Novant'anni, due occhi di un blu intenso, una mente lucidissima e ancora tanti progetti. Ecco Giovanni Cottino, ingegnere, imprenditore, filantropo. A partire da metà anni '70 Cottino è stato alla guida di un piccolo impero: le sue aziende producevano componenti per gli elettrodomestici di tutto il mondo. Oggi ha deciso di mettere a disposizione degli altri gran parte del suo patrimonio: ogni anno, attraverso la fondazione che porta il suo nome (insieme a quello della moglie, scomparsa alcuni anni fa), finanzia progetti di ricerca (soprattutto in ambito medico) innovazione e sostegno alla fragilità. La sua esperienza, partita da Torino, è la conferma di come profitto e impegno sociale non siano necessariamente in contrasto. E' una testimonianza di quell'imprenditoria “illuminata” che in Piemonte ha conosciuto molteplici esempi (da Adriano Olivetti a Michele Ferrero, per limitarsi ai nomi più illustri). Il senso di questo impegno? «Lasciare un segno, una traccia, qualcosa di buono che mi sopravviva».
Classe 1927, laurea al Politecnico di Torino nel '50, Cottino inizia la sua carriera come manager. «Torino era una palestra, sempre in fermento. Era certamente meno vivibile di oggi, ma rappresentava il contesto ottimale per chi voleva dar vita a un'azienda». Ed ecco, nel '74 il salto, da manager a imprenditore. Nel '75 nasce la Plaset, specializzata nella produzione di pompe per lavatrici e di ventilatori per cappe e forni. Nel giro di un decennio le società del gruppo diventano tre e riescono a conquistarsi un ruolo di leader sulla scena internazionale. Nel periodo di massima espansione danno lavoro a 1.200 dipendenti, con un fatturato di circa 250 milioni di euro. «Una carriera di questo genere oggi non sarebbe possibile» riflette Cottino, senza nostalgia ma semplicemente con la lucidità dell'analista. «Negli ultimi anni il mercato è cambiato moltissimo e oggi tutto è estremamente più complicato». La globalizzazione impone le sue leggi, a cominciare dalla delocalizzazione degli impianti produttivi. «Quando mi sono accorto che non saremmo più riusciti a tenere il passo, ho venduto le società a una multinazionale statunitense». La cessione si completa nel 1998. Quattro anni più tardi, nel 2002, nasce la Fondazione Giovanni e Annamaria Cottino.
Oggi questa istituzione si impegna a sostenere la formazione, la solidarietà, la ricerca, l'impresa responsabile, in Piemonte e non solo. E' per ora, una realtà di famiglia «ma in futuro prevediamo una compresenza tra membri della famiglia e dipendenti esterni». Il ruolo chiave di vicepresidente spetta a Cristina Di Bari, nipote dell'ingegnere e ispiratrice di molti progetti. A fine maggio la Fondazione ha assegnato il premio Cottino Applico per l'oftalmologia (II edizione). 100.000 euro consentiranno a un professore salernitano, Alfonso Iovieno, di trasformare in impresa la sua ricerca. L'idea consiste in un dispositivo che potrebbe rendere più semplici e sicuri i trapianti corneali. Nell'edizione 2014 il premio era andato alla startup D-Eye, col suo metodo per effettuare esami della retina a distanza, attraverso un comune smartphone. Un progetto del genere potrebbe portare grandi benefici, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, dove le tecnologie biomediche sono quanto mai rare. «Avendo un nipote oftalmologo, mi è parso naturale iniziare da questa branca, ma in futuro il nostro interesse potrebbe estendersi anche ad altri aspetti della ricerca medica».
Non solo. Recentemente, con uno stanziamento di ben 500.000 Euro, la Fondazione ha sostenuto la ristrutturazione di un oratorio salesiano ai piedi della collina torinese, non distante dai luoghi in cui don Bosco iniziò la sua opera. Dove fino a due anni fa c'era solo un tendone, oggi c'è un salone polifunzionale, accogliente e attrezzato al meglio per ospitare attività diverse: doposcuola, sport, musica, teatro, oltre, naturalmente, alle celebrazioni liturgiche e agli incontri di preghiera. Anche l'area intorno, a cominciare dal campo di calcetto, è stata completamente risistemata. Per l'associazione Onda Giovane Salus, che fa della sfida educativa la sua ragion d'essere, poter contare su spazi adeguati è essenziale. «Ho incontrato personalmente i ragazzi dell'oratorio» racconta l'ingegnere. «Vedere la loro gioia e la loro vitalità per me è stato fondamentale. Credo che oggi ci siano molti giovani capaci e motivati. Il problema è che spesso questi talenti non vengono impiegati a dovere e non trovano sbocchi professionali idonei».
E guardando al futuro (ma prima di ancora, con pragmatismo tutto sabaudo, al presente) Giovanni Cottino pensa di avere ancora molto da fare. «Credo sia mio dovere aiutare in qualche modo le popolazioni colpite dal terremoto nel centro Italia». Per i dettagli è ancora presto, «ma con la Fondazione stiamo lavorando per assicurare il nostro sostegno ad alcuni progetti di ricostruzione».
Per maggiori informazioni www.fondazionecottino.it