Nel mondo sono più di 400 milioni i minori che vivono in zone di guerra, più del doppio rispetto alla metà degli anni ’90, mentre anche in Europa il numero di quelli esposti al conflitto è quadruplicato in un solo anno, passando da 2 a 9 milioni, per effetto della guerra in Ucraina. A livello globale, l’impatto delle guerre, insieme a quello dei cambiamenti climatici e delle conseguenze del Covid-19, minacciano direttamente il futuro di quasi 1 bambino su 10, e stanno compromettendo l'accesso all’istruzione di 222 milioni di minori in età scolare. Sono alcuni dei dati riportati da Save th children in occasione della Giornata internazionale dell'infanzia e dell'adolescenza 2023, che ricorre il 20 novembre. In Sudan 6,5 milioni di bambini in sette mesi di conflitto hanno perso l'accesso alla scuola a causa delle violenze e dell'instabilità in cui è caduto il Paese. La stessa situazione che vivono 1,4 milioni di minori nella regione del Sahel. Nel continente africano molto pesante è l'impatto della crisi climatica, che ha già costretto nel 2022 allo sfollamento quasi 2 milioni di bambine e bambini nell'area subsahariana.
Secondo l'analisi dell'organizzazione, più di 17,6 milioni di bambini sono nati o nasceranno soffrendo la fame nel 2023, un quinto in più rispetto a dieci anni fa. Il 95% si trovano in Africa e in Asia. La Repubblica Democratica del Congo e l’Afghanistan tra i Paesi più colpiti: in RDC almeno il 25% della popolazione soffre di fame cronica e circa 1,5 milioni di bambini nasceranno denutriti, il numero più alto nel Paese da quando sono iniziate le registrazioni della FAO nel 2001, a cui si andranno ad aggiungere 6,6 milioni di bambini sotto i cinque anni. L'Afghanistan è uno dei Paesi asiatici con i livelli più elevati di denutrizione.
A questi dati si aggiungono quelli successivi all'escalation di violenza nei Territori palestinesi occupati: solo a Gaza, 2,3 milioni di persone hanno difficoltà ad avere abbastanza cibo a causa dei bombardamenti in corso. E, in base al tasso di natalità nella Striscia rilevato dalle Nazioni Unite, si prevede che quest’anno nasceranno a Gaza più di 66.000 bambini, di cui oltre 15.000 tra il 7 ottobre e la fine del 2023. Senza un cessate il fuoco, la vita di questi bambini sarà compromessa, in bilico dal momento in cui nascono.
«Le decine di conflitti che attualmente infiammano il mondo, da Gaza al Sudan, passando per l’Ucraina, la Siria e lo Yemen, la crescente crisi climatica e alimentare nel Corno d’Africa, in Afghanistan e in Repubblica Democratica del Congo, dimostrano con chiarezza l’incapacità della comunità internazionale di usare tutte le risorse diplomatiche e materiali possibili per salvare i bambini esposti al rischio continuo di perdere la vita, nonostante tutti gli sforzi umanitari sul campo in cui anche Save the Children è impegnata direttamente», afferma Daniela Fatarella, direttrice generale di Save the children. «Abbiamo la responsabilità di garantire a ogni bambino e bambina il diritto alla vita, alla salute e allo sviluppo. Dobbiamo fare ogni sforzo possibile per progredire in questo, e i leader mondiali hanno l’obbligo morale di trasformare le promesse in azioni concrete, mettendo al primo posto i bisogni e i diritti dei minori, ascoltandoli e includendoli anche in una partecipazione attiva nelle decisioni che riguardano il loro presente e il loro futuro».
(Nella foto Reuters: bambini palestinesi in un campo profughi a Khan Younis, Gaza).