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martedì 22 aprile 2025
 
Scuola
 

Giannini: "A scuola libertà di scelta per le famiglie"

30/04/2014  "Si tratta di scegliere con decisione il modello europeo", dice il ministro della Pubblica Istruzione, "cioè la libertà di scelta educativa per le famiglie e gli studenti. Serve un modello integrato". L'intervista nel numero di Famiglia Cristiana ora in edicola e in parrocchia.

Il ministro Giannini (foto Bonaventura/Contrasto).
Il ministro Giannini (foto Bonaventura/Contrasto).

Ci sarà anche il ministro dell’Istruzione all’incontro del mondo della scuola con papa Francesco. «Ci sarò», spiega Stefania Giannini, «perché era da molti anni che in Italia non ci si mobilitava per la scuola, se non per protestare. Inoltre questo Papa, con i suoi gesti e le sue parole, ha la grande capacità di dare speranza e fiducia».

Lucchese, 53 anni, sposata, due figli studenti universitari, Stefania Giannini viene dalla carriera accademica. Docente di Glottologia e Linguistica («conosco molto bene latino e greco, ho studiato sanscrito e armeno, avrei voluto studiare anche aramaico ed ebraico»), già rettore dell’Università per stranieri di Perugia, oggi Stefania Giannini è senatrice, segretario di Scelta civica e ministro. Seduta dietro la scrivania che fu di Benedetto Croce, presenta così la sua visione della scuola: «La vedo come quel mondo che si affianca alla famiglia per primo e con maggiore continuità. La scuola deve dare agli studenti conoscenze che, attraverso un metodo, diventino anche competenze utili per la vita».

Ministro Giannini, questa sarà la volta buona per rimettere finalmente la scuola al centro della politica?

«Partire dalla scuola non è stato un caso per il Governo Renzi. È uno slancio coraggioso per ridare centralità ai protagonisti del mondo della scuola, che sono gli studenti, ma in particolare gli insegnanti. Perciò, posso assicurare che non mi sento un ministro con una responsabilità accessoria, ma primaria».

La scuola italiana ha avuto molte riforme, avremo anche una riforma targata Giannini?

«Non è una mia ambizione e non credo che oggi l’Italia ne abbia bisogno. C’è bisogno, piuttosto, di attuare al meglio quello che esiste e di semplificare, perché in questo ministero c’è una profonda sedimentazione burocratica, legislativa e regolamentare».

Oggi la professione dell’insegnante è considerata di “serie B”...

«Non è giusto. Ma, purtroppo, è una professione che sta perdendo dignità sociale. È una specie di ammortizzatore sociale, un lavoro che magari ne integra un altro, che dà sicurezza, con orari poco gravosi, ma non offre alcuna gratificazione personale. Girando nelle scuole ho visto che la quasi totalità degli insegnanti sono donne. Sia chiaro, non è un dato negativo, ma un indicatore sociale, però mi chiedo perché».

E che risposta si è data?

«Constato che mentre le maestre sono quasi al cento per cento donne, nelle università le donne sono il 47 per cento delle ricercatrici, il 14 per cento dei docenti ordinari, il 2-3 per cento dei rettori. Io la parità di genere la concepisco bilateralmente. Se un mestiere è bello, gratificante e socialmente utile deve attirare indistintamente uomini e donne. È evidente che nella scuola non è così».

Come intende valorizzare e gratificare chi fa questo mestiere?

«Premiando il merito e restituendo autorevolezza. Il merito va premiato utilizzando precisi strumenti di valutazione del lavoro, gratificando chi si impegna, ovviamente garantendo un tetto minimo a tutti. Purtroppo, oggi nella scuola la carriera va avanti solo per vecchiaia e lo stipendio ha una sua dignità solo dopo 25 o 30 anni di servizio».

I soldi si troveranno?

«Se vogliamo ridare centralità alla scuola, dobbiamo fare scelte politiche coerenti. Va benissimo lo sblocco del patto di stabilità, ottimo il recupero dei fondi per l’edilizia scolastica, ma è chiaro che servono altre risorse».

Teme lo scontro con il sindacato?

«Prima di cercare avversari, aspetto di confrontarmi. Comunque, mi stupirei se i sindacati volessero ostacolare un processo che darà più soldi agli insegnanti che lo meritano».

Il divario fra Nord e Sud è forte anche nella scuola?

«I test di valutazione internazionale, purtroppo, hanno rilevato un divario notevole fra il Nord e il Sud, dove resta diffuso il problema della dispersione scolastica. Servono interventi più significativi al Sud e anche nelle zone più interne del Paese, lontane dalle città e dalle grandi vie di comunicazione. Per queste zone abbiamo un progetto da circa un centinaio di milioni di euro».

Le lingue fin dalle elementari?

«Sì, esistono già programmi sperimentali, ma ci vuole un insegnamento diffuso. Ogni genitore dovrebbe mettere nello zainetto dei propri figli, per il loro ingresso nella vita adulta, la perfetta conoscenza di una lingua straniera».

Libro di carta o e-book?

«Libro di carta ed e-book».

Come gestire il rapporto fra scuola pubblica e paritaria?

«Vanno superate vecchie incrostazioni ideologiche. Si tratta di scegliere con decisione il modello europeo, cioè la libertà di scelta educativa per le famiglie e gli studenti. Serve un modello integrato, dove un bene pubblico, come l’istruzione, può essere gestito da soggetti diversi. E lo Stato deve vigilare che questa gestione dia risultati validi».

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