Giusy Buscemi si è segnato su un foglio le serie Tv e i film da vedere quando è libera dal lavoro. «Con tre figli, è difficile trovare un po’ di tempo libero», dice. Siciliana di Mazara del Vallo (ma cresciuta a Menfi), è stata Miss Italia nel 2012. Prima fiction nel 2014, il 13 maggio 2017 si è sposata a Roma con il regista Jan Michelini, conosciuto sul set di Don Matteo, e poi sono arrivati i figli: Caterina Maria, nel 2018, Pietro Maria, l’anno dopo, e il 31 luglio scorso Elia Maria. Al grande pubblico è arrivata nel 2015 grazie al personaggio di Teresa Iorio, la giovane commessa protagonista de Il paradiso delle signore.
Ogni giovedì, in prima serata su Raiuno, è la protagonista della settimana stagione di Un passo dal cielo. È tutto cambiato: c’è stato l'addio del capo della forestale Francesco Neri, interpretato da Daniele Liotti, uno dei personaggi storici della serie insieme a Terence Hill, protagonista delle prime tre stagioni. Le redini passano ora nelle mani di Manuela Nappi che conduce le indagini insieme a Vincenzo Nappi, suo fratello e vice questore.
Com’è Manuela Nappi in questo ritorno?
«Molto diversa rispetto al passato. Come nella vita le persone cambiano, anche in maniera radicale, questo personaggio è differente rispetto al passato perché gli è successo qualcosa di decisivo. Avevamo lasciato Manuela che tornava a Belluno per studiare e la ritroviamo non più agente ma ispettore di polizia. Nel frattempo ha imparato a utilizzare la prossemica (la disciplina che studia i gesti, il comportamento e, soprattutto, lo spazio e le distanze all’interno della comunicazione tra persone, ndr) che le permette di capire attraverso i movimenti del corpo e la mimica facciale tutto quello che le persone vogliono nascondere».
Molto diversa dal fratello…
«Sì, in questi anni ha imparato che l’empatia, se utilizzata nelle indagini, consente alle persone di aprirsi in maniera più spontanea e naturale. Il fratello Vincenzo, invece, ha un modo molto più tradizionale di condurre gli interrogatori». E il privato di Manuela? «Arriva a San Vito di Cadore con un grande segreto e una questione importante e delicata da risolvere. Per questo all’inizio è molto misteriosa sia con i colleghi che con i familiari».
Insomma, che stagione è per questa fiction?
«La serie si evolve ma la protagonista resta sempre la natura con i paesaggi mozzafiato delle Dolomiti. Con una donna che porta avanti le indagini c’è un punto di vista femminile più forte e marcato e molto diverso rispetto ai protagonisti precedenti».
Che ricordo ha del suo debutto nel 2015?
«Era la terza stagione e c’era ancora Terence Hill. Avevo un’attitudine alla vita molto più superficiale e sbarazzina. Crescendo come persona, con il matrimonio e la nascita dei miei figli, inevitabilmente anche il personaggio di Manuela si è evoluto. Anche se lei non è madre, ora ha un’attitudine più materna anche nel suo lavoro».
Quanto l’ha cambiata la maternità?
«Tantissimo. È uno sguardo diverso sul mondo. Quando diventi madre la tua vita ti appartiene di meno perché un pezzo di te si trasferisce nei figli e quindi aumenta anche il senso di responsabilità».
La Serva di Dio Chiara Corbella Petrillo (1984-2012). Nel 2018 è stato aperto il processo di beatificazione
Sogna ancora una famiglia con otto bambini?
«È una domanda che mi perseguita (ride, ndr). Mi era stata fatta prima di sposarmi con Jan e avere Caterina. Ora vivo alla giornata. C’è tempo per pensarci. Sogno di dare luce anche alla mia vita professionale. Avere tre figli, tutti piccoli, non è semplice. I miei genitori sono distanti, vivono in Sicilia, anche se posso permettermi di avere una baby-sitter che mi aiuta tutti i giorni».
A gennaio si è laureata in Letteratura, musica e spettacolo alla Sapienza di Roma a sei mesi dalla nascita del terzogenito Elia.
«Uno dei miei maggiori difetti è quello di procrastinare e rimandare anche se quando mi fermo a riflettere mi accorgo di aver fatto tante cose. La laurea è arrivata grazie all’insistenza di Verdiana, un’amica con la quale ho vissuto tanti anni insieme a Roma prima di sposarmi. Avere un amico che ti sprona e ti incoraggia per me è stato qualcosa di sacrosanto e prezioso e lei ha insistito tanto perché ha capito che era la cosa giusta da fare. Se fosse solo dipeso da me, non mi sarei mai laureata».
Come ha fatto con tre bimbi?
«Mi sono ritagliato gli spazi per studiare. Il lockdown a cui siamo stati costretti dalla pandemia è stato un’occasione preziosa per poter ascoltare le lezioni registrate dei professori e preparare gli esami. Mi sono laureata in dieci anni, i tempi sono stati lunghissimi però ho chiuso un cerchio, era una cosa che volevo fare per me. E la tesi sull’uso del dialetto nelle serie Tv l’ho dedicata ai miei figli Caterina, Pietro, Elia (e a quelli che verranno), con l’auspicio che “il Desiderio possa essere sempre il motore della vostra Vita”».
Perché i suoi tre figli hanno tutti come secondo nome Maria?
«Io e mio marito abbiamo voluto dare loro una benedizione mariana. Sono molto devota alla Madonna perché è uno straordinario modello femminile, una donna che sa amare, soffrire e perdonare». Ha sempre parlato del forte rapporto che ha con la fede cristiana. In che maniera influenza la sua vita? «Quando si decide di seguire una persona come Gesù Cristo che ha dato la vita per amore significa ribaltare la propria esistenza. La prospettiva di amare e di vivere è completamente diversa».
Molti ragazzi di oggi sono lontani o sembrano indifferenti. Perché?
«C’è il pregiudizio, sottotraccia, che avere fede significa omologarsi a una certa morale, a certe pratiche. Io invece ho scoperto la fede come valorizzazione dell’unicità di ciascuno di noi e di come siamo chiamati a fare il nostro meglio ma con gioia e senza rinunce».
C’è qualche personaggio della fede che le piacerebbe interpretare?
«Sono molto attratta dalla figura di Chiara Corbella Petrillo e dalla sua storia di grande amore e dolore. Essendo madre, ho capito cosa vuol dire dare la vita fino in fondo affidandosi a una promessa di felicità che supera questa vita. Mi piace molto la metafora che usa Chiara quando parla della candela che si scioglie per amore. È la lucida visione di una persona che ama e, amando, dà tutta sé stessa».
L’ha conosciuta personalmente?
«No. Ne ho sentito parlare molto perché è la storia di una santa del nostro tempo. Poi tramite un amico comune, don Fabio Rosini, ho incontrato anche il marito Enrico Petrillo e i genitori Roberto e Maria Anselma. Non so se sarei degna di interpretare Chiara ma mi piacerebbe molto anche se riconosco la difficoltà. Lo farei nella misura in cui è lei che dal cielo mi incoraggerà a provarci».
Con quale regista le piacerebbe lavorare?
«Giuseppe Tornatore perché è siciliano come me e perché, con il suo linguaggio, riesce a incarnare la poesia del cinema».
Giusy Buscemi, 29 anni, nel ruolo dell'ispettore Manuela Nappi con Enrico Ianniello, 52, nei panni del fratello e vicequestore Vincenzo