Il mondo non è la foresta di Sherwood. Né Jorge Mario Bergoglio tira con l’arco per risolvere i problemi. Anche se i poveri e gli oppressi stanno a cuore a lui come e più che a Robin Hood. Non è strano che la gente identifichi il Papa come amico degli ultimi. Sente in lui chi afferma i diritti, difendei più deboli, proclama la giustizia.
Padre Maurizio Patriciello.
Accadde un anno fa, lo sappiamo. Il Signore ha visitato il suo popolo. Volle chiamarsi Francesco. «Buonasera», ci disse, e noi capimmo che una nuova era stava per iniziare. Francesco ci abituò fin da subito alle sorprese. Sulle sue labbra le verità, da sempre credute e praticate,cominciarono a rifiorire. Alle parole ha unito una gestualità che è stata apprezzata dagli uomini del nostro tempo.Se alcuni simboli, pur preziosi, si fanno pesantemente afoni per la mentalità corrente, non c’è problema a metterli in soffitta.
Tutto serve, ma niente è indispensabile. È Cristo che deve essere predicato. Il Vangelo cammina con l’uomo di ogni tempo e chi lo annuncia deve tenerne conto. In questo anno, Francesco non si è inventato niente, non ha cambiato niente del prezioso deposito che è chiamato a custodire.
SE DOVESSE PARAGONARE PAPA FRANCESCO A UN PERSONAGGIO DELLA LETTERATURA O DEL CINEMA CHI SCEGLIEREBBE?
Padre Maurizio Patriciello.
Al contrario, l’ha solo ripulito,fatto luccicare. E lo ha donato al mondo come gli dettava il cuore. Ci ha fatto sentire contemporanei di Gesù,amici degli apostoli. Non ha mai inteso difendere la “casta”, proprio con noi preti è stato più esigente.
«Andate nelle periferie», ci ha detto. Cioè fatevi prossimo, non abbiate paura di sporcarvi le mani, piangete con chi piange, imparate a ridere e gioire. Un giorno aggiunse: «Chi sono io per giudicare?». Come a dire che la dottrina è per l’uomo. Per aiutarlo, incoraggiarlo,promuoverlo, salvarlo. E la Chiesa, corpo di Cristo, deve essere sacramento del suo immenso amore.