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mercoledì 30 aprile 2025
 
polemiche
 

Gli italiani che emigrano? Meglio perderli che trovarli. Parola di Poletti

19/12/2016  Un ministro del Lavoro non dovrebbe essere contento che i suoi concittadini non riescano a trovare lavoro. E invece...Il ministro si è poi scusato, ma l'amarezza per quelle parole rimane.

Conosco il ministro Giuliano Poletti per averlo intervistato più volte e stento a riconoscere l’uomo pacato, intelligente, misurato e bonario che ho avuto davanti. Evidentemente il clima post referendario deve aver lasciato qualche traccia di inquietudine, se una personalità stimata come lui se ne esce con battute come quelle dette in un incontro a Fano con i giornalisti.

Se 100mila giovani se ne sono andati dall'Italia, ha commentato Poletti, "non è che qui sono rimasti 60 milioni di 'pistola'". E fin qui possiamo anche concederglielo anche se poteva usare un linguaggio più consono a un ministro della Repubblica. Tra i suoi compagni di partito (vedi Giachetti all’Assemblea nazionale del Pd) c’è chi fa e soprattutto dice di molto peggio. Il ministro del Lavoro stava difendendo  il Jobs Act del governo aprendo alla possibilità di rivedere le norme sui voucher (aumentati in modo quasi esponenziale negli ultimi mesi secondo i dati Inps).

Ma è sulla fuga dei cervelli che Poletti si è lasciato andare un po' troppo. "Intanto - ha sostenuto - bisogna correggere un'opinione secondo cui quelli che se ne vanno sono sempre i migliori.Conosco gente che è andata via e che è bene che stia dove è andata, perché sicuramente questo Paese non soffrirà a non averli più fra i piedi".

 

Un ministro della Repubblica, a maggior ragione un ministro del Lavoro, non dovrebbe mai essere contento di veder andar via dei cittadini italiani, soprattutto se si tratta di emigranti in cerca di un posto di lavoro che non trovano in Italia. A meno di non dover riesumare il passaporto rosso con cui gli italiani degli inizi del secolo scorso venivano invitati ad andarsene. Per non parlare della battuta che finisce per inficiare l’immagine di quei centomila lavoratori, desiderosi di un futuro migliore e di poter mettere in pratica i loro studi e la loro competenza, quasi fossero invece sfaccendati, balordi o malavitosi. Il ministro si è poi scusato. Ma l'amarezza rimane.

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