Lo spettacolo teatrale Il bell’Antonio, tratto dal romanzo di Vitaliano Brancati, che debutta al teatro Manzoni di Milano il 9 gennaio 2014, è l’occasione per incontrare Andrea Giordana, attore di cinema, Tv e teatro che interpreta Alfio, un padre catanese nella Sicilia della dominazione fascista, alla prese con il figlio Antonio, ruolo interpretato proprio dal suo vero figlio Luchino. Un’occasione per padre e figlio di misurasi insieme, nel sessantesimo anniversario della morte di Brancati, in parti difficili create da un autore spesso ritenuto scomodo e controcorrente.
Il romanzo, noto anche per la riduzione cinematografica di Mauro Bolognini del 1960 con Marcello Mastroianni, è stato adattato per il teatro da Antonia Brancati, figlia dello scrittore e dell’attrice, recentemente scomparsa, Anna Proclemer, con la collaborazione dell’attrice siciliana Simona Celi, così da conservare anche l’ambientazione originale del romanzo.
Andrea e Luchino, che non lavorano insieme per la prima volta, avendo già interpretato Otello con la regia di Giancarlo Sepe e Il Leone d’inverno insieme a Rossella Falk, si ritrovano ora in scena così da attribuire maggior complicità e veridicità alle rispettive parti, come emerge nella conversazione a due voci con loro.
Racconta Luchino: «guardare in faccia una persona e dirgli “papà” quando è il tuo vero padre ti aiuta a calarti nel ruolo. Inoltre il teatro è un percorso di vita e, poiché la tournée ti obbliga a stare con altre persone, mi offre l’opportunità di avere mio padre come compagno di viaggio e di lavoro, così da vivere ancora con lui, dato che solitamente vivo con mia moglie. Inoltre non è mai paternalistico, come molti attori con i loro figli d’arte, ma mi ascolta sempre molto».
Aggiunge Andrea: «Io e mio figlio ci definiamo attori di cuore, oggi in Italia quando uno è sensibile sembra che sbagli poiché la nostra società impone che le emozioni debbano essere congelate, invece noi due siamo generosi emotivamente e ci piace rappresentare personaggi non freddi ma che esprimano sentimenti propri dell’essere umano; mio figlio Luchino, con il personaggio di Antonio, sta facendo un ottimo lavoro, anche se non sta a me dirlo. Mentre io reputo che il dialogo con i propri figli sia fondamentale anche al giorno d’oggi, il nucleo dello spettacolo è proprio l’incomunicabilità tra padre e figlio in una società come quella siciliana in cui il figlio maschio doveva incarnare lo stereotipo del conquistatore e nessuno ascolta invece i suoi problemi sentimentali. Lo zio è l’unica persona comprensiva a cui Antonio, nel secondo atto, si mostra in tutta la sua fragilità, impensabile per gli uomini siciliani dell’epoca».
Non c’è nulla di pruriginoso o di scabroso nel testo – prosegue Luchino –
la presunta impotenza del personaggio di Antonio non è fisiologica, ma
simbolica, è una incapacità di amare, prodotta dall’istintivo disgusto
per la società retrograda che lo circonda. Antonio non si interessa di
politica e di rivoluzioni, vive le inquietudini nel suo intimo e il suo
modo di protestare è di astenersi dall’amore; anche gli altri personaggi
del romanzo sono tutti perdenti e minati nel profondo dall’oppressione
delle convenzioni della società da cui non riescono a liberarsi».
«Il romanzo Il bell’Antonio, che è il secondo più letto in Europa dopo
Il Gattopardo, - conclude Andrea - è ricco, pieno di sfumature e di
ironia, conserva il profumo della Sicilia durante il fascismo, mostrando
anche un affresco della storia dell’epoca, e i personaggi sono a tutto
tondo con una loro parabola interiore da raccontare, sono ruoli
contrastanti che offrono molte frecce all’attore.
Ma quando Luchino ha deciso di intraprendere la carriera di attore,
frequentando la scuola dello Stabile di Genova, quale è stata la
reazione di suo padre? «Mio padre mi disse è un mestiere che non avrebbe
consigliato al suo peggior nemico, poiché ci sono momenti di
disoccupazione in cui si aspetta invano che il telefono squilli; mi
ricordo che mio nonno, che era attore anche lui, diceva a mio padre: “il
vero lavoro di questo lavoro è cercare lavoro”. I mie genitori,
tuttavia, mi hanno sostenuto: mio padre mi ha trasmesso il senso della
professionalità, della fatica dell’essere disponibili, del conquistarsi
le soddisfazioni passo passo, mi ha suggerito tanti piccoli accorgimenti
anche osservandolo in scena, mentre mia madre, che è psicanalista, mi
ha insegnato, per esempio, a studiare le sfaccettature dei personaggi».
Andrea Giordana, protagonista di film e fiction, si dedica ora
prevalentemente al teatro, ma rimane un osservatore attento del cinema e
della televisione di oggi: «Il cinema ha un vizio di fondo: raramente
supera le soglie del provincialismo, anche se una parte di
responsabilità è dello Stato che non lo finanzia, costringendolo a
diventa troppo sfacciatamente commerciale. Mentre il problema della tv è
che, a causa dell’involuzione culturale del pubblico, i prodotti
rischiano spesso di essere nazionalpopolari, mentre dovrebbero offrire
qualcosa di più impegnativo, come quando si proponevano riduzioni di
romanzi, come il mio sceneggiato sul Conte di Montecristo. Mi piacerebbe
che oggi le nuove fiction, anche se con sceneggiature originali e non
solo tratte da romanzi come accadeva in passato, potessero avere dei
contenuti in grado di elevare culturalmente lo spettatore».
Dove & Quando
I L B E L L’ A N T O N I O da Vitaliano Brancati, riduzione teatrale
di Antonia Brancati e Simona Celi. Con Andrea Giordana, Giancarlo
Zanetti, Luchino Giordana, Elena Calligari, Simona Celi, Michele De
Marchi, Natale Russo, Alessandro Romano, Giorgia Visani. Regia di
Giancarlo Sepe. Scene di Carlo De Marino. Produzione Lux Teatro.
Dal 9 al 26 gennaio 2014 al Teatro Manzoni di Milano. Info: Teatro
Manzoni in Via Manzoni, 42 Milano, tel. 02 763 6901, www.teatromanzoni.it