Contribuisci a mantenere questo sito gratuito

Riusciamo a fornire informazione gratuita grazie alla pubblicità erogata dai nostri partner.
Accettando i consensi richiesti permetti ad i nostri partner di creare un'esperienza personalizzata ed offrirti un miglior servizio.
Avrai comunque la possibilità di revocare il consenso in qualunque momento.

Selezionando 'Accetta tutto', vedrai più spesso annunci su argomenti che ti interessano.
Selezionando 'Accetta solo cookie necessari', vedrai annunci generici non necessariamente attinenti ai tuoi interessi.

logo san paolo
sabato 21 settembre 2024
 
GLI AUGURI DEL PAPA
 

«Basta conflitti, creano sempre contrasti ed antagonismi»

21/12/2020  Il tradizionale incontro prenatalizio con la Curia: «Si deve smettere di pensare alla riforma della Chiesa come a un rattoppo di un vestito vecchio o alla semplice stesura di una nuova Costituzione apostolica». E ai dipendenti, ricevuti subito dopo, assicura: «In Vaticano non c’è Mandrake ma nessuno, nonostante i risparmi imposti dalla pandemia, perderà il lavoro»

Roma, 21 dicembre 2020: il Papa incontra la Curia romana. Foto agenzia Ansa/Osservatore Romano
Roma, 21 dicembre 2020: il Papa incontra la Curia romana. Foto agenzia Ansa/Osservatore Romano

Smettere di vivere in conflitto ma avere il coraggio di rimanere in crisi, «tempo di grazia donatoci per capire la volontà di Dio su ciascuno di noi e per la Chiesa tutta»: sono le indicazioni che il Papa ha consegnato alla Curia romana, nel corso della tradizionale udienza per gli auguri di Natale, in un discorso nel quale, a conclusione di un anno in cui nello Stato pontificio non sono mancati problemi, la parola crisi è ricorsa 40 volte. «Si deve smettere di pensare alla riforma della Chiesa come a un rattoppo di un vestito vecchio, o alla semplice stesura di una nuova Costituzione Apostolica», ha detto Francesco. E ai dipendenti vaticani, ricevuti subito dopo, il Papa ha assicurato che nessuno, nonostante i risparmi imposti dalla pandemia, perderà il lavoro.

«Questo Natale è il Natale della pandemia, della crisi sanitaria, economica sociale e persino ecclesiale che ha colpito ciecamente il mondo intero. La crisi ha smesso di essere un luogo comune dei discorsi e dell’establishment intellettuale per diventare una realtà condivisa da tutti. Questo flagello è stato un banco di prova non indifferente e, nello stesso tempo, una grande occasione per convertirci e recuperare autenticità», ha detto Jorge Mario Bergoglio ai collaboratori ricevuti nella prima Loggia del Palazzo apostolico, anziché nella Sala Clementina utilizzata gli anni scorsi, per permettere ai convenuti di sedersi a debita distanza e rispettare così le prescrizioni sanitarie per evitare la circolazione del coronavirus.

Il Papa ha esortato i cardinali, i monsignori e i laici della Curia romana a «non confondere la crisi con il conflitto. La crisi generalmente ha un esito positivo, mentre il conflitto crea sempre un contrasto, una competizione, un antagonismo apparentemente senza soluzione fra soggetti divisi in amici da amare e nemici da combattere, con la conseguente vittoria di una delle parti. La logica del conflitto cerca sempre i “colpevoli” da stigmatizzare e disprezzare e i “giusti” da giustificare per introdurre la consapevolezza – molte volte magica – che questa o quella situazione non ci appartiene». Secondo il Pontefice argentino, «la Chiesa, letta con le categorie di conflitto – destra e sinistra, progressisti e tradizionalisti – frammenta, polarizza, perverte e tradisce la sua vera natura: essa è un Corpo perennemente in crisi proprio perché è vivo, ma non deve mai diventare un corpo in conflitto, con vincitori e vinti. Infatti, in questo modo diffonderà timore, diventerà più rigida, meno sinodale, e imporrà una logica uniforme e uniformante, così lontana dalla ricchezza e pluralità che lo Spirito ha donato alla sua Chiesa».

Il Papa si è soffermato in particolare sul potenziale conflitto tra la tradizione e l’aggiornamento, un tema molto presente nel suo pontificato: «La novità introdotta dalla crisi voluta dallo Spirito non è mai una novità in contrapposizione al vecchio, bensì una novità che germoglia dal vecchio e lo rende sempre fecondo», ha detto Bergoglio. «Tutte le resistenze che facciamo all’entrare in crisi lasciandoci condurre dallo Spirito nel tempo della prova ci condannano a rimanere soli e sterili» e «se un certo realismo ci mostra la nostra storia recente solo come la somma di tentativi non sempre riusciti, di scandali, di cadute, di peccati, di contraddizioni, di cortocircuiti nella testimonianza, non dobbiamo spaventarci, e neppure dobbiamo negare l’evidenza di tutto quello che in noi e nelle nostre comunità è intaccato dalla morte e ha bisogno di conversione. Tutto ciò che di male, di contraddittorio, di debole e di fragile si manifesta apertamente ci ricorda con ancora maggior forza la necessità di morire a un modo di essere, di ragionare e di agire che non rispecchia il Vangelo». Ma se «sotto ogni crisi c’è sempre una giusta esigenza di aggiornamento», per il Papa «se vogliamo davvero un aggiornamento, dobbiamo avere il coraggio di una disponibilità a tutto tondo; si deve smettere di pensare alla riforma della Chiesa come a un rattoppo di un vestito vecchio, o alla semplice stesura di una nuova Costituzione Apostolica. Non si tratta di “rattoppare un abito”, perché la Chiesa non è un semplice “vestito” di Cristo, bensì è il suo corpo che abbraccia tutta la storia».

 

 

Roma, 21 dicembre 2020: il Papa incontra i dipendenti del Vaticano. Foto agenzia Ansa/Osservatore Romano
Roma, 21 dicembre 2020: il Papa incontra i dipendenti del Vaticano. Foto agenzia Ansa/Osservatore Romano

La Chiesa «è sempre un vaso di creta, prezioso per ciò che contiene e non per ciò che a volte mostra di sé. Questo è un tempo in cui sembra evidente che la creta di cui siamo impastati è scheggiata, incrinata, spaccata. Dobbiamo sforzarci affinché la nostra fragilità non diventi ostacolo all’annuncio del Vangelo, ma luogo in cui si manifesta il grande amore con il quale Dio, ricco di misericordia, ci ha amati e ci ama». Ma «senza la grazia dello Spirito Santo – ha affermato il Pontefice – si può persino cominciare a pensare la Chiesa in una forma sinodale che però, invece di rifarsi alla comunione, arriva a concepirsi come una qualunque assemblea democratica fatta di maggioranze e minoranze. Solo la presenza dello Spirito Santo fa la differenza». Per Francesco, invece, il «tesoro» della «Tradizione», come ricordava Benedetto XVI, «“è il fiume vivo che ci collega alle origini, il fiume vivo nel quale sempre le origini sono presenti. Il grande fiume che ci conduce al porto dell’eternità”. Le “cose antiche” sono costituite dalla verità e dalla grazia che già possediamo. Le cose nuove sono i vari aspetti della verità che via via comprendiamo. Nessuna modalità storica di vivere il Vangelo esaurisce la sua comprensione. Se ci lasciamo guidare dallo Spirito Santo, ogni giorno ci avvicineremo sempre di più a “tutta la verità”».

La riflessione sulla crisi «ci mette in guardia dal giudicare frettolosamente la Chiesa in base alle crisi causate dagli scandali di ieri e di oggi», ha detto ancora il Papa, e quante volte «le nostre analisi ecclesiali sembrano racconti senza speranza». Ma «qui nella Curia sono molti coloro che danno testimonianza con il lavoro umile, discreto, senza pettegolezzi, silenzioso, leale, professionale, onesto. Sono tanti tra voi, grazie. Anche il nostro tempo ha i suoi problemi, ma ha anche la testimonianza viva del fatto che il Signore non ha abbandonato il suo popolo, con l’unica differenza che i problemi vanno a finire subito sui giornali – questo è di tutti i giorni – invece i segni di speranza fanno notizia solo dopo molto tempo, e non sempre. Chi non guarda la crisi alla luce del Vangelo, si limita a fare l’autopsia di un cadavere: guarda la crisi, ma senza la speranza del Vangelo, senza la luce del Vangelo. Siamo spaventati dalla crisi non solo perché abbiamo dimenticato di valutarla come il Vangelo ci invita a farlo, ma perché abbiamo scordato che il Vangelo è il primo a metterci in crisi».

E dunque durante la crisi bisogna «innanzitutto, accettarla come un tempo di grazia donatoci per capire la volontà di Dio su ciascuno di noi e per la Chiesa tutta», per il Papa: «Non conosciamo alcun’altra soluzione ai problemi che stiamo vivendo, se non quella di pregare di più e, nello stesso tempo, fare tutto quanto ci è possibile con più fiducia». Per questo, ha proseguito Francesco, «sarebbe bello se smettessimo di vivere in conflitto e tornassimo invece a sentirci in cammino. Il cammino ha sempre a che fare con i verbi di movimento. La crisi è movimento, fa parte del cammino. Il conflitto, invece, è un finto cammino, è un girovagare senza scopo e finalità, è rimanere nel labirinto, è solo spreco di energie e occasione di male. E il primo male a cui ci porta il conflitto, e da cui dobbiamo cercare di stare lontani, è proprio il chiacchiericcio, il pettegolezzo, che ci chiude nella più triste, sgradevole e asfissiante autoreferenzialità, e trasforma ogni crisi in conflitto», ha detto il Papa, che ha chiesto «espressamente» ai suoi collaboratori «il regalo di Natale» della «collaborazione generosa e appassionata nell’annuncio della Buona Novella soprattutto ai poveri», ha detto Francesco, che ha concluso così: «Grazie per il vostro lavoro, grazie tante; e per favore, pregate sempre per me perché io abbia il coraggio di rimanere in crisi. Buon Natale!».

Francesco, che ha regalato ai suoi collaboratori due libri – «Olotropia: i verbi della familiarità cristiana» del biblista Gabriele Maria Corini, «discepolo del Cardinale Martini», e la vita di Charles de Foucauld, «un Maestro della crisi» - ha poi incontrato, nell’aula Paolo VI, i dipendenti vaticani accompagnati, come ogni anno, dai loro familiari. Il tema, anche in questo caso, è stato la crisi, ma in una lettura più concreta: «La pandemia ha determinato non solo una criticità sanitaria ma anche non poche difficoltà economiche a tante famiglie e istituzioni», ha ammesso il Pontefice argentino. «Anche la Santa Sede ne ha risentito e sta facendo ogni sforzo per affrontare nel migliore dei modi questa situazione precaria. Si tratta di ottemperare le legittime esigenze di voi dipendenti e quelle della Santa Sede: dobbiamo venirci incontro reciprocamente e andare avanti nel nostro lavoro comune, ma sempre. I nostri collaboratori, voi che lavorate nella Santa Sede, siete la cosa più importante: nessuno va lasciato fuori – ha rimarcato il Papa – nessuno deve lasciare il lavoro; i superiori del Governatorato e anche della Segreteria di Stato, tutti, stanno cercando i modi per non diminuire le vostre entrate e di non diminuire niente, niente in questo momento tanto brutto per il frutto del vostro lavoro. Si cercano tanto modi, ma i principi sono gli stessi: non lasciare il lavoro; nessuno va licenziato, nessuno deve soffrire l’effetto brutto economico di questa pandemia. Ma tutti insieme dobbiamo lavorare di più per aiutarci a risolvere questo problema che non è facile, perché voi sapete: qui, sia nel Governatorato, sia nella Segreteria di Stato, non c’è Mandrake – ha detto il Papa – non c’è la bacchetta magica e dobbiamo cercare le vie per risolvere questo e con buona volontà, tutti insieme, lo risolveremo. Aiutatemi in questo e io aiuto voi: tutti insieme ci aiutiamo ad andare avanti come una stessa famiglia. Grazie». Pur mantenendo le distanze durante l’incontro, il Papa, alla fine del discorso, ha voluto prendere in braccio un bambino: il Natale di Gesù di Nazaret, aveva detto aprendo il discorso alla Curia romana con una citazione della filosofa Hannah Arendt, «è il mistero di una nascita che ci ricorda che “gli uomini, anche se devono morire, non sono nati per morire, ma per rincominciare”».

 
 
Pubblicità
Edicola San Paolo