Israele,
dal nostro inviato
Lungo la Via Dolorosa
nella città vecchia di Gerusalemme avanzano lentamente i ramoscelli
di ulivo nelle mani dei pellegrini e i mitra stretti nelle mani dei
militari. E’ protetta e scortata la Via Crucis del centinaio di
pellegrini invitati dall’Opera Romana Pellegrinaggi al Cammino
Internazionale di Pace Giovanni Paolo II.
Annullata la marcia di
preghiera da Betlemme a Gerusalemme, la giornata è cominciata con un
momento di preghiera a Betlemme. Poi i pellegrini sono arrivati a
Gerusalemme, da dove è partita la Via Crucis fino alla Basilica del
Santo Sepolcro. Il Cammino è quindi divenuto “accorata
preghiera”per la pace.
La Via Crucis si è svolta
senza problemi in una città vecchia animata, con le botteghe aperte
e il passaggio di altri gruppi di pellegrini. Ma tutti hanno
rispettato in silenzio il momento della preghiera. “E’ stato
proprio come ai tempi di Gesù, con la gente che passava, nella
confusione della vita di ogni giorno”, commenta monsignor Liberio
Andreatta, vice presidente e amministratore delegato dell’Opera
Romana Pellegrinaggi. “Nella Bibbia”, spiega Andreatta, “è
usata 366 volte l’espressione ‘non abbiate paura’ e questo è
il messaggio che noi vogliamo mandare oggi da Gerusalemme con il
nostro pellegrinaggio, anche in un momento difficile come questo.
Dove non arriva la ragione arrivano le gambe e i cuori dei
pellegrini”.
Anche il padre francescano
Ibrahim Faltas, egiziano, da 12 anni a Gerusalemme, ha partecipato
alla Via Crucis. “Noi cristiani”, dice, “siamo sempre di meno,
ormai a Gerusalemme siamo rimasti in 8.000, ma la nostra presenza
qui è importante come mediatori di pace. In questo momento
israeliani e palestinesi non si parlano, non ci sono negoziati,
perciò devono essere aiutati a dialogare. Noi, nel nostro piccolo,
ci proviamo, ma deve impegnarsi soprattutto la comunità
internazionale perché da soli israeliani e palestinesi non ce la
fanno”.
La situazione in città è
relativamente tranquilla, ma c’è tensione dopo il sanguinoso
assalto di martedì alla sinagoga di Har Nof. Tuttavia nella città
vecchia non si segnalano incidenti ed è sempre presente un robusto
apparato di sicurezza. Nel cielo sopra la città sono visibili alcuni
palloni dotati di telecamere, che tengono sotto controllo Gerusalemme
dall’alto. Ieri il primo ministro Benjamin Netanyahu ha visitato la
centrale di controllo di questo apparato di sicurezza, ospitata nel
municipio di Gerusalemme.
Sul piano politico, in
Israele si è acceso un dibattito tra “falchi” e “colombe”.
In questo scontro è rimasto impigliato anche Yoram Cohen, il capo
dello Shin Bet, l’agenzia di intelligence per gli affari interni di
Israele. Nelle ore successive all’attentato di martedì, mentre il
premier Netanyahu lanciava accuse contro Abu Mazen, presidente
dell’Autorità palestinese, il capo dello Shin Bet dichiarava
davanti a una commissione parlamentare che Abu Mazen non è un
sostenitore del terrorismo e merita fiducia. Il vice ministro dei
trasporti, Tzipi Hotolevy, ha chiesto le dimissioni di Cohen. A sua
volta un membro del parlamento ha detto al vice ministro che deve
essere lei a dimettersi.