Quando si
parla di rom, si è tutti bravi a urlare, a chiedere sgomberi e a
confinare. Si dimentica che sono prima di tutto persone,
appena 160 mila, non più nomadi, la metà ragazzini, la metà di
tutti addirittura italiani.
Anche
se magari non ce ne accorgiamo, in Italia molti abitano in casa.
Altri invece vivono confinati nei cosiddetti “campi nomadi” (per
famiglie che da generazioni non sono più nomadi), oppure, spesso per
povertà, nelle baraccopoli ai margini delle nostre città.
Ma i ghetti non sono
solo quelli fisici, sono anche quelli mentali. Secondo
l’Eurobarometro, solo il 7% degli italiani risponde positivamente
alla domanda: “Sei disponibile ad avere amici rom?”. È uno dei
valori più bassi in tutta Europa.
Le ragioni
sono molteplici, ma stampa e politica hanno una responsabilità
decisiva. L’Osservatorio dell’Associazione “21 luglio” ha
recentemente presentato il rapporto “Antiziganismo
2.0”,
secondo il quale ogni giorno in Italia si registrano 1,43
casi di incitamento all’odio e
discriminazione
nei confronti di rom e sinti,
per lo più attraverso dichiarazioni di esponenti
politici diffuse
da giornali, siti web e social network.
Trecentosettanta casi di incitamento all’odio, 482 casi di informazione scorretta
Stereotipi
e pregiudizi verso tali comunità, del resto, sono alimentati da una
media giornaliera di 1,86
episodi di informazione scorretta ad
opera di giornalisti
di
testate locali e nazionali. Spiega l’Associazione: «Ai rom si
associano indistintamente e automaticamente degrado,
incuria,
malvivenza,
pericolosità
sociale,
incapacità
genitoriale,
inadeguatezza
sociale,
rifiuto
consapevole delle regole e
una “genetica”
attitudine alla delinquenza e alla non-integrazione».
Si ripetono pregiudizi assurdi come per esempio che “i rom rubano i
bambini”, dimenticando come una recente ricerca dell’Università
di Verona, finanziata dalla Fondazione Migrantes, abbia
analizzato scientificamente tutti i casi di denuncia nei confronti di
rom come presunti responsabili di sparizioni di bambini, dimostrando
che negli ultimi 25 anni nessuno di questi era fondato.
Dal 1
settembre 2012 al 15 maggio 2013, il monitoraggio dell’Osservatorio
21 luglio, effettuato su circa 140 fonti, ha rilevato 370
casi di incitamento all’odio e discriminazione e
482 casi
di informazione scorretta in
grado di alimentare il cosiddetto antiziganismo,
definito dalla Commissione Europea contro il Razzismo e
l’Intolleranza come «una forma di razzismo particolarmente
persistente, violenta, ricorrente e comune che viene espressa, tra
gli altri, attraverso violenza, discorsi d’odio, sfruttamento,
stigmatizzazione e attraverso le più evidenti forme di
discriminazione».
Ill 59% delle segnalazioni razziste si riferisce a iscritti a un partito di destra o centro-destra
Nei 370
casi analizzati, 281
(il 75%
del totale) sono riconducibili ad esponenti
politici,
58 a
privati
cittadini e
20 a
giornalisti.
I giornalisti
sono rivelati il principale strumento di diffusione (234 casi),
seguiti da siti
internet (51),
Twitter
(23) e
Facebook
(10). Il
titolo “Antiziganismo 2.0” richiama il ruolo dei social network,
che hanno offerto una nuova “bacheca”, ma purtroppo
l’antiziganismo non è un fenomeno nuovo. Fin dall’inizio, alla
presenza di rom in Europa si sono accompagnate ondate di
persecuzione. Non è facile individuare un’altra minoranza – se
non, con ovvie differenze, gli ebrei – che per un periodo tanto
lungo, e in maniera costante, sia stata ovunque colpita da misure
vessatorie caratterizzate da una così acuta violenza e da un tanto
palese disprezzo dei diritti umani.
Dal
rapporto emerge che il 59%
delle segnalazioni si
riferisce a iscritti a un partito
di destra e di centro destra: «In
90 casi,
l’autore di una dichiarazione discriminatoria e incitante all’odio
è stato un esponente della Lega
Nord;
seguono il Popolo
della Libertà (74),
La Destra
(30) e
Forza
Nuova (11).
In 9 casi
l’autore
è stato invece un esponente del Partito
Democratico».
Cosa fare?
L’Associazione 21 luglio ha intrapreso 135
azioni correttive,
tra cui 75 segnalazioni all’Unar
(Ufficio
Nazionale Antidiscriminazioni Razziali), 29 lettere
di diffida,
10 esposti al Consiglio
dell’Ordine dei Giornalisti,
7 segnalazioni all’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti
discriminatori di Polizia di Stato e Carabinieri (Oscad).
Tra i risultati ottenuti, la
chiusura di due blog e
la rettifica
dei
contenuti di un paragrafo della guida
National Geographic su
Roma che criminalizzava indistintamente i rom.
Seppur in
questi casi la via legale debba essere percorsa, certo il problema è
culturale e legato ai “ghetti mentali”. Va affrontato con un
approccio “globale”: «È necessario»,
conclude l’Associazione, «contrastare
questi stereotipi e pregiudizi, alimentati da dichiarazioni di
esponenti politici che intendono parlare alla pancia del proprio
elettorato e da notizie giornalistiche incapaci di approfondimento e
di analisi complessa, attraverso tutte le forme possibili,
istituzionali e governative, attraverso il diritto e la produzione
intellettuale, nella lotta politica e nel lavoro nei territori, nei
media, a scuola e in strada. Si potrebbe cominciare dal linguaggio: i
termini “nomadi” e “zingari” denotano una connotazione
negativa e pertanto non andrebbero più utilizzati, né dai politici
né dai giornalisti».