Dopo il tutto esaurito per cinque sere consecutive al Teatro Gobetti di Torino, prosegue la tournée di L’ultima estate dell’Europa spettacolo sulla prima guerra mondiale, scritto da Giuseppe Cederna, insieme ad Augusto Golin, per la regia di Ruggero Cara, con le musiche eseguite dal vivo da Alberto Capelli e Mauro Manzoni.
Interprete, oltre che autore, è Giuseppe Cederna, attore teatrale e cinematografico, scrittore, alpinista come il padre Antonio. Spiega come ha scelto di raccontare la guerra attraverso la rievocazione dei luoghi in cui i soldati hanno combattuto, il Carso e l’Isonzo, e attraverso le parole di scrittori - Owen, Stuparich, Gadda, Ungaretti, Trilussa, Rumiz - che hanno vissuto o descritto la guerra.
«Mentre leggevo alcuni testi sulla Grande Guerra e lettere di soldati semplici scritte alle famiglie - afferma Cederna - mi ha colpito in particolare il racconto dello storico inglese Mark Thompson in La guerra bianca quando scrive: “Mentre la furia della Sesta battaglia dell’Isonzo si sta placando, sotto al San Michele un soldato cammina fra i massi, si spoglia della sua maglia di lana, infestata di pulci, si toglie le fasce, si slaccia gli scarponi pesanti e il suo corpo, rilassandosi, rievoca le sensazioni provate mettendo i piedi nell’acqua. Trova una matita, strappa un angolo di una scatola di cartucce e ci scarabocchia sopra.”
Il soldato è Giuseppe Ungaretti, un piccolo uomo che scrive poesie, diventate celeberrime. Il gesto descritto indica come la voglia di vivere ritorni in lui, grazie al contatto con la natura, per un gesto semplice, come bagnarsi nell’acqua di un fiume, come se l’acqua diventasse tramite con la vita che vince la morte che lo circonda e lo invita a ricordare, partendo dall’Isonzo gli altri fiumi della sua vita: il Serchio, fiume toscano, poiché è figlio di genitori toscani emigrati in Egitto, e quindi il Nilo, poi la Senna di Parigi, città in cui ha studiato. Anche io ho sentito il legame forte con la natura e con l’immergersi in un fiume quando, emozionandomi molto, durante uno dei miei viaggi, mi sono bagnato nel Gange, così da sentirmi parte di qualcosa di straordinario che si chiama umanità.
Nello spettacolo - prosegue Cederna - ho voluto sottolineare che alcuni soldati morti di cui recito i testi sono riusciti con la forza delle loro parole a descriverci la voglia di vivere nonostante gli eventi tragici affrontati, suscitando in noi oggi una profonda commozione.»
Nello spettacolo, infatti Cederna, con una divisa logora, interpreta un sopravvissuto alla Guerra che, in una scenografia composta di sacchi di sabbia, con pochi oggetti di scena, racconta la guerra attraverso le emozioni e le sofferenze patite dai soldati nelle trincee. Viene stimolato dal regista Ruggero Cara a presentarsi come indifeso, quasi sfigurandosi e cambiando espressione, divenendo partecipe del destino di sofferenza fisica dei soldati, come ha sottolineato un suo caro amico, che ha vissuto in prima persona la sofferenza scappando dall’Etiopia e arrivando in Italia su un barcone a Lampedusa.
Cederna è sempre stato appassionato di montagna, in cui passeggiava fin da piccolo con il nonno e il padre, e, data la sua origine valtellinese, spesso si fermava a Tirano da padre Camillo De Piaz, uno dei Servi di Maria, fratello spirituale di padre Turoldo a raccontargli i sui viaggi e le sue esperienze. Per calarsi maggiormente nella parte, ha anche intrapreso un viaggio a piedi, nei luoghi della Grande Guerra, coinvolgendo alcuni amici, tra cui lo scrittore e giornalista Paolo Rumiz, «abbiamo percorso con una guida slovena e altri amici il Monte Nero, siamo stati sul Carso, a Gorizia, a Caporetto, lungo l’Isonzo, e il finale del mio spettacolo, in cui immagino di essere un uomo che torna sui luoghi della guerra dopo cent’anni è nato lì; infatti ho preso alcuni piccoli pezzi di ferro che, come mi hanno spiegato, sono le briciole delle scarpe ferrate dei soldati morti, e li mostro in scena, concludendo con una frase di Rumiz dedicata ai fanti provenienti da tutte le regioni italiane : “eravate degli spettri, uscivate dalla trincea, pesando 40 kg, ma io vi penso giganti, Ciclopi di una razza estinta.” Io ritengo sia compito anche del teatro raccontare la guerra oggi, poiché ne siamo circondati, così che non sia conosciuta solo attraverso le parole dei giornali.»
Parte rilevante nella riuscita dello spettacolo sono anche le melodie eseguite dal vivo che sottolineano i momenti salienti, come la musica creata per illustrare l’attentato di Sarajevo del 28 giugno 1914, o l’arrangiamento di La passione secondo Matteo di Bach per il testo di Carlo Emilio Gadda che racconta la disfatta di Caporetto, ripensato per chitarra e sassofono.
Dove e quando
L’ULTIMA ESTATE DELL’EUROPA di Giuseppe Cederna e Augusto Golin. Con Giuseppe Cederna. Regia di Ruggero Cara. Musiche originali eseguite dal vivo di Alberto Capelli, alla chitarra e percussioni, e Mauro Manzoni, ai flauti, sassofoni e clarinetto basso. Produzione Eleonora Biscardi per Art Up Art. Il 16 gennaio al Teatro Comunale di Occhiobello (Ro); dal 27 gennaio al 1 febbraio 2015 alla Galleria Toledo di Napoli, info 081425037, galleria.toledo@iol.it. Il 17 febbraio al Teatro Comunale di Boretto (Re), il 27 febbraio al Teatro Fraschini di Pavia, dal 12 al 22 marzo al Teatro Biondo di Palermo, il 24 marzo al Teatro Idea di Sambuca. Info: www.artupart.com.