Antefatto: Gessica Notaro, la ragazza sfregiata con l’acido, partecipa a Ballando con le stelle. È diventata un simbolo della violenza contro le donne e quanto ha subito entra con lei nella trasmissione, per il solo fatto che lei ci sia. Poche parole sparse, qualche allusione, e qualche gesto oggettivamente inelegante dal sen fuggito hanno, però, suscitato la reazione dagli avvocati dell’ex fidanzato di lei, condannato in primo grado per stalking e lesioni in due diversi processi. Con una lettera (pubblicata dal Resto del Carlino e letta nell’ultima puntata della trasmissione) hanno chiesto in sostanza alla Notaro di non fare commistione tra spettacolo e vicenda processuale, non ancora conclusa perché fino alla Cassazione le sentenze non sono definitive. C’è stato un botta e risposta, diventato ormai pubblico, tra gli avvocati e la ragazza, in mezzo, convitati di pietra della situazione, ci sono la Rai, il ministero della Giustizia, i giudici della gara di ballo e, si presume malgrado loro, i futuri giudici della Corte d’Appello che dovrà decidere del processo di secondo grado che ancora non è iniziato. È probabile che il braccio di ferro continui, ma qualcosa si può già dire.

 

Se anche Gessica Notaro decidesse di continuare a ballare, senza dare più voce ai suoi timori e alla sua testimonianza contro la violenza alle donne, il suo volto parlerebbe per lei. Impossibile nascondere gli effetti di un’aggressione che mira a distruggere connotati e identità, che deliberatamente vuole privare la persona di immagine e dignità: chi ferisce al volto lo fa perché l’effetto non si possa nascondere, se l’aggressione colpisce una persona che già fa parte del mondo dello spettacolo – Gessica aveva partecipato a Miss Italia, faceva anche la cantante – è inverosibile pensare che anche l’effetto dell’aggressione non diventi pubblico.

Il coraggio di Gessica, la forza della sua testimonianza stanno proprio nell’aver deciso di non nascondersi, ma di tornare a mostrarsi a volto scoperto con la benda sull’occhio sfregiato. Solo recludendosi Gessica potrebbe evitare di attirare l’attenzione su quanto le è accaduto e invece Gessica, giustamente, si è ripresa la sua vita, non si è lasciata rubare la sua libertà e vuole che si veda, perché altre donne in pericolo sappiano riconoscere i segnali prima che sia tardi.

Chi oggi le chiede di evitare in trasmissione riferimenti all'aggressione subita (gli avvocati dell’accusato, condannato a 10 e 8 anni in primo grado per lesioni e stalking, ma presunto innocente come tutti fino a sentenza definitiva), per non spettacolarizzare una vicenda che è ancora in corso di processo, certo fa il proprio lavoro, ma non tiene conto del fatto che nessuna aggressione è più pubblica dello sfregio. Né del fatto che stiamo parlando - in un Paese stracarico di discutibili processi mediatici colmi di pseudo prove cui molti avvocati non disdegnano di partecipare - di una trasmissione di puro intrattenimento, in cui si gareggia nel ballo, ma non si fa cronaca: semplicemente ci sono le persone con la storia che hanno, Gessica Notaro con la propria, di cui l’aggressione purtroppo fa, con ogni evidenza, parte.

Anche se Gessica ballasse soltanto, se anche non parlasse, resterebbe il suo volto a esprimere il non detto. Mostrarsi, parlare, esprimersi, dare voce alla sua sofferenza rientra nei diritti fondamentali che nessuno può comprimere, finché le cose che dice restano nei confini della legge. Se la sua testimonianza può servire ad altre donne, nell’aiutarle a prevenire crimini come quello che ha colpito lei, questo è un valore aggiunto, che anche nell’intrattenimento del servizio pubblico può trovare cittadinanza, anche se sarebbe meglio evitare cadute di stile che qualche volta sono sfuggite.

Quanto al merito dell’invito a non mischiare spettacolo e vicenda processuale nel timore che questo possa generare un «coinvolgimento emotivo pubblico e un naturale influenzamento giudiziario», cioè condizionare il processo vero, la preoccupazione potrebbe, forse, avere una ragion d’essere se i processi da iniziare fossero di competenza della Corte d'Assise in cui ci sono anche giudici popolari, ma non è questo il caso. Davvero crediamo che una Corte d’Appello che sarà composta, a tempo debito, soltanto di giudici professionali, con anni di anzianità alle spalle, in un processo prevalentemente celebrato sugli atti e sulle carte qual è quello di secondo grado, non abbia l'indipendenza sufficiente a difendersi dal condizionamento di  “Ballando con le stelle” e dei suoi "giudici"? Suvvia.