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venerdì 11 ottobre 2024
 
 

Giro, dopo l'amore la fatica

12/05/2011  Le tragedia del belga Weylandt è stata assorbita con dignità ignota ad altri sport. E adesso le prime salite sulle strade del Sud.

Il week-end del Giro d’Italia annuncia i primi dei tanti giorni di tanta montagna (sono 39 le ascese “classificate”), a cominciare dal venerdì della tappa Maddaloni-Montevergine, con arrivo in salita a quota 1.260, primo degli otto (!) traguardi in salita della corsa. La maglia rosa sembra molto provvisoria sulle spalle dell’olandese Weenings.

     Il dolore per la morte (fatalità pura) sulla strada del belga Wouter Weylandt, nella terza giornata, lui che alla terza giornata dell’edizione 2010 aveva vinto una tappa, si è evoluto in omaggio davvero sentito al povero ragazzo, ma anche in supplemento d’amore per il ciclismo: nessun altro sport avrebbe così santamente, passateci l’avverbio, e intanto così positivamente metabolizzato la tragedia. Appunto metabolizzata in amore. Le polemiche sulla sicurezza casomai si sono espanse in occasione delle tappa da Piombino a Orvieto, la quinta, ma per via dello sterrato, della polvere.

     La carovana non si è concessa alla preoccupazione, spesso parente stretta del panico, neanche quando dall’Etna, che sarà scalato domenica due volte dai due versanti, con conclusione a quota 1.892, sono arrivate notizie di una eruzione che ha significato tanta cenere, chiusura dell’aeroporto di Catania, allestimento comunque di un percorso alternativo. Non ci dovrebbero essere problemi, in ogni caso il ciclismo, e specie il ciclismo del Giro, se li può permettere perché li può risolvere. 

     Davvero il ciclismo ha rintracciato, e senza bisogno di nessuna acrobazia sentimentale, nel dolore patito e spartito da tutti con dignità, consapevolezza, affetto, senso della tribù, una sua forza che gli deve permettere di andare al di là delle costanti angosce del doping, della facile gaglioffa faraonicità di altri sport insieme più comodi e più ricchi e più protervi, sport che però non hanno osato (pudore? paura?) spedire i loro avvoltoi di servizio a ulteriormente scarnificare il ciclismo stesso.

    Se altri sport si permettono striscioni anche blasfemi quando c’è una vittima, se in tanti stadi le mostruosità della cronaca nera sono usate per paralleli, accostamenti, macabri incitamenti, luride battute, sulle strade del ciclismo per un morto c’è soltanto il pianto, l’amore, e di tutti.  Grande prova di forza morale, per quel che conta questa forza al mondo d’oggi. Grande senso, ripetiamo, della bella tribù. Il tutto in offerta speciale (ma normale per il ciclismo) da parte di gente che ha “capito” anche il dramma, che ha accompagnato la corsa e il suo travaglio con parole, spesso scritte, persino più buone che belle, che ha pianto per la morte di un giovane che andava troppo forte in discesa, che non ha accettato nessuna ipotesi di scandalo, di polemica. 

     Adesso arrivano le salite, il trio Contador-Nibali-Scarponi raccoglie sempre i favori del pronostico, Ci sono pochi spazi di conquista per i velocisti, in questi Giro, e Petacchi se ne è giocato uno a Fiuggi piantandosi sulla strada (nessuna scusa, puro e semplice rallentamento da fatica) mentre stava rimontando uno spagnolo dal nome emblematico,Ventoso. Manca, è vero, per un percorso così  lo scalatore puro, quello che può gestirsi la corsa riservando il colpo decisivo a una, due tappe.

     In parole ancora più semplici, non ci sono campioni grossi, e questo può essere un bene per la dinamica di ogni tappa e della corsa tutta. Fra venerdì e domenica, prima del giorno di riposo con trasferimento in continente, a Termoli, ne sapremo di più.  Ma soprattutto questo giro deve marmorizzare, del ciclismo, l’immortalità, sia pure per una vita adesso meno facile e ricca rispetto allo stravivere di altri sport. Nonostante la mancanza di nomi nostri di richiamo (quello di Basso su tutti), la gente va sulle strade, aspetta, spera, applaude comunque. Non ha paura di sciorinare la sua semplicità.

     Sa piangere, questa gente, dunque sa anche sorridere. E’ una buona gente fortunatamente sempre numerosa: da fare bene sperare per l’Italia, mica soltanto per il Giro d’Italia, per il ciclismo. Per questa buona gente della strada, e pensiamo/speriamo anche per quella della televisione, una chicca di ingenuità romantica e di pulizia amorosa: in diretta a Fiuggi, sul palco del dopogara, il ciclista Valerio Agnoli ha chiesto alla sua bella, vicina a lui, se vuole diventare sua moglie, e per il mondo del ciclismo la richiesta, formulata lì a sorpresa grande di lei, è parsa persino più bella che strana, più giusta che bizzarra.

 
 
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