«Senza accesso all’acqua pulita e potabile, non c'è igiene. E laddove non c’è igiene si registra, inevitabilmente, un tasso più elevato di malattie. Questa crisi sanitaria, connessa all’emergenza coronavirus, deve indurci a riflettere sulla circostanza che il bisogno di acqua sicura sia, oggi, più che mai essenziale per preservare la salute di tutti noi e che, nei Paesi più poveri, vada considerato al pari della necessità di dissetare e sfamare». Lo ha dichiarato Simone Garroni, direttore generale di Azione contro la Fame, organizzazione internazionale umanitaria, leader nella lotta alla fame e alla malnutrizione, che in questi giorni sta coordinando una serie di interventi in risposta all’emergenza Covid-19 negli oltre 45 Paesi in cui è impegnata.
In occasione della “Giornata mondiale dell'acqua”, con una pandemia che ha già colpito più di 160 Paesi, Azione contro la Fame ritiene più che mai essenziale riconoscere che l’utilizzo di un’acqua pulita, oltre a una “nuova cultura” capace di garantire una igiene adeguata, sia oggi l’unica strada per combattere tutte le epidemie. L'accesso all'acqua sicura è, del resto, un problema che riguarda ancora tante aree del mondo. La malnutrizione, per 1 bambino su 2, è collegata ancora oggi alle “malattie dell’acqua”. Inoltre, il 27% delle malattie nei bambini di età inferiore a 5 anni (polmonite, malaria, diarrea) continua ad essere causato dallo scarso accesso a fonti idriche sicure e all'igiene. Secondo alcuni dati forniti nel 2019, oltre 1,8 miliardi di persone nel mondo bevono acqua da fonti contaminate e sono, dunque, esposte al rischio di contrarre il colera. Va, infatti, ricordato che oltre l'80% delle acque reflue generate a livello globale ritorna nell'ecosistema senza che vengano trattate e, nella maggior parte dei casi, le popolazioni non dispongono delle infrastrutture necessarie per il trattamento delle acque reflue. Sono 3 miliardi, inoltre, le persone che non dispongono di servizi per il lavaggio delle mani con acqua e sapone a casa, per proteggersi dal coronavirus e da altre pandemie.
Diventa, così, importante promuovere, con più decisione, iniziative legate alla condivisione delle regole basiliari in tema di igiene e lavaggio delle mani. Una indagine condotta dall’organizzazione in Pakistan, d’altra parte, lo ha dimostrato: nei bambini con meno di 5 anni di età sottoposti a una educazione al corretto lavaggio delle mani, l’incidenza della polmonite è inferiore del 50%.
È necessario, d’altra parte, promuovere con più forza interventi idrici e igienico-sanitari soprattutto, ricorda Simone Garroni, “laddove si sono verificati catastrofi naturali o sono in corso conflitti, a causa delle concentrazioni di popolazione che rischiano di propagare l’impatto dei virus”. Pertanto, l’installazione di punti di accesso all’acqua, la realizzione di servizi igienici e la distribuzione di kit igienici devono rappresentare, in queste aree, i primi interventi umanitari di emergenza.
Per rispondere all’emergenza “coronavirus”, ad Azione contro la Fame è stato richiesto, nei giorni scorsi, di fornire, nel campo di Azraq, in Giordania, i kit per la pulizia dei servizi igienici. I gruppi di coordinamento impegnati nei settori dell’acqua e dell’igiene hanno invitato tutte le altre ONG a intraprendere azioni preventive, in sinergia con le autorità giordane, per affrontare i rischi della trasmissione del virus nelle comunità più vulnerabili e nei campi profughi, spesso sopraffollati. È proprio il caso di quello di Azraq, che ospita 35.000 rifugiati, e oltre il Medioriente, del campo di Cox’s Bazar, in Bangladesh. Il campo profughi più grande al mondo ospita, infatti, oltre un milione di persone appartenenti alla comunità Rohingya.