Gentile professoressa, mia figlia da qualche giorno ha i musi lunghi e si lamenta perché alcuni suoi amici vanno a fare le gite mentre nella sua scuola non sono state previste neanche uscite di un giorno. Io continuo a ripeterle che ci sarà una ragione e che non se la deve prendere. Ammetto però che anch’io sono dispiaciuta che non si sia colta l’opportunità di far vivere questa esperienza a dei ragazzi che da due anni vivono la scuola solo come reclusione e mascherine.
CARLA
— Piano piano e nonostante tutto si sta tornando alla normalità. Prima il ritorno in classe dopo la Dad e ora, finalmente, alcune aule tornano a essere vuote ma per un buon motivo: sono riprese le uscite scolastiche. Sì, i più fortunati riusciranno anche a fare quelle amate uscite che noi insegnanti chiamiamo viaggi di istruzione ma che in realtà per i ragazzi sono gite per ritrovarsi insieme in una dimensione in cui la scuola, quella tradizionale, scompare e ci si ritrova fianco a fianco, studenti e insegnanti, a camminare, ridere e imparare.
Purtroppo non tutti avranno la possibilità di approfittare di questa ripresa ed è il caso di tua figlia, cara Carla, e le ragioni sono di due tipi: burocratiche e di ansia dei docenti. Partiamo dalle prime. Le gite, uscite o come le vogliamo chiamare, vengono deliberate dai Consigli di classe a inizio anno in fase di programmazione e poi, quelle di più giorni, devono essere approvate dal Consiglio di istituto di ogni singola scuola, sempre nel primo trimestre. Molte scuole, vista l’incertezza della situazione e nonostante il termine del 31 marzo 2022, che era la fine immaginata e immaginaria dello stato di emergenza, non se la sono sentite di programmarle o di approvarle.
Qualche ragione, anzi forse più di una, per non rischiare c’era. A livello ministeriale non arrivavano chiare indicazioni su ciò che si potesse o non si potesse fare, se non un generico: le gite si possono fare solo in zona bianca. Ma in un paese che era ancora a macchia di leopardo a molti è sembrato troppo rischioso azzardare previsioni di fronte a una pandemia che ci ha sorpreso più volte con le sue “ondate”. L’ansia dei docenti è la seconda ragione, in parte legata alla prima.
Prendere contatto con musei o strutture che non sempre erano in grado di fornire risposte, l’obbligo di avere il Green pass per accedere a molti luoghi e mezzi, per esempio gli aerei, unito al fatto che lo stesso non fosse un obbligo per gli studenti e che tanto meno se ne potesse, per via della famosa privacy, accertarne il possesso, ha dissuaso molti a mettersi a preparare e organizzare viaggi vista la complessità, con la paura magari di ritrovarsi in un aeroporto e non riuscire poi a partire. Speriamo davvero che questo appartenga al nostro passato e che la gioia che ci dà rivedere per le vie delle nostre città gruppi di studenti alla scoperta di bellezza e di storia sia da incoraggiamento per far ritornare in noi docenti la voglia di condividere con i nostri studenti le emozioni e le scoperte che un momento comunitario come una gita di classe fa vivere.