Tutti hanno giustamente lodato
le imitazioni di Virginia
Raffaele a Sanremo. Ma forse
nemmeno lei sapeva di avere
in casa un temibile concorrente:
Giovanni Caccamo. La sua
discografica Caterina Caselli in questo
momento non c’è e lui si diverte a riprodurne
alla perfezione voce e movenze:
«Forte quella ragazza. Come si
chiama, Barbara? Ah, no: Deborah...».
Allude a Deborah Iurato, con cui
ha cantato Via da qui, piazzandosi
al terzo posto. Un ottimo risultato,
dopo la vittoria dell’anno scorso tra
le Nuove Proposte. E dire che i due,
pur essendo uno di Modica e l’altra di
Ragusa e abitando per molto tempo a
pochi metri di distanza l’uno dall’altra,
si sono incontrati solo due anni
fa a Milano, dove adesso vivono. «Lo
scorso luglio avevo già scritto tutto
il mio nuovo album, quando ricevetti
una telefonata. Era Giuliano Sangiorgi
dei Negramaro: “Ho scritto una
canzone per te. Vieni in Puglia, te la
devo far assolutamente sentire”. Era
Via da qui. Mi è piaciuta tantissimo e
così l’ho incisa. Poi un giorno Deborah
è venuta nello studio di registrazione,
mi ha sentito cantarla al pianoforte e
ha iniziato a unirsi a me. L’emozione
che abbiamo provato è stata talmente
forte che ci è venuta l’idea di proporla
a Sanremo».
Nel tuo nuovo album c’è anche un
duetto con Carmen Consoli in Resta
con me. Com’è andata?
«Mi ha invitato a casa sua a Catania
(imita la sua voce, ndr). “A ‘mmia
stu picciotto mi piaci…”. Così prima,
ad agosto, ho cantato al suo concerto
al Teatro Antico di Taormina e poi lei
mi ha chiesto di cantare una mia canzone
insieme».
Il tuo nuovo album si intitola
Non siamo soli. Cosa vuoi dire? C’entra
il viaggio che hai fatto a Gerusalemme
su invito della Custodia di
Terra Santa?
«L’album prende il titolo da una
canzone che ho scritto proprio a Gerusalemme.
Ero andato lì per un concerto
di benecenza. Dopo aver cantato,
ho visitato una casa d’accoglienza per
anziani e un orfanotrofio per bambini
malformati. Mi sono chiesto come in
queste situazioni di sofferenza e solitudine
sia possibile trovare un senso
alla propria vita. Poi ho alzato gli
occhi e ho visto un cielo così azzurro
che sembrava avvolgermi: è come se
avessi percepito delle mani tese verso
di me. E ho capito che non siamo mai
soli. Basta sforzarsi di trasformare
l’orizzontalità che ci spinge a guardare
solo ciò che abbiamo di fronte in
verticalità: uno sguardo rivolto verso
l’interiorità. Tra l’altro, sono arrivato
a Gerusalemme proprio il 13 maggio,
il giorno dell’anniversario della morte
di mio papà».
Il tuo album contiene anche Lava,
che hai cantato con Malika Ayane e
che fa da colonna sonora al cortometraggio
inserito prima del film d’animazione
Inside out. I protagonisti
sono personaggi che impersonano
altrettanti stati d’animo: rabbia, gioia,
disgusto, paura, tristezza. Quali provi
più spesso?
«Adesso sicuramente gioia. La tristezza
per la morte di mio padre avvenuta
quando avevo 11 anni e per le
tante porte in faccia ricevute è sempre
in agguato. Ma apparteneva più al mio
precedente disco. Questo è molto più
solare, frutto di una fase più illuminata,
spiritualmente e umanamente,
della mia vita. E ho deciso che i primi
otto concerti che farò per presentarlo
saranno aperti solo a chi lo acquisterà.
Il Cd, o la ricevuta dell’acquisto del disco
in digitale, varranno come biglietto
di ingresso. Su iTunes il mio disco
costa 7,99 euro, come due panini. E io ci
tengo a far capire che dietro quei pochi
euro ci sono mesi e mesi di speranze e
di lavoro da parte di tante persone».
Il primo a credere in te è stato
Franco Battiato. Gli scienziati hanno
appena scoperto le onde gravitazionali.
Ma già in La cura lui cantava:
«Supererò le correnti gravitazionali,
lo spazio e la luce per non farti invecchiare...
». Possiamo chiedere un parere
in proposito al tuo maestro?
Caccamo in un secondo si trasforma
in Battiato: «Questi scienziati
sono un po’ in ritardo, devo dire. Io lo
canto da vent’anni. Ma ognuno ha i
suoi tempi. Io sono oltre...».