“Nella pandemia del Covid-19 gli anziani sono in pericolo in molti paesi europei come altrove. Le drammatiche cifre delle morti in istituto fanno rabbrividire”.
Esordisce con queste parole l’appello della Comunità di Sant’Egidio a difesa degli anziani, per persone che hanno più sofferto a causa della pandemia di coronavirus. L?appelo si intitola “Senza anziani non c’è futuro”, è stato tradotto in diverse lingue ed è diffuso da oggi a livello internazionale È rivolto a tutti, cittadini e istituzioni, per un deciso cambiamento di mentalità e una “rivolta morale” che porti a nuove iniziative, sociali e sanitarie, nei confronti delle popolazioni anziane.
La prima firma dell’appello è quella di Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, seguita da quella di Romano Prodi. Tra i primi firmatari ci sono anche il cardinale Matteo Zuppi (arcivescovo di Bologna), Giuseppe De Rita (fondatore del CENSIS), Jürgen Habermas (filosofo), Felipe Gonzales (ex primo ministro spagnolo), Adam Michnik (saggista).
“Molto ci sarà da rivedere”, prosegue l’appello, “nei sistemi della sanità pubblica e nelle buone pratiche necessarie per raggiungere e curare con efficacia tutti, per superare l’istituzionalizzazione. Siamo preoccupati dalle tristi storie delle stragi di anziani in istituto. Sta prendendo piede l’idea che sia possibile sacrificare le loro vite in favore di altre. Papa Francesco ne parla come “cultura dello scarto”: toglie agli anziani il diritto ad essere considerati persone, ma solo un numero e in certi casi nemmeno quello”.
L’appello critica duramente l’idea di una sanità che discrimina e scarta gli anziani: “In numerosi paesi di fronte all’esigenza della cura, sta emergendo un modello pericoloso che privilegia una “sanità selettiva”, che considera residuale la vita degli anziani. La loro maggiore vulnerabilità, l’avanzare degli anni, le possibili altre patologie di cui sono portatori, giustificherebbe una forma di “scelta” in favore dei più giovani e dei più sani.
Rassegnarsi a tale esito è umanamente e giuridicamente inaccettabile. Lo è anche in una visione religiosa della vita, ma pure nella logica dei diritti dell’uomo e nella deontologia medica. Non può essere avallato alcuno “stato di necessità” che legittimi o codifichi deroghe a tali principi. La tesi che una più breve speranza di vita comporti una diminuzione “legale” del suo valore è, da un punto di vista giuridico, una barbarie. Che ciò avvenga mediante un’imposizione (dello Stato o delle autorità sanitarie) esterna alla volontà della persona, rappresenta un’ulteriore intollerabile espropriazione dei diritti dell’individuo”.
Infine viene ribadito l’apporto degli anziani, considerato “fondamentale nella trama sociale della solidarietà tra generazioni. Non si può lasciar morire la generazione che ha lottato contro le dittature, faticato per la ricostruzione dopo la guerra e edificato l’Europa.
Crediamo che sia necessario ribadire con forza i principi della parità di trattamento e del diritto universale alle cure, conquistati nel corso dei secoli. È ora di dedicare tutte le necessarie risorse alla salvaguardia del più gran numero di vite e umanizzare l’accesso alle cure per tutti. Il valore della vita rimanga uguale per tutti. Chi deprezza quella fragile e debole dei più anziani, si prepara a svalutarle tutte.
Con questo appello esprimiamo il dolore e la preoccupazione per le troppe morti di anziani di questi mesi e auspichiamo una rivolta morale perché si cambi direzione nella cura degli anziani, perché soprattutto i più vulnerabili non siano mai considerati un peso o, peggio, inutili”.