Dall’alto di Monte Berico, che
domina tutta Vicenza, la vista
spazia lontano, fino
all’Altopiano di Asiago, al Pasubio
e al Monte Grappa. Da
quassù, dove sorge uno dei
santuari mariani più celebri
d’Italia, si snoderà nel pomeriggio
del 31 dicembre la Marcia nazionale
per la pace, proposta dai vescovi
italiani, da Pax Christi, Caritas italiana
e Azione cattolica.
«Non è un caso se partiremo proprio
da qui», spiega monsignor Beniamino
Pizziol, vescovo di Vicenza: «Quelle
montagne ci ricordano i luoghi dove
s’è combattuto per anni durante il
Primo conflitto mondiale, di cui ricorre
proprio ora il centenario, una guerra
che ha drammaticamente segnato
la vita delle nostre popolazioni.
Il secondo
motivo per il quale il capoluogo
berico ospita quest’anno la Marcia è la
recente vicenda dei due sacerdoti diocesani,
don Giampaolo Marta e don
Gianantonio Allegri, missionari “fidei donum” rapiti nell’aprile scorso in Camerun
e poi liberati».
«Ma non possiamo dimenticare
poi», continua il vescovo, «i conflitti
che stanno insanguinando tanti Paesi
del nostro pianeta, Iraq, Siria, Libia,
Ucraina, oltre a quelli in cui le cronache
riferiscono notizie scarne e ripetitive
con la loro tragica sequenza di stragi,
massacri, attentati, esodi e atti terroristici,
dall’Afghanistan al Pakistan. Di fronte
a ciò non possiamo rassegnarci alla fatalità
e alla inesorabilità della violenza e
della guerra. Dobbiamo convincerci che
la pace è l’unica via possibile per la soluzione
di tutti i nostri problemi personali,
sociali, politici ed economici».
La Marcia, infatti, dopo la tappa iniziale
al santuario di Maria, che ricorda i
conflitti passati, scenderà in città e si
fermerà a Campo Marzo, nei pressi della
stazione ferroviaria, che è da tempo
luogo di conflittualità attuale e di emarginazione.
Quindi proseguirà per la
chiesa di San Lorenzo dove è prevista la
testimonianza dei due missionari rapiti in Africa, a nome di tutti i perseguitati
per motivi religiosi.
Interverranno
anche i rappresentanti del movimento
vicentino Cristiani per la pace. La
quarta e ultima tappa sarà nel cortile
del seminario diocesano, dove la Marcia
accoglierà i 400 giovani che hanno
aderito all’iniziativa “Quelli dell’ultimo”,
e che avranno trascorso il pomeriggio
accanto agli emarginati della città
(gli ospiti delle case di riposo, delle comunità
per persone con disagio mentale
e disabilità, i senza fissa dimora).
Le parole di monsignor Pizziol e il
programma della Marcia fanno eco perfetta
al messaggio che papa Francesco
lancerà il primo gennaio, Giornata della
Pace, intitolato Non più schiavi, ma
fratelli. Un appello per sconfiggere la
«globalizzazione dell’indifferenza, che
ci fa lentamente abituare alla sofferenza
dell’altro» e trasformarci, invece, in
«artefici di una globalizzazione della
solidarietà e della fraternità» che denunci
e vinca lo «sfruttamento dell’uomo
da parte dell’uomo».
Vicenza, tuttavia, oltre a essere città d’arte e civiltà, luogo natale del Palladio
e tra le dieci più estese diocesi italiane,
è anche la città più militarizzata del Paese.
«Proprio da Monte Berico è ben visibile
la grande area della nuova base militare
americana», ricorda don Maurizio
Mazzetto, responsabile di Pax Christi vicentina.
«È per questo che da anni si attendeva
qui l’arrivo della Marcia»
La presenza di soldati americani alla
Base Dal Molin risale a decenni addietro.
Dopo la decisione del suo ampliamento
agli inizi degli anni Duemila,
sorse il movimento pacifista “No Dal
Molin”, che contava tra i suoi aderenti
anche movimenti e sigle cattoliche.
Dal 2006 sono seguiti sette anni di
cortei, fiaccolate, presidi permanenti,
un referendum consultivo senza valore,
ma che vide 25 mila vicentini dire,
per la quasi totalità, «no» alla nuova caserma
Usa. Apice del movimento fu la
grande manifestazione che, agli inizi
del 2007, portò per le strade del centro
oltre centomila manifestanti provenienti
da ogni parte d’Italia.
La base, oggi rinominata “Del Din”,
strategica per le operazioni Usa in Africa
e Medioriente, alla fine si fece.
L’inaugurazione è dell’anno scorso. Così
da 2.800 uomini, oggi la presenza
americana ne conta circa cinquemila.
«Quel che resta di tutto ciò è una tradizione
pacifista solida, e una memoria
sia civile che religiosa diventata patrimonio
della città», afferma don Mazzetto.
«Forse con un po’ più di coraggio si
sarebbe potuto passare con la Marcia
anche davanti alla caserma, perché se
abbiamo bisogno di qualcosa, oggi, è di
una base militare in meno, piuttosto
che di una in più. Ma un piccolo gesto
un gruppo di aderenti all’associazione
Papa Giovanni XXIII per i Cristiani per
la pace lo faranno comunque». Andranno,
come fanno da sette anni a questa
parte ogni terzo mercoledì del mese, a
recitare il rosario presso un capitello
nelle vicinanze della base. «Non è un gesto
“contro” qualcuno, ma “per” tutti.
Pregheremo, perciò, anche per i soldati
della base», spiega Paolo Fin, dell’associazione
fondata da don Benzi.
Precederà la Marcia, con inizio dal
30 dicembre, il convegno nazionale di
Pax Christi “Dalla prima alla terza guerra
mondiale: le lezioni della storia, le ragioni
della pace, il soffio della profezia”,
che si svolgerà a Costabissara (Vicenza).