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mercoledì 06 novembre 2024
 
Referendum del 22 ottobre
 

Giorgia Meloni: «L'autonomia va bene, ma non è questo il metodo»

20/10/2017  La leader di Fratelli d’Italia si schiera contro la consultazione: «Obiettivo poco chiaro, chi sostiene il sì sogna l’indipendenza»

Con la Lega sono alleati ma Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, vede come fumo negli occhi il referendum autonomista in programma il 22 ottobre in Lombardia e Veneto e fortemente voluto da Roberto Maroni. «C’è grande confusione», dice, «i promotori hanno detto cose molto diverse tra loro: Maroni dice che l’obiettivo è far restare una parte del residuo fiscale alla Lombardia e altri hanno appeso le bandiere della Catalogna sul Pirellone affermando addirittura che questo referendum è il primo passo verso l’indipendenza».

Meloni, invece, sostiene che non c’è contraddizione tra uno Stato unitario forte e coeso e i princìpi federalisti: «Il problema», spiega, «non è tanto il referendum o seguire l’iter previsto dalla Costituzione ma ragionare su una revisione complessiva del Titolo V anziché fare un referendum che può dare più forza al governatore di turno nel momento in cui va a negoziare con il Governo centrale». E aggiunge: «Non sono contraria a percorsi di maggiore autonomia, ma al posto dell’iniziativa di una o due Regioni preferirei una revisione complessiva degli assetti istituzionali che preveda un rafforzamento del Governo centrale e maggiore autonomia per tutte le Regioni, altrimenti se è la mossa di due Regioni, sembra fatta contro qualcuno». La leader di Fratelli d’Italia rilancia la storica battaglia della destra italiana: «L’unità nazionale», dice, «non va messa in discussione. La condizione per avere un maggiore federalismo in Italia è avere un presidenzialismo: Stato centrale autorevole, Governo in grado di governare, che se sbaglia va a casa e ha un rapporto diretto con i cittadini. A quel punto i due pesi bilanciano. Una cosa fatta dicendo: noi ci teniamo i nostri soldi e degli altri non ce ne importa nulla rischia di generare un’ulteriore disgregazione dell’idea di Stato e nazione in un momento in cui l’Italia è già molto debole agli occhi dei suoi cittadini». Meloni lo dice chiaro e tondo: «In questo momento storico, vale per l’Italia e anche per la Catalogna, la disgregazione conviene al nemico. Lo Stato nazionale è l’entità minima necessaria per difendere i diritti dei cittadini dallo strapotere dei loro nemici: la grande finanza internazionale, i tecnocrati europei, la Bce, gli speculatori finanziari e tutti quei burattinai che hanno bisogno di distruggere lo Stato. Non è un caso che il finanziere George Soros, che qualcuno chiama filantropo, abbia finanziato i movimenti per la libertà della Catalogna. Io faccio gli interessi dei popoli».

Il referendum lombardo-veneto, pur distante anni luce da quel che accade in Catalogna, per Meloni è un campanello d’allarme da non sottovalutare: «Mi chiedo: nei confronti dell’Europa è più forte lo Stato unitario o una Regione? Oggi Bruxelles chiede sovranità ai cittadini ma coloro ai quali noi cediamo sovranità non li scegliamo noi e non si capisce bene chi siano. Bisogna fare attenzione».

(Foto in alto: Ansa)

 

 
 
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