezionato, a volte spaventato, intrepido, curioso. Il film, diretto da Lasse Hallström (il regista di Hachiko), è tratto dal libro Dalla parte di Bailey (in Italia edito da Giunti), scritto da W. Bruce Cameron e che negli Stati Uniti è stato un caso editoriale, in testa per settimane alle classifiche. È la storia di un cucciolo che viene adottato da un bambino nel 1961, vive a fianco del suo padrone fino a quando non parte per il college e poi, alla fine della sua vita, si ritrova reincarnato in un altro cucciolo, di un’altra razza, fino a quando, quattro vite dopo, ai giorni nostri, ritrova il suo primo padrone, ormai invecchiato. E scopre qual è lo scopo di un cane: amare e rispettare quelli che lo circondano senza chiedere nulla in cambio.
«Trovo che sia un messaggio stupendo, quasi francescano», commenta Gerry Scotti. Anche se aveva già avuto esperienza di doppiaggio nel film Toy Story, non deve essere stato facilissimo far parlare un cane: «In realtà io do la voce ai pensieri dei vari cani. La difficoltà era nel riuscire a essere spiritoso ma anche commovente, come per esempio nei passaggi in cui il cane sta per morire. In questo mi ha aiutato la mia esperienza diretta con i cani. Quando ero piccolo, i miei genitori non avevano voluto prendermene uno. Vivevamo in appartamento, ma loro erano di origine contadina ed erano abituati ad avere gli animali liberi. Da adulto ho avuto due bassotti, poi una coppia di scatenati Jack Russell e ora in casa ci sono Muffin, una meticcia, e Cookie, un cocker».Tra le tante trasmissioni condotte da Gerry Scotti non mancano quelle dedicate agli animali, come Stelle a quattro zampe, una sorta di Oscar dei cani in cui sfilavano i più belli, i più simpatici, i più abili.
Per anni Scotti è stata una voce e un conduttore di trasmissioni giovanili, come Smile, Candid Camera, Festivalbar. Ma la Tv lo aspettava al varco. «Mi chiamò Fatma Ruffini, già allora un mito: “Hai mai pensato di fare televisione?”, esordì. E mi propose di subentrare a Raimondo Vianello alla conduzione del quiz “Il gioco dei nove”. Io allora snobbavo quel genere di trasmissioni che mi sembravano destinate a tramontare. Finii per accettare, per scoprire grazie ai tanti programmi a cui rimango legato, come Passaparola e Chi vuol essere milionario?, che il quiz era destinato a godere di una nuova stagione».