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lunedì 20 marzo 2023
 
 

Giulia Bongiorno: «Parlate dei vostri problemi»

10/10/2013  L'avvocato: la violenza non è un problema di ordine pubblico, ma di cultura. L'intervista integrale sul numero di Famiglia Cristiana in edicola.

La mente legale di Doppia Difesa è affilata nelle battaglie sociali quanto nei processi che vince (ricordiamo, per tutte, le difese di Giulio Andreotti e di Raffaele Sollecito). L’avvocato Giulia Bongiorno conobbe Michelle Hunziker quando quest’ultima, perseguitata da uno stalker, le si rivolse per avere assistenza legale. Diventarono amiche e nel 2007 fondarono insieme Doppia Difesa, per aiutare le vittime di violenza e stalking, che quasi sempre sono donne. Ora, insieme hanno scritto un libro, Con la scusa dell’amore (Longanesi), nel quale raccontano di sé, ma soprattutto spiegano molto della loro fondazione e delle storie di donne drammatiche, persino tragiche che hanno incrociato.

Avvocato Giulia Bongiorno, perché questo libro?
«Perché una delle armi per combattere la violenza, secondo noi è la comunicazione: il nome Doppia Difesa indica la possibilità di difendersi dalla violenza sia con la difesa legale sia con la comunicazione. Ecco perché c’è un legale accanto a un’artista televisiva. Parlare della violenza consente di combatterla perché noi riteniamo che le sue radici non risiedano nella follia, nei raptus, ma in una discriminazione occulta verso le donne, e in una società come la nostra dove vige ancora una cultura fortemente paternalistica, nel senso negativo del termine. La chiave di lettura del libro è che per noi la violenza non è in primo luogo un problema di ordine pubblico, ma è principalmente un problema culturale che nasce dalla disuguaglianza. Ecco perché, siccome in Italia la disuguaglianza esiste soprattutto nei confronti delle donne, normalmente sono loro oggetto di violenza. Ciò non significa che non abbiamo rispetto di tantissimi uomini, che anzi combattono la violenza. Però, anche tra di loro non tutti sono disponibili, ancora oggi, ad affrontare il tema della disuguaglianza».

All’inizio della sua carriera, pure lei ha affrontato discriminazioni...
«Considerato che vivevo a Palermo e il mio lavoro era da penalista, i clienti erano di tutti i tipi, anche accusati per associazione di stampo mafioso. Lì bisognava farsi vedere veramente forti. Io cercavo, già nel primo incontro, di essere strapreparata, di aggredirli con le nozioni e dimostrare loro che conoscevo ogni parola di ogni verbale. La chiamavo “tecnica del pugno in faccia”: quando vedevano questa ragazzina dietro la scrivania, dovevo colpirli con una serie di prove sulla mia preparazione, prima che potessero rendersi conto che ero donna e piccolina». 

L'intervista integrale a Giulia Bongiorno è nel numero in edicola di Famiglia Cristiana.

 
 
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