«I dati nel 2017 su donazioni e trapianti sono positivi, ma la scarsa o cattiva informazione sono ancora il nostro nemico». Flavia Petrin è energica e determinata. Da poco più di un anno, è presidente nazionale dell’Aido, l’Associazione italiana per la donazione di organi, tessuti e cellule. Alla vigilia della Giornata nazionale, in programma per il 30 settembre e il 1° ottobre prossimi, illustra gli obiettivi e le sfide dell’Associazione che, da circa 45 anni, giunta a oltre un milione e 350 mila soci, si batte affinché la cultura della donazione si diffonda in maniera corretta e possa portare a una scelta che, in concreto, significa donare la vita. Per questo, la campagna di questa edizione ha come sottotitolo “I donatori sono un dono speciale”.
«Nei primi mesi del 2017», sottolinea la presidente, «c’è stato un aumento di trapianti quasi del 12 per cento rispetto al 2016, anno che aveva già fatto segnare il record da sempre, con 3.694 persone che hanno beneficiato del ritorno alla vita grazie a un organo “nuovo”. E sono oltre due milioni, in Italia, le persone che hanno manifestato la volontà di donare: di queste, quasi il 70 per cento è un nostro socio». Un risultato incoraggiante, che non deve far dimenticare quanto lavoro c’è ancora da compiere: «Oltre 9.000 ogni anno sono i pazienti in lista di attesa e circa 500 sono le persone che annualmente muoiono aspettando un organo. Sono drammi umani, personali e famigliari di cui pochissimi parlano. Ma noi non potremo mai rassegnarci a una situazione del genere».
Per far crescere la medicina dei trapianti in Italia, l’Aido – che si basa sull’impegno volontario e gratuito dei suoi volontari – in questi anni ha compiuto un enorme sforzo soprattutto rivolto ai giovani, con «incontri nelle scuole per diffondere il valore della donazione come un dovere morale e sociale di ogni cittadino», ribadisce Petrin, che aggiunge: «Cerchiamo di fare tutto il possibile affinché i cittadini maggiorenni italiani esercitino il diritto-dovere di manifestare la propria volontà, insieme con le Istituzioni civili nell’ambito sociale, sanitario e culturale». Per questo, Aido collabora con il ministero della Salute (attraverso il Centro nazionale trapianti), il ministero della Difesa e quello dell’Università e della Ricerca, oltre che con il vasto mondo della sanità. «Da due anni inoltre, è partita la campagna “Una scelta in comune”, che coinvolge le Amministrazioni comunali, e che prevede di offrire la possibilità di manifestare la propria volontà a tutti i maggiorenni, nel momento del rinnovo o del rilascio della carta di identità».
Scarsa e cattiva informazione sono però le criticità che ancora rimangono e preoccupano: «La difficoltà maggiore è far capire che la donazione viene fatta solo quando la persona è certamente morta. Fanno eccezione i trapianti da vivente, limitati a rene e fegato. A volte stampa, Tv e social diffondono notizie scorrette, perché parlano di “cuore che batte ancora”. Ciò avviene, nonostante la persona sia morta, perché è ancora supportata da un trattamento intensivo che permette di mantenere vitali gli organi». Questo è lo scoglio più difficile da superare, legato anche a particolari stati emotivi. «Oggi, però, le strutture sanitarie mettono a disposizione équipe di professionisti pronti a fornire tutto il sostegno medico e psicologico necessario. Noi proponiamo la manifestazione di volontà in vita per evitare di lasciare questa scelta ai familiari in un momento difficile». Che può essere espressa principalmente tramite Aido, ma anche nei Comuni (solo il 20 per cento attivi a oggi) o le Asl: soltanto attraverso questi tre canali, la scelta viene registrata nel Sistema informativo trapianti».
«Il nostro compito», spiega ancora la presidente, «è continuare a lavorare per dare sempre nuovi e maggiori impulsi alle campagne di sensibilizzazione: dopo la morte, si può ancora donare la vita. A oggi, in Italia vivono circa 45 mila persone trapiantate e la maggior parte di esse è tornata a condurre la stessa esistenza di prima della malattia. Non pensiamo, però, che questo sia un problema di altri: tutti noi potremmo trovarci tra chi attende un trapianto. Oggi, viviamo un bel momento di risveglio delle coscienze e di maggiore sensibilità da parte dei legislatori, del sistema sanitario e degli operatori del sociale. E il sistema del prelievo e del trapianto in Italia è fra i più affidabili e sicuri del mondo. Ma, soprattutto, non dimentichiamo quelle 9.000 persone che, ogni anno, rimangono in lista d’attesa senza una risposta. Sono persone che ci interpellano in modo silenzioso, ma forte. Non possiamo fare finta di non sentire le loro richieste di aiuto».