Contribuisci a mantenere questo sito gratuito

Riusciamo a fornire informazione gratuita grazie alla pubblicità erogata dai nostri partner.
Accettando i consensi richiesti permetti ad i nostri partner di creare un'esperienza personalizzata ed offrirti un miglior servizio.
Avrai comunque la possibilità di revocare il consenso in qualunque momento.

Selezionando 'Accetta tutto', vedrai più spesso annunci su argomenti che ti interessano.
Selezionando 'Accetta solo cookie necessari', vedrai annunci generici non necessariamente attinenti ai tuoi interessi.

logo san paolo
domenica 06 ottobre 2024
 
dossier
 

Giornalisti stranieri, una sentenza per fare il direttore

07/03/2016  Dopo quattro anni di rifiuti, il 7 agosto 2015 è arrivata una vittoria nella lotta contro la discriminazione. Il Tribunale di Roma ha stabilito che anche una giornalista di cittadinanza non-Ue può dirigere un periodico italiano, dando ragione all’Associazione nazionale stampa interculturale (Ansi) e all’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi).

In copertina: la giornalista Domenica Canchano. Dall'agosto scorso può dirigere "Prospettive altre", dopo la sentenza del tribunale.
In copertina: la giornalista Domenica Canchano. Dall'agosto scorso può dirigere "Prospettive altre", dopo la sentenza del tribunale.

Il caso pilota è stato quello di Domenica Canchano, giornalista peruviana da 24 anni in Italia, cresciuta a Genova e iscritta all’Ordine della Liguria. Ora è cronista a Il Secolo XIX, mentre prima ha collaborato con la Repubblica e altre testate.

In passato doveva dirigere Prospettive Altre, testata promossa da Ansi e Cospe, ma nel giugno 2014 il Tribunale di Torino ne aveva rigettato la registrazione: «Esistono attività riservate a chi ha il requisito di cittadinanza. Il direttore responsabile deve essere cittadino italiano», sentenziava in base all’articolo 3 della Legge sulla Stampa del 1948.

Al termine del conflitto mondiale e nel clima della Guerra fredda, infatti, si riteneva che un direttore non italiano potesse manipolare un giornale e arrecare danno alla patria. Adesso i tempi sono cambiati. Dice la segretaria dell’Ansi Paula Baudet Vivanco, nata in Cile e arrivata in Italia negli anni Ottanta con la famiglia: «Non è giusto considerare “irresponsabili” i giornalisti che esercitano da anni quando sono privi di passaporto italiano. Per noi è discriminatorio non poter assumere la direzione di una testata e venire bollati come giornalisti di serie B per l’assenza di un documento che persino l’Ordine non richiede più per l’iscrizione all’Albo».

Effettivamente, il rifiuto risultava clamoroso perché contrastava con un parere del Ministero di Giustizia reso pubblico nel marzo 2014, in cui aveva affermato che la norma contenuta nella legge del 1948 «nella parte in cui richiede che il direttore responsabile di una testata possa essere solo un cittadino italiano, è stata abrogata (per incompatibilità) con il decreto legislativo 286/98», ovvero il Testo unico sull’immigrazione. Anche l’Unar, l’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali della Presidenza del Consiglio, aveva ugualmente definito «discriminatoria» la richiesta già nel settembre 2011, all’interno di una campagna dell’Ansi avviata nel 2010 per contrastare la discriminazione.

Nonostante la sentenza torinese, Domenica Canchano, Ansi e Asgi decidono di non arrendersi e il 13 aprile 2015 presentano un ricorso contro il Ministero di Giustizia e il presidente del Tribunale di Torino. Intanto, a fine giugno, Carta di Roma, ovvero l’associazione che si richiama al codice deontologico per una corretta informazione sull’immigrazione, presenta al Tribunale della Capitale la domanda di registrazione del suo periodico online: come direttrice responsabile è indicata la giornalista di origini peruviane.

Dopo quattro anni di attesa, il giudice finalmente risponde di sì. Dice Domenica: «È arrivato il giorno tanto atteso, uno spartiacque fra il “prima” e il “dopo”. In questo lungo percorso ho avuto la fortuna di conoscere Anwar, Titina, Erika e tanti colleghi con passaporto straniero che lavoravano per testate italiane. E sono sicura che come loro sono molti altri ancora quelli che in questi anni hanno dovuto chiudere in un cassetto le loro ambizioni per quel comma del 1948. Ora potranno registrare una testata con più facilità, evitando di ricorrere alla sola disponibilità dei colleghi italiani (a volte dietro compenso) e affermando semplicemente il diritto alla responsabilità dell’informazione anche da parte dei giornalisti di passaporto straniero».

 
 
Pubblicità
Edicola San Paolo