La voce di Ghislaine da decenni
entrava nelle case di milioni di africani. Immancabilmente
accompagnata da Claude. Insieme sono
rientrati
anche la mattina del 5
novembre in Francia i
loro corpi.
Ghislaine Dupont (51
anni) e Claude Verlon (58
anni) sono i due giornalisti
di Radio France
International
rapiti e uccisi sabato
2 novembre a Kidal, nel Nord
del Mali, all'uscita dell'abitazione di Ambery Ag Rissa,
rappresentante del gruppo separatista tuareg MNLA, che avevano
intervistato. Ad attendere le bare, oltre ai familiari, il presidente
François Hollande e i colleghi di RFI.
Prima del decollo del volo dalla
base francese in Mali, la
sera prima,
si era tenuta una sobria cerimonia di commiato alla presenza
dell'ambasciatore francese in Mali e del presidente maliano Ibrahim
Boubacar Keïta,
che ha ha decorato i due giornalisti uccisi con l'Ordine nazionale al
merito. Messaggi di cordoglio sono giunti dal presidente della Costa
d'Avorio Alassane Ouattara, da quello del Burkina Faso Blaise
Compaoré, dall'ex segretario generale dell'Unione Africana, il
togolese Edem Kodjo, e da altri politici africani che avevano
conosciuto bene Ghislaine.
Intanto, cinque sospetti sono stati
fermati e trasferiti nella base di Gao dalle forze speciali francesi:
non si tratterebbe dei diretti colpevoli, ma di persone in grado di
identificare i quattro rapitori. Secondo RFI, nel veicolo rinvenuto
accanto ai due giornalisti uccisi sarebbero state trovate delle carte
da cui si risalirebbe a un jihadista.
L'ondata di emozione si sta
propagando non solo in Francia, ma forse ancor più in tutta l'Africa
francofona. Sul sito di RFI e un po' ovunque sui social network, sono
centinaia i messaggi che continuano a testimoniare quanto Ghislaine
fosse conosciuta, stimata e amata.
«Sono
morti per la verità».
«Chi
non ricorda la sua voce convinta e convincente sui nostri transistor
ovunque in Africa: nelle città, nei villaggi, nella campagne come
nelle foreste e in brousse!
Ha fatto il suo lavoro, qualcosa in cui credeva fortemente!».
Bisogna infatti ricordare che in Africa la radio è da sempre il
mezzo privilegiato per la diffusione delle notizie, specie laddove le
tv e i computer sono ancora un bene di lusso e la stampa cartacea non
ha strumenti per la diffusione e la vendita.
E mentre le salme dei due reporter
sono state omaggiate dai giornalisti maliani, si moltiplicano i
messaggi di giornalisti africani, che parlano di lei come della
“nostra Gigi”: «Da noi
li avevano espulsi, altrove gli hanno sparato. Sono indignato e mi
vergogno di essere africano»
commenta amaro un giornalista congolese.
Ghislaine Dupont da bambina aveva
vissuto alcuni anni in Africa. Aveva iniziato la professione
scrivendo per Ouest-France
e
Témoignage
Chrétien,
era poi approdata a
RFI nel 1986 e dal 1990 aveva coperto tutte le crisi africane,
dall'Angola alla Sierra Leone, dal Rwanda al Sudan, dall'Algeria alla
Costa d'Avorio, dove aveva scoperto l'esistenza di fosse comuni. Ma
era alla Repubblica Democratica del Congo che si era consacrata per
ben dieci anni, a partire dal 1997, dove tra l'altro aveva
contribuito alla nascita di Radio Okapi (ora una delle voci più
autorevoli e seguite nel Paese),
formando i giovani giornalisti congolesi che vi lavorano.
Nel 2006 fu
espulsa dal governo di Kabila, tra il primo e il secondo turno delle
elezioni presidenziali (le prime che si tenevano nel Paese
dopo 50 anni).
Con lei operava il giornalista e
tecnico del suono Claude Verlon, abilissimo e scrupoloso nel suo
mestiere, che aveva lavorato in luoghi come la Libia, l'Iraq e
l'Afghanistan ed era stato varie volte in Mali, l'ultima in agosto
proprio insieme a Ghislaine. E con lei ha condiviso la barbara morte.
Nella foto di copertina (Reuters) i poster dei due inviati davanti alla sede di RFI.