La ragazza del lago è Giulia Cecchettin. L’hanno ritrovata in un canalone vicino a Lago Barcis (Pordenone). Ma non è un giallo questa volta. È l’ennesima cruda realtà di un Paese che non impara. Un Paese che cerca, con poca probabilità di successo, la sicurezza inasprendo le pene dei reati da strada, ma che, a dispetto di leggi avanzate, non riesce a trovare la quadratura del cerchio della sicurezza delle donne dentro le relazioni sentimentali e familiari: un terzo degli omicidi volontari in un Paese sulla carta sicuro, con un tasso di omicidi tra i più bassi della media Ocse, ha le donne, in quanto tali, come vittime. Sono nella stragrande maggioranza omicidi che avvengono in contesti relazionali o di famiglia. È una storia che si ripete. Le leggi, civili e penali avanzano, il Codice rosso si affina, ha aperto corsie preferenziali nei tribunali, ma il diritto da solo non ce la fa se la cultura non avanza parimenti.
Hanno ritrovato il corpo di Giulia la mattina del 18 novembre 2023 proprio mentre chiudevamo a Fondazione Cariplo una mattinata trascorsa a dialogare con i massimi esperti di violenza di genere sul tema “Mamme e bambini, la libertà per vincere la violenza". Un convegno organizzato da Fondazione Asilo Mariuccia, omonima della storica istituzione milanese che dal 1902 si occupa di accogliere mamme e bambini vittime di violenza di genere in famiglia. Tra i relatori, oltre a Fabio Roia, presidente del Tribunale di Milano, insignito del premio Asilo Mariuccia 2023, per il suo impegno contro la violenza di genere; Cinzia Calabrese Presidente di AIAF (Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i Minori); Valeria Gerla Consigliera di parità di Regione Lombardia, per fare il punto su norme civile e penali e sulle risorse.
Doveva laurearsi il 16 novembre in ingegneria biomedica, Giulia Cecchettin, aveva 22 anni e un fidanzato, con cui era scomparsa da giorni, finché non è comparso il video di un’aggressione di lui a lei, che aveva fatto temere il peggio che stamattina si è puntualmente verificato.
Il dramma di Giulia non sembra diverso dal modello ricorrente descritto da Fabio Roia, tra i maggiori esperti in Italia di violenza di genere: «Se la violenza fisica è facile da riconoscere, la violenza psicologica spesso non è riconosciuta dalle stesse donne che ne sono vittime. Il lavoro fatto in commissione parlamentare nel 2021 di cui sono stato consulente ha portato a studiare gli atti giudiziari di 211 femminicidi relativi al biennio 2017-18 in Italia: quello che ci dicono è che solo pochissimi femminicidi hanno per autori uomini con problemi psichiatrici, i femminicidi non sono raptus, violenze estemporanee, ma l’esito di un percorso che nasce dalla violenza psicologica di maschi narcisi che scambiano l’amore con il possesso: nascono in relazioni tossiche che cominciano apparentemente come amore, poi si manifestano per quello che sono, che attraversano “lune di miele” in cui c’è un lui che, dopo un gesto violento, porta fiori e cioccolatini e promette di non farlo più, ma che poi arriva all’omicidio quando la donna rompe unilateralmente la relazione e l’uomo non lo accetta, perché non accetta che la donna sia pari a lui, che sia libera quanto lui».
Spesso non accetta che lo sopravanzi negli studi, che abbia un lavoro fuori casa, magari quando mettono su famiglia le lesina i soldi (si chiama violenza economica tra gli addetti ai lavori, ed è un altro modo di “legare”, per negare indipendenza), cerca pretesti che ne ledono l’autostima.
L’ex fidanzato di Giulia ha 22 anni come lei, studiava come lei a Padova ingegneria biomedica, da due giorni era indagato per tentato omicidio dopo che è stato ritrovato un video ripreso sabato notte da telecamere situate nella zona industriale di Fossò, un video nel quale si vede Turetta colpire con le mani Giulia, mentre i due litigano in auto. Poi la ragazza che tenta di scappare, lui la rincorre, la colpisce ancora, fino a farla cadere a terra. Infine Giulia sanguinante, caricata a forza da Turetta, su cui ora pende un mandato di arresto europeo, nella sua Fiat Punto nera.
Il ritrovamento del corpo, dopo le conferme del caso porterà a modificare la contestazione in omicidio volontario. Nemmeno questo profilo è diverso dal consueto: «Il femminicidio, che come nozione giuridica nel codice penale italiano non c’è, attinto dalla Risoluzione del Parlamento europeo 28/11/2019 “uccisione di donna in quanto appartenente al genere femminile”, spiega Roia, «è un reato che riguarda anche i giovani cui probabilmente qualcuno insegna ancora il modello dell’uomo che non deve chiedere mai di una vecchia pubblicità. Il delitto d’onore scomparso dal codice solo nel 1981, la famiglia patriarcale del Codice civile precedente al 1975, non sono ancora evidentemente usciti dalla cultura dominante. Lo vediamo in Rete, sui social le cui parole d’odio sono monitorate da un Osservatorio dell’Università statale: mentre l’odio razziale e l’omofobia sono un dato stabile nel tempo, le affermazioni di violenza contro le donne aumentano soprattutto quando si vedono donne acquisire posizioni di rilievo il commento ricorrente è che abbiano usato il corpo per la carriera. Questo ci dà un’idea di come “pensa” la pancia del Paese», giovani compresi.
Le statistiche dei processi per reati orientati dal genere del tribunale di Milano aggiornate al 30 ottobre 2023 confermano l’impressione: «Gli imputati sono per il 92% autori maschi, al 60% italiani, la fascia d’età più rappresentata (25%) 26-35 anni sia per gli imputati, sia per le persone offese».
Di quei 211 casi di donne uccise analizzate dalle Commissione parlamentare, solo il 15 % aveva denunciato. Tra quelle che lo hanno fatto il 34,5% ha denunciato due o tre volte, il 63% non ne ha parlato con nessuno. Su questo il presidente del Tribunale di Milano non ha mezze misure: «Ogni volta che è accaduto qualcuno ha sbagliato». C’è un tema di cultura che deve migliorare ovunque: negli uffici di Polizia, tra gli operatori, nei Palazzi di giustizia, lo ripetono anche avvocati e assistenti sociali nella mattinata di convegno: «Occorre imparare a distinguere il litigio di una coppia dal comportamento maltrattante e dalla violenza».
«Ma occorre prima di tutto», sottolinea Fabio Roia, «che la cultura della parità di genere cresca nel Paese: c’è di mezzo il futuro, perché un bambino, una bambina che crescono in una relazione tossica, oltre a soffrire traumi immediati, sono alla lunga a rischio di diventare adulti maltrattanti o maltrattati».
Il 18 novembre ci ha restituito il corpo di Giulia, il 17 novembre il pm di Reggio Emilia ha chiesto due ergastoli e tre condanne a 30 anni per i familiari di Saman uccisa a Novellara tra il 30 aprile e il 1° maggio 2021.
Due giorni in cronaca come purtroppo tanti che ci costringono a fare i conti con il fatto che, come ci ricordano parole definitive del presidente Sergio Mattarella, «La condizione delle donne attesta il grado di civiltà di un Paese». Un Paese che con oltre 100 donne uccise nel 2023 ha molto, troppo da imparare.