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venerdì 04 ottobre 2024
 
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Ciao Maciej, il Papa ricorda il volontario grafico ucciso dal cancro

27/07/2016  «La vita è così cari giovani, ma c'è una cosa di cui non possiamo dubitare: che questo ragazzo, che ha lavorato tanto per la Gmg, adesso è in cielo, con Gesù, dove lo incontreremo un giorno». Lo ha detto Francesco affacciandosi alla finestra da dove Giovanni Paolo II era solito salutare i giovani. Prima aveva dialogato con i circa 90 mila italiani.

Cracovia, Polonia
Dalla nostra inviata

«Aveva poco più di 22 anni aveva studiato disegno grafico e aveva lasciato il suo lavoro per essere volontario della Gmg. Infatti sono suoi tutti i disegni delle bandiere, le immagini dei santi patroni, i kit del pellegrino che adornano la città».  Papa Francesco si affaccia dalla finestra dell'episcopio di Cracovia e annuncia ai ragazzi che lo aspettano nel piazzale la morte per cancro di uno dei ragazzi, Maciej Ciesla, il grafico della Gmg. Francesco spiega che «proprio in questo lavoro aveva ritrovato la sua fede. A novembre gli fu diagnosticato un cancro, i medici non hanno potuto fare niente neppure con l'amputazione della gamba. Lui voleva arrivare vivo alla vista del Papa aveva un posto prenotato nel tram in cui viaggerà il Papa ma è morto il 2 luglio. La gente è molto toccata, ha fatto un grande bene a tutti lui. Era un compagno di strada che ha lavorato tanto». Francesco aggiunge: «Qualcuno di voi può pensare "questo Papa ci rovina la serata" ma è la verità e noi dobbiamo abituarci alle cose buone e alla cose brutte. La vita è così cari giovani ma c'è una cosa di cui non possiamo dubitare: che questo ragazzo, che ha lavorato tanto per la Gmg, adesso è in cielo, con Gesù. Lì lo incontreremo un giorno».

Affacciato dallo stesso balconcino dal quale si affacciava Giovanni Paolo II, Francesco ha poi augurato la notte ai circa 500 mila giovani presenti alla Gmg invitandoli a fare chiasso tutta la notte perché «questo è il dovere dei giovani». 

Prima, però, aveva dialogato con i tantissimi italiani dei 90mila presenti che hanno partecipato alla Festa organizzata dalla Conferenza episcopale italiana rispondendo alle loro domande. Dall'incidente di Trani al perché dell'odio e del terrorismo, alla discriminazione. Tre domande che i giovani gli hanno sottoposto e al quale il Pontefice ha risposto senza sottrarsi. «Quello che ti è successo è una ferita», ha detto rivolgendosi a una ragazza che solo per caso non era sul treno tra Andria e Bari e che però nell'incidente ha perso dei suoi amici, «e alcuni sono stati feriti nell'incidente nel corpo e tu sei stata ferita nell'anima e nel cuore e la ferita si chiama paura. E quando tu senti questo, senti la ferita di uno choc, tu hai subito uno choc, uno choc che non ti lascia star bene, ti fa male, ma questo choc ti dà anche l'opportunità di superare te stessa, di andare oltre».

Quando siamo feriti, ha continuato papa Francesco «rimangono i lividi o le cicatrici, la vita è piena di cicatrici. E questo sempre il ricordo di Luciano, di questo o quell'altro che non c'è più perché è mancato nell'incidente e tu dovrai ogni giorno che prendi il treno sentire la traccia di questa ferita, la cicatrice di quello che ti fa soffrire. Tu sei giovane, la vita è piena di questo, la saggezza umana, cioè l'imparare a essere un uomo saggio o una donna saggia, è proprio questo: portare avanti le cose belle e le cose brutte della vita. Sono cose che non possono andare avanti e sono cose bellissime ma anche succede il contrario, quanti giovani come voi non sono capaci di portare avanti la propria vita con la gioia delle cose belle e preferiscono lasciarsi andare, cadere sotto il dominio della droga, lasciarsi vincere dalla vita. Infine la partita è così: o tu vinci o ti vinci, vinci tu la vita: è meglio, farlo con coraggio anche con dolore e, quando c'è la gioia, con gioia, che ti porta avanti e ti salva di una malattia brutta, di diventare nevrotica, per favore no quello no».

E ad Andrea, ragazza rumena arrivata in Italia a 10 anni e subito derisa e presa in giro dai compagni - «hanno subito iniziato a riempirmi di insulti… insulti che mi perseguitavano anche attraverso internet e che sono arrivati a farmi credere che non valevo niente, che ero sbagliata e che nessuno mi avrebbe rimpianto se mi fossi uccisa» - il Papa risponde che non conosceva, quando veniva in Italia le prime volte, «la parola extracomunitario. C'è una crudeltà, è quello che fa che tu che sei di un altro paese, diventi un extracomunitario, ti portano via dalla comunità, è una cosa contro cui dobbiamo lottare tanto. Tu sei stata molto coraggiosa. Ma è difficile lottare contro questo terrorismo della lingua, delle chiacchiere, degli insulti, di cacciare via la gente, con insulti o cose che fanno male al cuore». E rispondendo alla sua domanda se si può perdonare totalmente, il Papa ha ricordato che «è una grazia che dobbiamo chiedere al Signore. Noi da noi stessi non possiamo. Facciamo lo sforzo, tu lo hai fatto ma è una grazia che ci dà il Signore». «Tu hai scelto la strada giusta, il silenzio, la pazienza, e hai finito con quella parola tanto bella, il "perdono". Bisogna rispondere con la mitezza a questo terrorismo della lingua. Stare zitto, trattare bene gli altri, non rispondere con un'altra cosa brutta, ma fare come Gesù, che era mite di cuore, e noi viviamo in un mondo dove a un insulto rispondi con un altro, ci insultiamo uno con l'altro e ci manca la mitezza. Chiedere la grazia della mitezza di cuore e quella è anche una strada che apre la strada al perdono».

E infine alla domanda di un ragazzo che si trovava a Monaco al momento della strage ed è tornato indietro con il suo gruppo, ma invece ha poi deciso di partecipare lo stesso alla Gmg Francesco risponde riprendendo due sue parole: pace e odio. «La pace costruisce ponti, l'odio è il costruttore di muri. Tu devi scegliere nella vita, o faccio ponti o faccio muri, per dividere, e l'odio cresce. I ponti uniscono e quando c'è un ponte l'odio può andare via perché io posso sentire l'altro».

Ogni giorno, ha ricordato il Papa ai ragazzi, «noi abbiamo nelle nostre possibilità di tutti i giorni la capacità di fare un ponte umano. Quando tu stringi la mano a un amico a una persona tu fai, un ponte umano. Invece quando tu colpisci un altro insulti un altro costruisci un muro. L'odio cresce sempre con i muri, delle volte succede che tu vuoi fare il ponte e ti lasciano con la mano tesa, dall'altra parte non te la prendono. Ma queste sono le umiliazioni che nella vita dobbiamo subire per fare qualcosa di buono, ma sempre fare ponti. Tu sei venuto qui, sei stato fermato e tornato a casa poi hai fatto una scommessa per il ponte e per tornare, questo è l'atteggiamento. Sempre c'è una difficoltà che mi impedisce? Torno indietro e vado avanti. Non lasciarsi cadere per terra, non andare così, no sempre cercare il modo di fare ponti». E, continuando a parlare in videoconferenza con i ragazzi che partecipavano alla Festa organizzata dalla Cei, il Papa ha concluso facendoli prender per mano: «Ma voi state lì, fate ponti tutti, prendete le mani, voglio vedere tanti ponti umani: ecco, questo è il programma di vita».

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