Città del Vaticano: pellegrini varcano la Porta Santa a San Pietro. Foto Ansa. In alto: papa Francesco apre la Porta Santa di San Pietro martedì 8 dicembre 2015. Foto Reuters.
Una volta si chiamavano
“Porte sante” e bastavano, per contarle, le dita delle mani. Ma
dall’8 dicembre, da quando cioé papa Francesco ha aperto ufficialmente l’Anno santo
straordinario della misericordia non è più così e contarle diventa
un’ardua impresa. Intanto cambia il nome per volere di Bergoglio.
Si chiamano “Porte della misericordia” e girano sui
cardini. Perché a Francesco piace una Chiesa che varca la soglia per
abbracciare la Grazia e poi torna indietro, per uscire e
abbracciare il mondo con misericordia. La contabilità si fa
complessa, perché papa Francesco ha deciso che Porte delle
misericordia si aprano in tutte le diocesi e che siano i vescovi
locali a stabilirne il numero.
Dunque sicuramente una, in realtà
molte di più, avendo Bergoglio scritto nella Bolla di indizione che
gli “ordinario diocesani potranno disporre l’apertura di
ulteriori Porte della misericordia anche presso Santuari di
particolare importanza, specie laddove si riscontri la felice
circostanza per cui molti fedeli che li frequentano possano
incontrare l’abbraccio misericordioso del Padre nella confessione”.
Le diocesi nel mondo sono 2989, ma si ha ragione di credere che
almeno tre Porte della misericordia in media verranno aperte da
ciascun vescovo. Alla fine saranno più di diecimila, compresa
quella che si apre sotto una tenda nel campo profughi dei cristiani
fuggiti davanti all’Isis ad Erbil, capitale del Kurdistan iracheno.
Nel sito vaticano dell’Anno santo (iubilaeummisericordiae.va) c’è
una mappa mondiale interattiva dove si provvede all’aggiornamento
man mano che le diocesi ne comunicano l’ubicazione.
E’ la
geostatistica del primo Giubileo “glocal” della storia,
globale e locale al tempo stesso, rivoluzione pastorale diffusa dell’Anno Santo, contabilità che si
perde tra la foresta amazzonica e l’Islanda, negli arcipelaghi nel
Pacifico, tra Oslo e Città del Capo, Lisbona e Tokyo. Insomma non
c’è bisogno di venire a Roma e anche questa è una rivoluzione.
L'Ostello Caritas per i poveri alla stazione Termini di Roma, dove papa Francesco apre una Porta Santa il 18 dicembre. Foto Ansa.
Ma
non è finita qui perché il Papa ne ha combinata un’altra, al
punto da far diventare il calcolo veramente impossibile. Ha deciso
che ogni Porta di ogni cella in ogni carcere diventi Porta Santa,
Porta della misericordia, e lo sia anche la porta della cappella di
ogni prigione. Il vescovo di Padova, monsignor Claudio Cipolla, è stato
il primo a prendere in parola il Papa disponendo che la cappella del
carcere “Due Palazzi” diventi una delle quattro chiese giubilari
della diocesi. Le porte delle celle basta varcarle “rivolgendo il
pensiero e la preghiera al Padre”. Solo in Italia ci sono 53 mila
889 detenuti. Pur tenendo conto del sovraffollamento delle carceri
si
mettono in fila almeno 12 mila celle e quindi altrettante Porte Sante.
Un calcolo a livello mondiale non si può davvero realizzare.
Ma papa Francesco ha abituato tutti a vederlo sbaragliare ciò che
fin qui era abituale, consueto e anche popolare. Finora la Porta
Santa era quella di San Pietro insieme alla altre delle tre basiliche
romane: San Giovanni in Laterano, San Paolo fuori le Mura e Santa
Maria Maggiore. In assoluto la prima Porta santa della storia è
stata quella della basilica di Collemaggio all’Aquila, dove ogni
anno si tiene uno speciale giubileo, la Perdonanza. Nella storia i
Papi hanno concesso il privilegio dell’apertura di porte sante,
vacando le quali si ottiene l’indulgenza plenaria, anche ad altre
chiese meta tradizionale di pellegrinaggi come la cattedrale di
Santiago di Compostela, la cattedrale di Atri in Lazio e la basilica
di Notre-Dame de Quebec in Canada.
Papa Francesco scompiglia tutto,
aggiungendo senza nulla togliere alla tradizione, e invitando ogni
fedele a interrogarsi sul significato della misericordia e su quello
di “santuario”, come luogo sacro per dimensione pastorale non
necessariamente per la presenza di oggetti di culto. Così diventa
santuario e avrà una Porta Santa anche la chiesa parrocchiale della
Sacra famiglia a Gaza, che a varcarla saranno poco meno di duecento
fedeli cristiani di un popolo asfissiato dal blocco israeliano.
Spiega il parroco di Gaza padre Mario da Silva: «Per noi é
impossibile uscire dalla Striscia e varcare le porte della
misericordia in Terra Santa. E il patriarca di Gerusalemme Fouad Twal
ha aggiunto una porta santa». Le Porte della misericordia in Terra
Santa saranno sette, compresa quella della cattedrale di Amman in
Giordania e della cattedrale di Nicosia a Cipro: Betlemme alla chiesa
di Santa Caterina, alla basilica dell’Annunciazione a Nazareth, in
due chiese di Haifa e alla basilica del Getzemani di Gerusalemme.
Con lo stesso significato di Gaza diventa porta santa quella
dell’Ostello della Caritas di Roma, “santuario” simbolico della
carità della capitale, che il Papa apre il 18 dicembre, perché
dove i poveri sono accolti si incontra Cristo. In Siria, martoriata
dalla guerra, il 13 dicembre viene aperta la prima Porta della
misericordia proprio ad Aleppo, città martire, sotto assedio da
anni. E’ quella della parrocchia di San Francesco nel quartiere di
Aziziyeh, colpita da una granata, che ha sfondato il tetto, ma che
resta l’unica agibile in una città che aveva fino a tre anni fa
trenta chiese. In Cambogia la porta santa verrà aperta nel Centro
pastorale di Phnom Penh, dedicato a Benedetto XVI, che ospita una
mostra sui martiri cambogiani, oltre che al santuario della Madonna
del Mekong. Nulla si sa dell’apertura di una porta santa a
Pechino, anche se il 15 novembre il parroco della chiesa della
Madonna del Carmelo don Zhang ha distribuito 600 copie della bolla di
indizione dell’anno santo firmata dal papa e ha invitato i fedeli a
vivere il Giubileo compiendo gesti di misericordia.
Probabilmente
l’unico Paese al mondo dove non ci sarà ufficialmente aperta una
porta santa sarà la Corea del Nord. Il 24 novembre a Seul il
cardinale Yeom Soo-jung, che è anche amministratore apostolico di
Pyongyang, ha annunciato che ogni giorno durante il Giubileo tutte le
parrocchie della Corea del Sud reciteranno la “Preghiera per la
pace e la riconciliazione” per la comunità dei cattolici del Nord:
«La penisola coreana è una delle regioni del mondo che ha più
bisogno di misericordia». In Corea del Nord oggi si tiene che vi
siano pochissimi cattolici che vivono la loro fede nel nascondimento,
non c’è alcun sacerdote e nell’unica chiesa aperta, controllata
dal regime attraverso l’Associazione dei cattolici del Nord, non si
celebrano Messe.