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lunedì 14 ottobre 2024
 
 

La prima Pasqua di papa Francesco

31/03/2013  Lungo giro del Pontefice tra la folla sull'auto scoperta. Francesco ha abbracciato e baciato moltissimi bambini e disabili. Circa 300 mila fedeli in piazza San Pietro.

È un inno alla pace e alla speranza il primo Messaggio pasquale Urbi et orbi di papa Francesco. «Gesù è risorto, c’è speranza per te, non sei più sotto il dominio del peccato, del male! Ha vinto l’amore, ha vinto la misericordia. Sempre vince la misericordia di Dio», dice affacciato dalla Loggia ai circa 300mila fedeli giunti dai Paesi più diversi e a quanti sono collegati in mondovisione. «Che cosa significa che Gesù è risorto? », spiega il Papa: «Significa che l’amore di Dio è più forte del male e della stessa morte; significa che l’amore di Dio può trasformare la nostra vita, far fiorire quelle zone di deserto che ci sono nel nostro cuore». L’invito è a diventare strumenti della misericordia di Dio, «canali attraverso i quali Dio possa irrigare la terra, custodire tutto il creato e far fiorire la giustizia e la pace».

Il riferimento è a situazioni concrete. Il Papa invoca pace «per il Medio Oriente, in particolare tra Israeliani e Palestinesi, che faticano a trovare la strada della concordia affinché riprendano con coraggio e disponibilità i negoziati per porre fine a un conflitto che dura ormai da troppo tempo»; pace in «Iraq, perché cessi definitivamente ogni violenza»; pace, «soprattutto, per l’amata Siria, per la sua popolazione ferita dal conflitto e per i numerosi profughi, che attendono aiuto e consolazione»; pace per l’Africa, per il Mali affinché ritrovi unità e stabilità, per la Nigeria, dove purtroppo non cessano gli attentati», per «l’est della Repubblica Democratica del Congo e nella Repubblica Centroafricana, dove in molti sono costretti a lasciare le proprie case e vivono ancora nella paura». E ancora pace «in Asia, soprattutto nella penisola coreana».

E, infine, «pace a tutto il mondo, ancora così diviso dall’avidità di chi cerca facili guadagni, ferito dall’egoismo che minaccia la vita umana e la famiglia, egoismo che continua la tratta di persone, la tratta delle persone è proprio la schiavitù più estesa in questo ventunesimo secolo. Pace a tutto il mondo, dilaniato dalla violenza legata al narcotraffico e dallo sfruttamento iniquo delle risorse naturali». E mentre il Papa invoca pace per la terra dilaniata dalle violenze, invita però ancora, di nuovo, a ricordarsi dell’amore di Dio. Lo dice con le parole del salmo 117: «Rendete grazie al Signore perché è buono, perché il suo amore è per sempre».

Poi il saluto di Buona Pasqua, solo in italiano. «Rinnovo il mio augurio: Buona Pasqua! Portate nelle vostre famiglie e nei vostri Paesi il messaggio di gioia, di speranza e di pace che ogni anno, in questo giorno, si rinnova con forza».

Il rito del Resurrexit, con l’apertura dell’icona del Risorto, aveva avviato, in mattinata, la celebrazione della messa di Pasqua. I narcisi e i lilium arrivati dall’Olanda hanno tinto di giallo e di bianco la scalinata che porta all’altare. E poi fiori ovunque, in un tripudio di colori che ha reso ancora più allegra la piazza e la festa. Papa Francesco ha asperto la folla mentre i fedeli sventolavano i loro striscioni.  Intanto, qualche ora prima, il Papa aveva ricordato il messaggio della veglia pasquale twittando dal suo account: «Accetta Gesù Risorto nella tua vita. Anche se sei stato lontano, fa un piccolo passo verso di Lui: ti sta aspettando a braccia aperte».



                                                                                                             Annachiara Valle

Messaggio Urbi et Orbi
di papa Francesco
Domenica di Pasqua
31 marzo 2013

Cari fratelli e sorelle di Roma e del mondo intero, buona Pasqua! 
Che grande gioia per me potervi dare questo annuncio: Cristo è risorto! Vorrei che giungesse in ogni casa, in ogni famiglia, specialmente dove c’è più sofferenza, negli ospedali, nelle carceri…Soprattutto vorrei che giungesse a tutti i cuori, perché è lì che Dio vuole seminare questa Buona Notizia: Gesù è risorto, c’è speranza per te, non sei più sotto il dominio del peccato, del male! Ha vinto l’amore, ha vinto la misericordia! Sempre vince la misericordia di Dio. Anche noi, come le donne discepole di Gesù, che andarono al sepolcro e lo trovarono vuoto, possiamo domandarci che senso abbia questo avvenimento (cfr Lc 24,4). 

Che cosa significa che Gesù è risorto? Significa che l’amore di Dio è più forte del male e della stessa morte; significa che l’amore di Dio può trasformare la nostra vita, far fiorire quelle zone di deserto che ci sono nel nostro cuore. Questo può farlo l'amore di Dio.Questo stesso amore per cui il Figlio di Dio si è fatto uomo ed è andato fino in fondo nella via dell’umiltà e del dono di sé, fino agli inferi, all’abisso della separazione da Dio, questo stesso amore misericordioso ha inondato di luce il corpo morto di Gesù e lo ha trasfigurato, lo ha fatto passare nella vita eterna. Gesù non è tornato alla vita di prima, alla vita terrena, ma è entrato nella vita gloriosa di Dio e ci è entrato con la nostra umanità, ci ha aperto ad un futuro di speranza.

Ecco che cos’è la Pasqua: è l’esodo, il passaggio dell’uomo dalla schiavitù del peccato, del male alla libertà dell’amore, del bene. Perché Dio è vita, solo vita, e la sua gloria, siamo noi, è l’uomo vivente (cfr Ireneo, Adversus haereses, 4,20,5-7).Cari fratelli e sorelle, Cristo è morto e risorto una volta per sempre e per tutti, ma la forza della Risurrezione, questo passaggio dalla schiavitù del male alla libertà del bene, deve attuarsi in ogni tempo, negli spazi concreti della nostra esistenza, nella nostra vita di ogni giorno. Quanti deserti, anche oggi, l’essere umano deve attraversare! Soprattutto il deserto che c’è dentro di lui, quando manca l’amore per Dio e per il prossimo, quando manca la consapevolezza di essere custode di tutto ciò che il Creatore ci ha donato e ci dona. Ma la misericordia di Dio può far fiorire anche la terra più arida, può ridare vita alle ossa inaridite (cfr Ez 37,1-14).

Allora, ecco l’invito che rivolgo a tutti: accogliamo la grazia della Risurrezione di Cristo! Lasciamoci rinnovare dalla misericordia di Dio, lasciamoci amare da Gesù, lasciamo che la potenza del suo amore trasformi anche la nostra vita; e diventiamo strumenti di questa misericordia, canali attraverso i quali Dio possa irrigare la terra, custodire tutto il creato e far fiorire la giustizia e la pace.E così domandiamo a Gesù risorto, che trasforma la morte in vita, di mutare l’odio in amore, la vendetta in perdono, la guerra in pace. Sì, Cristo è la nostra pace e attraverso di Lui imploriamo pace per il mondo intero.

Pace per il Medio Oriente, in particolare tra Israeliani e Palestinesi, che faticano a trovare la strada della concordia, affinché riprendano con coraggio e disponibilità i negoziati per porre fine a un conflitto che dura ormai da troppo tempo. Pace in Iraq, perché cessi definitivamente ogni violenza, e, soprattutto, per l’amata Siria, per la sua popolazione ferita dal conflitto e per i numerosi profughi, che attendono aiuto e consolazione. Quanto sangue è stato versato! E quante sofferenze dovranno essere ancora inflitte prima che si riesca a trovare una soluzione politica alla crisi? Pace per l’Africa, ancora teatro di sanguinosi conflitti. In Mali, affinché ritrovi unità e stabilità; e in Nigeria, dove purtroppo non cessano gli attentati, che minacciano gravemente la vita di tanti innocenti, e dove non poche persone, anche bambini, sono tenuti in ostaggio da gruppi terroristici.

Pace nell’Est della Repubblica Democratica del Congo e nella Repubblica Centroafricana, dove in molti sono costretti a lasciare le proprie case e vivono ancora nella paura. Pace in Asia, soprattutto nella Penisola coreana, perché si superino le divergenze e maturi un rinnovato spirito di riconciliazione.Pace a tutto il mondo, ancora così diviso dall’avidità di chi cerca facili guadagni, ferito dall’egoismo che minaccia la vita umana e la famiglia, egoismo che continua la tratta di persone, la schiavitù più estesa in questo ventunesimo secolo (...) Pace a tutto il mondo, dilaniato dalla violenza legata al narcotraffico e dallo sfruttamento iniquo delle risorse naturali! Pace a questa nostra Terra! Gesù risorto porti conforto a chi è vittima delle calamità naturali e ci renda custodi responsabili del creato.

Cari fratelli e sorelle, a tutti voi che mi ascoltate da Roma e da ogni parte del mondo, rivolgo l’invito del Salmo: «Rendete grazie al Signore perché è buono, / perché il suo amore è per sempre. / Dica Israele: / “Il suo amore è per sempre”» (Sal 117,1-2).Cari fratelli e sorelle giunti da ogni parte del mondo in questa piazza, cuore della cristianità, e tutti voi che siete collegati attraverso i mezzi di comunicazione, rinnovo il mio augurio: Buona Pasqua! Portate nelle vostre famiglie e nei vostri Paesi il messaggio di gioia, di speranza e di pace che ogni anno, in questo giorno, si rinnova con forza: il Signore risorto, vincitore del peccato e della morte, sia di sostegno a tutti, specie ai più deboli e bisognosi. Grazie per la vostra presenza e per la testimonianza della vostra fede. Un pensiero è un grazie particolare per il dono dei bellissimi fiori che provengono dai Paesi Bassi. A tutti ripeto con affetto: Cristo risorto guidi tutti voi e l’intera umanità su sentieri di giustizia, di amore e di pace.

Gran parte delle comunità cattoliche presenti in Israele, Territori Palestinesi, Giordania e Cipro in questi giorni non hanno celebrato le liturgie della Settimana Santa; lo faranno la prima settimana di maggio (la Pasqua sarà domenica 5), secondo il calendario giuliano seguito dalle comunità ortodosse.

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Abbiamo deciso di adeguarci al calendario giuliano e non viceversa – spiega il vescovo William Shomali, Vicario patriarcale del Patriarcato latino di Gerusalemme -, prima di tutto come atto di umiltà. Il Giovedì Santo è il giorno nel quale Gesù ha lavato i piedi dei suoi discepoli. Era il più grande ma ha voluto inginocchiarsi e lavare loro i piedi. L'umiltà è la virtù che conviene ai grandi. I più forti fanno concessioni ai più deboli. Ma c'è anche una ragione pragmatica: la maggioranza dei cristiani del Medio Oriente sono ortodossi e seguono, appunto, il calendario giuliano. In Egitto, per esempio, il 96% della comunità cristiana è copto-ortodossa. Non è una scelta del tutto nuova – l'unificazione c'è già in Giordania, Palestina, Cipro, e in una parte di Israele -, la novità sta nel fatto che abbiamo voluto comprendere in questa decisione  tutte le parrocchie cattoliche della Terra Santa, anche per non creare ulteriori divisioni”.

L'unificazione delle date delle festività pasquali in quest'area rappresenta un'applicazione della direttiva emanata il 15 ottobre 2012 dall'Assemblea dei vescovi ordinari cattolici della Terra Santa, dopo che aveva chiesto l'autorizzazione alla Santa Sede. “Eravamo sicuri che sarebbe arrivata una risposta positiva – riprende il vescovo Shomali – ma, poiché una parte dei maroniti preferiva rimanere al rito gregoriano, abbiamo fatto ricorso a una clausola del diritto canonico che autorizza ogni ordinario a prendere per conto suo questo tipo di decisione. In questo modo, i maroniti non si sono sentiti obbligati ad adeguarsi”.

Gerusalemme e Betlemme sono rimaste escluse dall'unificazione, in queste due città i riti pasquali sono già iniziati come da calendario gregoriano, sia per rispettare i vincoli imposti nella Città Santa dal sistema dello “Status quo” (che regola la convivenza tra le diverse Chiese cristiane nei Luoghi Santi, sia per tener conto dell'afflusso di pellegrini che da tutto il mondo arrivano proprio a Gerusalemme e Betlemme per celebrare la Pasqua). Anche la comunità di lavoratori stranieri di Tel Aviv ha scelto di mantenere il rito gregoriano, così da poter usufruire dei giorni di ferie in coincidenza con la Pasqua ebraica. L'adozione della data di Pasqua secondo il calendario giuliano è una sorta di esperimento per quest'anno e l''anno prossimo il problema non si porrà.

“Nel 2014, infatti, - continua mons. Shomali - il calendario giuliano e quello gregoriano coincideranno e tutta la cristianità celebrerà la Pasqua in comune. Siamo, però, desiderosi che le diverse Chiese cristiane si accordino per il 2015 (per allora, infatti, la disposizione per l'unificazione della data di Pasqua dovrà essere confermata o ricalibrata in accordo con le indicazioni che verranno dalla Santa Sede), per stabilire definitivamente le feste pasquali scegliendo una domenica di aprile. Preghiamo perché papa Francesco metta questa decisione al vertice delle sue priorità. L'unificazione fa sì che membri della stessa famiglia o dello stesso villaggio, che appartengono a realtà ecclesiali diverse, possono celebrare negli stessi giorni la passione, la morte e la resurrezione di Gesù Cristo. E' importante per le famiglie che possono stare insieme, ma è anche una testimonianza di unità che diamo ai nostri vicini non cristiani”. Vicini con i quali voi dialogate costantemente.

“Qui noi cristiani siamo ponte fra le altre due religioni presenti, gli ebrei e i musulmani. Questo dialogo interreligioso è importante perché una delle componenti del conflitto che dilania la Terra Santa è ideologica, con uno sfondo religioso. Noi cristiani siamo chiamati a dire la verità e a difendere la giustizia, così possiamo contribuire al processo di pace. Il Signore nel salmo 122 ci chiede di pregare per la pace a Gerusalemme. E noi lo facciamo; anche se siamo pochi, la nostra forza oltrepassa il nostro numero; la nostra preghiera è moderata e convincente e può arrivare in tutto il mondo, grazie all'aiuto del Signore”.

Romina Gobbo

A guardare bene la continuità con Paolo VI non sta solo in quell’anello che Francesco porta al dito frutto del calco che Montini non fece mai fondere perché aveva deciso di tenere al dito l’anello del Concilio Vaticano II. Tra il Papa bresciano e quello argentino corre l’idea di una Chiesa inclusiva, che apre le braccia all’umanità, che non guarda con sospetto al mondo contemporaneo, che vuole snellire i riti e le liturgie per fare più spazio alla Parola. Corre l’idea della fede come fonte di felicità. «Non siate donne e uomini tristi», ha esortato papa Francesco nell’omelia per la domenica delle palme. E ai suoi sacerdoti, il giovedì santo, nella messa crismale ha ricordato che «il buon sacerdote si riconosce da come viene unto il suo popolo; questa è una prova chiara.


Quando la nostra gente viene unta con olio di gioia lo si nota: per esempio, quando esce dalla Messa con il volto di chi ha ricevuto una buona notizia». Della felicità non ha mai smesso di parlare anche Paolo VI. Con gesto anche allora fuori dall’ordinario, papa Montini scelse, nel 1964, di celebrare la sua prima Pasqua da Pontefice con i fedeli della parrocchia romana di Santa Maria dell’Olivo, alla borgata Settecamini. Ce lo ricorda padre Leonardo Sapienza, reggente della casa Pontificia e curatore di un bel volume pubblicato dalle edizioni Viverein: La felicità della Pasqua nella dottrina di Paolo VI. Nell’omelia di quella messa del 1964, sottolinea monsignor Sapienza, Paolo VI spiegò così la motivazione di quella scelta: «condividere con i fedeli la letizia, la felicità della Pasqua».

In tutti i successivi messaggi per la Pasqua, torna in Paolo VI lo stesso riferimento alla gioia: «Il cristianesimo, lo ripetiamo», sottolineava papa Montini utilizzando il plurale maiestatis come si usava allora, «non è facile, ma è felice». In ogni Pasqua Paolo VI ricordava il messaggio centrale della Resurrezione: «l’annuncio della gioia». Un annuncio rivolto a tutti: «A voi, uomini amici», diceva Montini, «che sulle soglie della Chiesa piena di canto e di gaudio osservate con meraviglia e con qualche diffidenza la nostra festa, l’invito cortese e profondo: “venite e vedete”; forse l’esperienza della nostra vita religiosa, oggi vi può essere argomento di luce. A voi che soffrite e che sperimentate la fatica del vivere rivolgiamo con la voce di Cristo risorto lo stesso invito, ma a voi più specifico, più penetrante: “venite, voi tutti che siete affaticati e oppressi e troverete consolazione”».

Negli anni più difficili del suo Pontificato Paolo VI non smette di annunciare la gioia: «La gioia è il vero retaggio del cristiano», ripete Paolo VI nel 1968 e «La felicità della Pasqua» è il titolo che mette sul manoscritto per la sua ultima Pasqua, quella del 1978. Da pochi giorni la scorta di Aldo Moro è stata trucidata e il presidente democristiano, stretto amico del Papa, è nelle mani dei brigatisti. Il Papa non manca di ricordarlo, ma al contempo continua a esortare e a sperare. A far giungere a tutti, «Figli e fratelli, l’augurio pasquale: che con la certezza della fede, voi possiate sperimentare il gaudio che le è proprio».

                                                                                                                Annachiara Valle














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