Un’ora e dieci di discorso interrotto da 87 applausi. E anche le opposizioni si alzano battendo le mani quando Giorgia Meloni giura lotta alla mafia e alla corruzione. È un programma a tutto campo quello che la prima donna a guidare la presidenza del Consiglio legge alla Camera e poi consegna al Senato. Ringrazia Sergio Mattarella e «i suoi preziosi consigli», il predecessore Mario Draghi per la sua disponibilità per un passaggio di consegne veloce e sereno con il nuovo governo anche se, ironia della sorte, «quel governo era guidato dall’unico partito all’opposizione». Ringrazia le donne che, con il loro impegno, hanno consentito di costruire quella scala che lei ha salito per arrivare a guidare, oggi, il Governo.
Ricorda le promesse elettorali e le declina in modo pragmatico: rassicura l’Ucraina spiegando che «non baratteremo la sua libertà con la nostra tranquillità». Parla di giovani e di occupazione, respingendo il reddito di cittadinanza ma dicendosi pronta, citando papa Francesco, di garantire la dignità del lavoro a chi è in grado di avere un’occupazione.
Ripete che vuole rendere l’Italia migliore anche a costo di provvedimenti impopolari e a costo di non essree più votata. Perché quello che conta è come sarà l’Italia tra dieci anni e non le prossime elezioni. «Non useremo il voto degli italiani per sostituire il sistema di potere con un altro contrapposto».
«Sono la prima donna incaricata come premier, provengo da un'area culturale che è stata spesso confinata ai margini della Repubblica, e non sono certo arrivata fin qui fra le braccia di un contesto familiare e di amicizie influenti. Rappresento ciò che gli inglesi chiamerebbero l'underdog. Lo sfavorito, che per affermarsi deve stravolgere tutti i pronostici. Intendo farlo ancora, stravolgere i pronostici, con l'aiuto di una valida squadra di ministri, con la fiducia e il lavoro di chi voterà favorevolmente, e con gli spunti che arriveranno dalle critiche di coloro che voteranno contro». Non rinnega l’area culturale da cui provenire, ma dice chiaramente di voler vigilare contro il razzismo, l’antisemitismo e le discriminazioni e che le leggi razziali sono state il punto più basso della storia italiana. Di voler dare più cittadinanza ai giovani e più spazio al lavoro femminile. Al centro del discorso anche il Sud e l’inaccettabile divario con il Nord, soprattutto nelle infrastrutture. Sull’immigrazione snocciola il suo piano che non è quello, più volte sbandierato in campagna elettorale, di un blocco navale contro la Libia, ma della rimessa in mare dell’operazione Sophia con la creazione di corridoi sicuri e l’emanazione di decreti flussi per un arrivo ordinato nel nostro Paese. Un Paese che, «come l'Amerigo Vespucci, è la nave più bella del mondo». Tra le tante citazioni anche quella di Enrico Mattei per dire che occorre un «piano Mattei per l’Africa», di Benedetto patrono d’Europa, di Giovanni Paolo II che diceva: «Non si deve essere liberi di fare ciò che si vuole, ma liberi di fare ciò che si deve».
Al centro del discorso anche le famiglie e le imprese, la lotta all’evasione, insieme con quella che non chiama «pace fiscale», ma «patto sociale». Promette tassa piatta, riforma della giustizia e della Costituzione in chiave presidenzialista o semipresidenzialista e rassicura: «Un governo di Centrodestra non limiterà mai le libertà di cittadini e imprese.
Braccialetto tricolore al polso difende il made in Italy e la sovranità alimentare, «che non è il divieto di importare l’ananas, ma il diritto di poter dare da mangiare ai propri figli con quello che si produce nel nostro Paese».
E poi aggiunge: «Perché tutti gli obiettivi di crescita possano essere raggiunti, serve una rivoluzione culturale nel rapporto tra Stato e sistema produttivo, che deve essere paritetico e di reciproca fiducia. Chi oggi ha la forza e la volontà di fare impresa in Italia va sostenuto e agevolato, non vessato e guardato con sospetto. Perché la ricchezza la creano le imprese con i loro lavoratori, non lo Stato tramite editto o decreto. E allora il nostro motto sarà 'non disturbare chi vuole fare"».
Tra le tante suggestioni Meloni ricorda il suo ingresso in politica all’indomani della strage di via D’Amelio e la foto di Borsellino al suo ingresso in Parlamento «che ha come chiuso un cerchio».
E, in attesa dell’esito, scontato, del voto di fiducia, la Meloni lascia l’aula di Montecitorio per portare il discorso a palazzo Madama, mentre i suoi sostenitori intonano «Giorgia, Giorgia». Anche se lei aveva avvisato: «Avrò simpatia anche per quanti andranno in piazza a contestarmi».